Giurato numero 2, la recensione

Justin Kemp è un giovane uomo giunto ad un momento di svolta nella sua vita: si è definitivamente lasciato alle spalle un passato da alcolista e si prepara a diventare papà. Una situazione idilliaca che, tuttavia, è destinata a prendere una piega inaspettata verso l’inferno nel momento in cui Justin viene chiamato per diventare membro della giuria popolare in un caso di femminicidio avvenuto in Georgia. La vittima è Kendall Carter, un ragazza che è stata presumibilmente picchiata a morte e poi gettata all’interno di un fosso. L’accusato di omicidio, invece, è James Sythe, fidanzato della vittima, membro pentito di una gang di quartiere e famoso per il suo carattere impulsivo. Dopo aver ascoltato le prime testimonianze sull’accaduto, tra cui proprio quella di Sythe che si dichiara innocente, tutta la giuria popolare non ha dubbi: il ragazzo è colpevole. Ma Justin Kemp, ovvero il giurato numero 2, non è dello stesso avviso.

Justin sa molto bene che Sythe è innocente perché, proprio durante la testimonianza dell’accusato, realizza che è stato lui stesso ad aver accidentalmente ucciso la donna, investendola con la propria auto durante un temporale ma con la convinzione d’aver colpito un cervo. Justin, scopertosi omicida involontario, è nel pieno vortice di una crisi morale. Cosa fare? Rivelare la sua colpevolezza e scagionare l’imputato, oppure restare in silenzio e far sì che James Sythe venga condannato ingiustamente?

Nell’aprile del 2023 viene annunciato ufficialmente che il texano dagli occhi di ghiaccio Clint Eastwood, dopo quel Cry Macho che non aveva entusiasmato molti, sarebbe tornato ancora una volta dietro la macchina da presa per dirigere – a 93 anni! – il suo nuovo film, un legal thriller dal titolo Giurato numero 2 (Juror#2).

Parlare di Clint Eastwood e aprire una disamina sul suo cinema, oggi, può mettere chi scrive in una condizione di estrema soggezione. Si, perché con i suoi 94 anni d’età e una carriera alle spalle che può far impallidire chiunque – sia sotto il profilo attoriale che quello registico – Clint Eastwood è senza ombra di dubbio uno dei più grandi uomini di cinema tra quelli ancora in vita. 

Forse, l’ultimo vero grande cowboy della settima arte che ha dimostrato negli anni di avere nella vita vera la stessa tenacia e caparbietà di uno dei suoi personaggi più leggendari, il mitico ispettore Harry Callaghan (o Callahan se si preferisce il suono originale). Nonostante la sua veneranda età, infatti, Eastwood ha continuato la sua carriera attoriale e registica in modo estremamente regolare, senza mai rallentare l’avanzata, continuando a sfornare film di un certo peso artistico capaci, ogni volta, di declinare il genere ad un’aspra critica socio-culturale verso la popolazione americana.

Senza andare troppo indietro con gli anni e dover rievocare quel piccolo grande capolavoro che è Mystic River (candidato a sei premi Oscar e con ben due statuette portate a casa), negli ultimi dieci anni il nostro Callaghan ci ha regalato film di un certo peso artistico come American Sniper, Sully, Il corriere e Richard Jewell. Persino il tanto criticato Cry Macho, a parere di chi scrive, sa farsi portatore di una carica emotiva e umana fuori dal comune, un film-desiderio che Eastwood si è chiaramente voluto regalare in ricordo dei tempi passati e di quei ruoli da “cowboy tutto d’un pezzo” che lo hanno fatto conoscere, amare e che lo hanno consegnato allo status di Leggenda. 

Il cinema di Clint Eastwood, oggi, rappresenta la coda di un cinema hollywoodiano che è stato grande, grandissimo, un cinema che ha saputo creare immaginari e che è stato in grado di raccontare l’America attraverso la schiettezza narrativa del genere. Un cinema che oggi sembra aver purtroppo lasciato il passo ad un’autorialità più compiaciuta o ad un intrattenimento più vuoto, un cinema per certi versi più sterile e che ha un po’ perso di vista il fattore umano.

Con Giurato numero 2 Clint Eastwood porta avanti la sua poetica senza farsi minimamente intaccare (cinematograficamente parlando) dai tempi che corrono, perciò senza scendere a patti con l’industria, e mettendo in scena un racconto cinematografico così solido e graffiante, energico potremmo dire, che mai e poi mai sembrerebbe diretto da un uomo che ha superato ampiamente i novant’anni.

Ancora una volta Clint Eastwood ci parla del Sistema americano e delle sue infinite contraddizioni interne, di un perbenismo ipocrita e di un Paese che fatica a coniugare con coscienza la morale con la sua messa in pratica. Giurato numero 2, che nel suo essere un legal thriller quasi interamente ambientato in tribunale ricorda molto sia Sully che Richard Jewell (limitandoci alle sue produzioni più vicine), si fa perciò critica livorosa verso un Paese che sa molto bene cosa è giusto e cosa sbagliato, ma che purtroppo si perde nel momento della fattualità. Dunque l’America raccontata da Clint Eastwood in Giurato numero 2 è un’America pigra, che si ferma alla superficie dei fatti poiché priva di quella curiosità che dovrebbe spingere chiunque a volerne sapere di più. E quale soggetto migliore, per esternare questa lucida critica, se non quello di una giuria popolare in un grave caso di femminicidio?

Ad eccezione del protagonista, interpretato da un Nicholas Hoult che ha la faccia giusta per il ruolo, e di un ex-poliziotto in pensione interpretato dal sempre eccezionale J.K. Simmons (il personaggio migliore del film, nonostante stia in scena poco), tutta la giuria popolare del film sembra essere figlia del moderno opinionismo televisivo: gente che si ferma davanti alla superficie, incapace di ragionare con la propria testa e di maturare sentenze debitamente costruite, con nessuna reale capacità d’analisi dei fatti ma solo la volontà di condannare un uomo perché è la cosa più facile da fare. E apparentemente la più giusta. Una giuria popolare, dunque, che anziché analizzare il caso si limita a fare pollice verso in virtù di un caso giudiziario che sembra essere stato chiuso ancor prima d’essere aperto.

Ironico che l’unico membro della giuria che vuole andare a fondo, ovvero il giurato numero 2 che dà il titolo al film, sia anche il vero colpevole dell’omicidio. Justin Kemp è un protagonista insolito, anche nella filmografia di Eastwood, perché non si limita ad essere il classico anti-eroe con delle macchie nel passato ma ora votato al bene; Kemp è un protagonista figlio proprio dell’America che Eastwood vuole criticare: ha il peso morale sulle spalle, certo, ma vive anche la difficoltà di andare fino in fondo poiché incapace di mettere la giustizia davanti alla sua vita.

Al netto di qualche piccolo snodo narrativo affrontato con troppa facilità, Giurato numero 2 è un film solido e scritto benissimo da Jonathan Abrams. Asciutto, privo di fronzoli narrativi inutili, capace di andare subito al cuore della vicenda e di tenere desta l’attenzione dello spettatore grazie ad un ritmo indiavolato che rende il film dinamico e avvincente nonostante la staticità di fondo. Proprio sotto questo punto di vista, tenendo in considerazione la struttura narrativa e il respiro generale dell’opera, Giurato numero 2 sembra essere un film figlio degli anni ‘90, ovvero quando Hollywood riusciva a confezionare robuste storie d’autore senza però mai perdere di vista il pubblico generalista.

Nel cast, oltre ai già citati Hoult e Simmons, troviamo anche una stratosferica Toni Collette, Kiefer Sutherland, Zoey Deutch, Gabriel Basso e Francesca Eastwood (figlia di Clint) nel ruolo della ragazza uccisa. 

Con un finale capace di lasciare con il fiato strozzato in gola e che dimostra la capacità di Eastwood nel capire quel è il fotogramma giusto su cui far partire i titoli di coda, Giurato numero 2 è l’ennesima lezione di cinema che questo fantastico cowboy ci ha restituito. 

A detta dello stesso Clint, e possiamo comprenderne le motivazioni, questo potrebbe essere ufficialmente il suo ultimo film. Se davvero così sarà, anche se noi speriamo in un ripensamento, possiamo dire che non poteva esserci un saluto alle scene più efficace e pungente di questo. Perché Giurato numero 2, considerando proprio la maniera in cui si conclude, sembra quasi voler ricordarci quel tono beffardo, cinico e arrogante con cui Callaghan salutava i criminali prima di premere il grilletto.

Per noi Giurato numero 2 è un grandissimo e convintissimo si! 

Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un legal thriller solido, dinamico e avvincente che riesce a trasformare una situazione statica in grande intrattenimento.
  • La pungente critica al perbenismo americano (e non solo) che è figlio di questi tempi.
  • Un cast di livello su cui spiccano Toni Collette e J.K. Simmons.
  • Per narrazione e respiro, ricorda un certo modo di fare cinema degli anni ‘90.
  • Un finale perfetto!
  • Qualche piccola leggerezza nell’affrontare alcuni snodi narrativi. Ma nulla di grave, considerando che l’intento del film è quello di far arrivare la storia dritta alla pancia dello spettatore.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Giurato numero 2, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

One Response to Giurato numero 2, la recensione

  1. Fabio ha detto:

    Direi che concordo, gran bel legal thriller serratissimo che ti tiene col fiato sospeso dal primo all’ ultimo minuto, Clint è sempre una garanzia!!!!

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