Final Destination 3, la recensione

In prossimità del conferimento del diploma, gli studenti della McKinney Hight School, si recano al luna park per festeggiare l’avvenimento. L’attrazione principale è rappresentata dal “Devil’s Flight”, un monumentale complesso di montagne russe. Mentre un gruppo di ragazzi stanno per prender posto nei carrelli del volo del diavolo, Wendy ha una premonizione in cui assiste alla loro morte a causa di un malfunzionamento delle rotaie. La ragazza si appresta a scendere dal carrello e ammonisce anche gli altri passeggeri: alcuni di loro la seguono, altri credono che voglia semplicemente attirare l’attenzione su di sé. Ma puntualmente la disgrazia avviene e i ragazzi scampati alla morte, uno alla volta, moriranno di atroci “incidenti”.
Correva l’anno 2000 e i passeggeri del volo 180 diretto a Parigi, scampati al tragico incidente annunciato da uno di loro, a distanza di pochi giorni trovarono la morte, o meglio, la Morte trovò loro. Anno 2003: la storia si ripete e i superstiti all’incidente stradale della Statale 23, in prossimità dell’uscita 180, rimangono uccisi da strane e mortali coincidenze.
A tre anni dall’ultimo appuntamento con la Morte, i creatori del primo film ci riprovano e mettono in atto la medesima struttura narrativa dei precedenti episodi, con la variante dell’incidente iniziale, che stavolta si svolge in un luna park e sulla tecnica che usano i protagonisti per prevenire le morti. Naturalmente, come nei due precedenti Final Destination, bisogna saper cogliere i segni per scampare alla Morte, ma questa volta saranno delle semplici fotografie a suggerire ai protagonisti l’orrenda fine che toccherà ai superstiti.
Lo spettacolare incidente iniziale purtroppo non regge il confronto (per spettacolarità ed efferatezza) con quello messo in scena nel secondo magnifico film della saga, ma si difende comunque bene, soprattutto grazie all’originalità della situazione.
Final Destination 3 è una semplice operazione commerciale scaturita dagli ottimi risultati dei capitoli precedenti, dunque i creatori del film, consapevoli di ciò e del fatto che bastava già il primo film ad esplicare in modo adeguato la storia, si sono gettati a capo fitto sulla coreografia e sull’originalità delle morti, riuscendo a distrarre lo spettatore da un plot povero e ripetitivo. Infatti, è proprio qui il limite del terzo Final Destination: una storia per nulla originale, che non fa altro che ripercorrere a grandi linee quella dei due film precedenti senza evidenti innovazioni.
Però in questo caso si nota anche una totale piattezza dei personaggi e uno svolgimento oltremodo sbrigativo dell’intreccio, sicuramente più impegnato nella messa in scena degli incidenti mortali piuttosto che sulla delineazione psicologica dei protagonisti. Ma non mentiamo a noi stessi: quale spettatore sceglie di andare a vedere il terzo capitolo di una saga come Final Destination con l’intenzione di assistere ad una storia originale e ad un approfondimento dei personaggi? Piuttosto si spera di assistere ad una truce mattanza a base di improbabili incidenti ai danni di personaggi stupidi e antipatici; e ciò avviene puntualmente.
Gli incidenti messi in scena in Final Destination 3 sono semplicemente geniali, riescono ad esasperare la situazione all’inverosimile per poi concludersi, spesso e volentieri, con sanguinosissime morti.
La regia è tornata nelle mani di James Wong, già impegnato dietro la macchina da presa del primo episodio; mentre la sceneggiatura è opera di Glen Morgan (già sceneggiatore del primo film e regista di Willard e il Black Christmas del 2006) e dello stesso Wong. Tra gli interpreti si possono scorgere più che altro volti di sconosciuti e giovani attori, ad eccezione di Mary Elizabeth Winstead, nel ruolo della protagonista, e Ryan Merriman.
In conclusione, Final Destination 3 è un semplice ed essenziale splatterstick horror, poco originale ma estremamente divertente. Consigliato soprattutto a chi cerca novanta minuti di assoluto intrattenimento.
Curiosità. L’attore Tony Todd, conosciuto al pubblico degli horror per aver dato volto al personaggio di Candyman ed a Ben nel remake di La notte dei morti viventi, era presenza fissa anche nella saga di Final Destination, nei panni di un misterioso tizio che dà consigli e informazioni sulla Morte. Ma in questo terzo capitolo, dal momento che l’azione si sposta in un’altra città, si è preferito non inserire il suo personaggio. Però, per creare continuità con la saga e per far felici i fan, l’attore compare ugualmente, prestando la voce al gigantesco diavolo che attira i clienti nel “Devil’s flight”.
Roberto Giacomelli
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