Final Destination 5, la recensione

Sam, la sua ex ragazza Molly e i suoi colleghi di lavoro sono in viaggio su un pullman per una convention organizzata dalla loro ditta, la Presage. Mentre stanno attraversando un ponte, Sam ha una visione in cui gli viene annunciato il catastrofico crollo della struttura che causerà la loro morte e quella di centinaia di altre persone. Preso dal panico, Sam scende dal pullman fermo in coda e ammonisce gli altri passeggeri del possibile pericolo trascinando con se Molly. Alcuni di loro gli danno retta e lo seguono e, come da premonizione, il ponte crolla causando una miriade di vittime. Ma i superstiti all’incidente cominciano a morire in circostanze misteriose nell’ordine in cui uscivano di scena nella visione di Sam: la Morte è tornata per far quadrare i conti!

Dal 2000 la Morte torna puntualmente a cadenza triennale per recuperare coloro che per uno strano caso del destino sono riusciti a sfuggire alla sua vigile e inesorabile falce. Dopo il grande successo di The Final Destination 3D, quarto capitolo e per la prima volta in stereoscopia, si infrange la tempistica dei tre anni tra un film e l’altro e si mette immediatamente in cantiere un quinto capitolo, ovviamente anch’esso in 3D. Risultato? Final Destination 5 è a sorpresa uno dei migliori capitoli di una saga che, pur risultando sempre piuttosto divertente, negli ultimi due capitoli stava cominciando a mostrare una fiacca preoccupante.

Diciamo chiaramente che dopo il deludente The Final Destination 3D, in cui si giocava alla sottrazione eliminando ogni minima parvenza narrativa a vantaggio del solo orpello del 3D, non ci si poteva aspettare chissà cosa, consci anche dello status quasi da instant movie che il quinto capitolo aveva assunto. Invece la New Line ha fatto tesoro degli errori commessi e ha confezionato un prodotto che oltre ad essere veloce, divertente, dannatamente e grottescamente splatter riesce anche ad aggiungere elementi alla solita meccanica narrativa trita e ritrita.

La storia è sempre la stessa, le solite persone scampate a un disastro collettivo in seguito a un presagio di uno di loro che una alla volta escono di scena nei modi più improbabili possibile, reclamati dalla Morte in persona. Praticamente l’incubo di ogni sceneggiatore, chiamato a rendere interessante una storia esile, schematica e già raccontata ben quattro volte negli ultimi dieci anni senza la possibilità di uscire troppo dai binari preimpostati. Eric Heisserer, a cui era già toccato l’infausto compito di aggiornare Nightmare con l’odiatissimo remake e La Cosa con il bel prequel, fa miracoli e pur raccontando per la quinta volta la stessa storia, aggiunge nuovi elementi, crea un gradevolissimo collegamento con il primo film e riesce perfino a donare un minimo di spessore ai personaggi.

Stavolta esiste un modo per sfuggire alla Morte e non si tratta dello scavalcamento postulato nel primo e nel terzo film, ma di una salvezza definitiva (almeno fino al nuovo, nei migliori casi lontano, momento di dipartita). Il prezzo da pagare è alto, ma un modo per raggirare la Morte esiste e questo riesce a donare al racconto quel “quid” che lo rende più originale e avvincente dei precedenti, dal momento che stavolta lo schema può essere modificato e il countdown dei morti non è così scontato. Il modo in cui il film riesce, inoltre, a collocarsi all’interno della saga come un preciso tassello di un mosaico è un altro punto a favore che dona coerenza a una narrazione generale che conta ancora più punti oscuri.

I personaggi di questo Final Destination 5 non sono i soliti teen-agers che hanno affollato questa saga (nel primo e terzo film in particolare), piuttosto sono un gruppo eterogeneo di persone, colleghi di lavoro, che sembrano voler riflettere nella loro composizione il tentativo già sperimentato in Final Destination 2, ad oggi capitolo più riuscito della saga. I caratteri e le personalità sono basilari e non si scende mai in profondità, ma si riesce comunque con pochi elementi a caratterizzare in modo piuttosto convincete quasi tutti, in modo tale almeno da rendere distinguibili i personaggi ed entrare in empatia con alcuni di loro. Inoltre, proprio come accadeva con il secondo film, si inseriscono elementi di umorismo grottesco che raggiungono il loro apice nel personaggio di Isaac e soprattutto nel “suo momento” nel centro massaggi.

Ovviamente si punta moltissimo sulle morti strambe e originali che possano stupire e dare modo al sangue e alle interiora di spargersi il più possibile. A questo riguardo c’è soprattutto l’incidente della prima vittima, la ginnasta, a rimanere ben impresso nella mente dello spettatore, riuscendo ad aggiudicarsi uno dei primissimi posti in un’ideale classifica delle migliori morti della saga. Anche l’incidente iniziale su un ponte sospeso sorprende in positivo. Sicuramente si tratta del più spettacolare dell’intera saga e se la batte con il tamponamento a catena sull’autostrada del secondo film come migliore in assoluto. E qui si deve anche riconoscere qualche merito a Steven Quale, regista quasi esordiente dopo una lunga gavetta come aiuto di James Cameron, che se la cava egregiamente sia con la spettacolarità delle scene d’azione che con la costruzione della suspense.

L’esperienza come aiuto di Cameron in Avatar e la direzione del documentario Aliens of the Deep saranno sicuramente valsi per la gestione del 3D nativo, che in questo Final Destination 5 funziona molto bene. Come accadeva nel capitolo precedente, anche qui si usa il 3D non solo per il barboso effetto profondità che sempre più spesso ci dà l’impressione di investire male la differenza di prezzo in confronto al biglietto del film in 2D. Ma il 3D fa il suo bel lavoro soprattutto per i cari vecchi giochi da luna park in cui oggetti di ogni tipo (compresi fluidi organici e trippa di ogni tipo) piove addosso allo spettatore, ridando così genuinità alla stereoscopia per quello per cui è stata originariamente creata.

Nel cast di illustri sconosciuti – come da regola – si distinguono i volti semi noti di Nicholas D’Agosto, che qualcuno ricorderà tra i protagonisti della seconda stagione di Heroes, ed Emma Bell, già protagonista di Frozen e tra i personaggi della prima stagione di The Walking Dead. Inoltre, torna anche Tony Todd a vestire per la terza volta i mefistofelici panni del coroner che “ne sa qualcosa riguardo i piani della Morte”, stavolta con uno spazio leggermente più corposo per il suo personaggio.

Insomma, Final Destination 5 a sorpresa funziona e permette allo spettatore di passare 90 minuti di sicuro intrattenimento. Assolutamente consigliato ai fan della saga.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Divertente e fantasioso nell’escogitare le morti.
  • Un 3D ben realizzato.
  • Qualche variazione alla formula che aggiunge il giusto pepe.
  • È sempre la solita minestra, quindi se non vi piace Final Destination non è di certo questo quinto film che vi farà cambiare idea.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Final Destination 5, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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