Flow – Un mondo da salvare, la recensione
Chiudete gli occhi e immaginate di essere un gatto.
Un gatto che, di giorno, si aggira libero e curioso nella natura, e di notte rientra nella sua tana: una casa abbandonata da anni. Degli esseri umani nemmeno l’ombra, solo tracce lasciate da edifici e oggetti che testimoniano un passato in cui l’uomo era presente, in gran numero e attivo.
La natura è rigogliosa, il fiume pullula di pesci, ma un giorno tutto questo viene spazzato via. Un enorme tsunami inghiotte ogni cosa conosciuta, sommergendo il mondo in metri e metri d’acqua.
E così insieme ad un golden retriever, un lemure, un capibara e uno strano grande volatile devi trovare il modo di sopravvivere, attraversando una terra completamente sommersa in cui le minacce sono molte e l’unica salvezza è rimanere uniti. Ma siete animali, non parlate, e sopravvivere insieme non è così semplice.
Tutto questo, e molto altro, è Flow – Un mondo da salvare, presentato in anteprima al Festival di Cannes 2024 e al Festival Internazionale del cinema d’animazione di Annecy 2024, mentre in anteprima italiana ad Alice nella città.
Opera seconda di Gints Zilbalodis, che si era già fatto notare nel 2019 con Away, Flow è una riuscitissima coproduzione Francia – Lettonia che continua a dimostrare quanto l’Europa possa e sappia essere assolutamente competitiva nel panorama internazionale dell’animazione. Flow è un film che non vuole essere come nessun altro, fa sicuramente proprie le lezioni dei grandi studi d’animazione internazionali ma osa proporre qualcosa di nuovo senza paura di rischiare.
Il film, che ha protagonisti animali che si muovono in un mondo post-apocalittico, punta moltissimo sulla costruzione dei personaggi. Nessuno di loro è antropomorfizzato, nessuno parla, ma non per questo il film è emotivamente distaccato, anzi. La scrittura di ognuno è curata e potente, rendendoli vividi e portatori di un impatto emozionale veramente forte. Anche noi spettatori impariamo, durante i minuti del film, a conoscerli, proprio come loro imparo a conoscersi gli uni gli altri, e a leggerne ogni pensiero, ogni sentimento.
Paura, gioia, rabbia, curiosità, felicità, non sono mai stati così chiari ed immediati come in questo film, in cui si decide di fare a meno delle parole per puntare ad altro.
La mancanza di parlato permette anche un grandissimo lavoro sul suono, in cui lo spazio in cui si muovono gli animali è personaggio stesso. La terra, oltre ad essere ricca di colori, è ricca di rumori, che accompagnano ed enfatizzano ancora di più il mondo emotivo dei protagonisti.
Flow è anche la dimostrazione di dove l’animazione può e deve arrivare, in cui essa non è solamente un genere ma diventa prima di tutto mezzo e strumento per raccontare una storia. L’animazione, per sua stessa natura, permette di indagare e raccontare ciò a cui la fotografia “reale” non può arrivare. Con l’animazione è possibile immaginare tutto, e poi spogliarlo di ogni cosa, trasformarlo a piacimento come un trucco di magia. Flow non è specificamente un film per bambini ma non è nemmeno un film per adulti. È un film, punto e basta, che relegare al solo genere dell’animazione sarebbe riduttivo. Flow è un’epopea, un racconto epico in un mondo senza uomini.
Anche lo stile d’animazione è degno di nota, e riesce a trovare il perfetto equilibrio in un disegno che mescola il look grafico di un videogioco con il respiro della pittura paesaggistica.
Flow è una grande lettera d’amore alla Terra, al suo perfetto equilibrio in cui il miracolo per alcuni diventa la disgrazia di altri, in un ciclo infinito. Quello diretto da Zilbalodis riesce ad essere un film maturo, poetico e profondo, che sa esattamente dove mettere i momenti comici e quelli drammatici, regalandoci un film armonico e d’impatto, nella sua semplicità e linearità.
Flow è un film assolutamente onesto e che sa trasformare quelle che per altri sarebbero state debolezze in grandissimi punti di forza, soprattutto il budget di soli 3.5 milioni di euro, che per un film d’animazione è davvero ridotto.
E, sulla scena finale, forse la più bella e commovente dell’anno, resta una lezione da ricordare: quando la marea si alza e sembra di annegare, ci saranno sempre amici con cui condividere la barca.
Agata Brazzorotto
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