Il Corpo, la recensione
Se fino a qualche mese fa la pratica del remake nel settore cinematografico italiano interessava essenzialmente il genere commedia, anche per una semplice questione di numeri (la maggior parte dei film prodotti in Italia erano commedie), oggi stiamo notando una progressiva virata anche verso altri generi, il noir/crime in particolare. Un dato significativo della maggiore varietà di generi che il nostro cinema – in palese ripresa dopo anni davvero bui – sta affrontando, riaprendo finalmente le porte a un’ottica competitiva su mercato internazionale.
Solo una manciata di settimane fa usciva Fino alla fine di Gabriele Muccino, vigoroso crime palesemente non capito da una buona parte dei colleghi critici, che rifaceva il tedesco Victoria; e ora arriva in sala Il corpo, adattamento dello spagnolo El cuerpo diretto da Oriol Paulo nel 2012 (e inedito in Italia). A firmare la regia di questo avvincente giallo c’è Vincenzo Alfieri, talentuoso regista/sceneggiatore/attore/montatore che si è confrontato più volte con il cinema di genere (Gli uomini d’oro nel 2019, Ai confini del male nel 2021) anche se mai con troppa fortuna al botteghino.
In seguito all’investimento del guardiano dell’obitorio, che misteriosamente era fuggito via dal posto di lavoro, la polizia scopre che è scomparso il cadavere di Rebecca Zuin, imprenditrice nel settore farmaceutico deceduta in giornata a causa di un attacco cardiaco. L’ispettore Cosser, a cui è stato affidato il caso, contatta immediatamente Bruno, vedovo di Rebecca, molto più giovane di lei, che sposando la donna ha fatto velocemente carriera, da docente universitario precario a top manager nell’industria della moglie. Mentre Cosser comincia a sospettare che Bruno sia coinvolto nella morte della Zuin, l’uomo inizia a convincersi che Rebecca non sia realmente morta e che la scomparsa del suo cadavere faccia parte di un contorto piano della moglie per vendicarsi dei tradimenti del marito.
Avvolta in un’atmosfera tetra e molto suggestiva costantemente in bilico con il cinema horror, la storia attorno alla quale si sviluppa Il corpo ha un grandissimo pregio: è dannatamente avvincente. Fin dai primi minuti, la sceneggiatura di Giuseppe Stasi, che adatta quella di Oriol Paulo, cattura lo spettatore e lo trascina dentro il film riuscendo a intessere una trama mistery della quale si vuole conoscere l’epilogo. Perché, nel corso di quasi due ore, pur seguendo pochi personaggi in un’unità di tempo e spazio – con qualche flashback a mostraci il complicato rapporto tra moglie e marito – succedono davvero molte cose e la situazione si trasforma continuamente, facendosi sempre più contorta e imprevedibile.
Purtroppo, però, per quanto coinvolgente possa essere l’intreccio, si notano forzature e incongruenze nelle storie di Bruno e dell’Ispettore Cossar, a partire dalla poco credibile libertà d’azione che il vedovo ha all’interno dell’obitorio: nonostante sia il principale sospettato di quello che pian piano sembra essere un omicidio con occultamento di cadavere e nonostante sia sotto osservazione della polizia, Bruno si muove liberamente in tutti gli ambienti del luogo del crimine, sottrae prove e riesce a fare telefonate alla sua amante e forse complice.
Anche il colpo di scena finale, che senz’altro aiuta a far quadrare tutta la vicenda, appare davvero troppo artefatto e poco credibile. Si dice che per scrivere un giallo la tecnica migliore sia quella di partire dal finale e poi andare a ritroso, ma nel caso de Il corpo si nota davvero tanto che tutto nasce da quel twist narrativo attorno al quale si è scritta l’intera storia.
Ottimo l’intero comparto tecnico, a cominciare dalla fotografia livida di Andrea Reitano fino alle musiche di Vittorio Giampietro, passando per la regia di Alfieri che cerca di comunicare indizi tramite i primi piani e i dettagli, perché la verità è più vicina ai personaggi di quanto possa sembrare.
Se nel cast a spiccare è senz’altro Giuseppe Battiston, che dà vita a un Ispettore depresso e cinico che ha seri problemi con il controllo della rabbia, zoppica il co-protagonista Andrea Di Luigi che risulta un po’ acerbo per un ruolo così di rilievo. In parte Claudia Gerini nei panni dell’odiosissima Zuin e anche la bella Amanda Campana (Il mostro della cripta, Bastardi a mano armata) conferma la sua crescita attoriale.
Tra alti e bassi ma con un innegabile ritmo e capacità di coinvolgere lo spettatore, Il corpo si lascia guardare con interesse, sfoderando anche un look generale internazionale che sicuramente lo aiuterà ad essere visto e venduto fuori dai confini nazionali.
Roberto Giacomelli
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