Immaculate – La prescelta, la recensione del film horror con Sydney Sweeney
Succede che il 2024 ha visto casualmente l’uscita di due film piuttosto simili: in entrambi si parla di noviziato e le protagoniste sono due giovani suore americane che devono prendere i voti in Italia; entrambe rimangono misteriosamente incinte pur non avendo consumato ed entrambe portano avanti una gravidanza con il benestare del contesto monastico che le circonda. Uno dei due film è il bellissimo Omen – L’origine del presagio, prequel al capolavoro di Richard Donner del 1976, l’altro è Immaculate – La prescelta di Michael Mohan, che non si lega a nessun franchise portando avanti una personalissima (e felicemente blasfema) visione del cattolicesimo.
Se vogliamo essere, però, un minimo agiografici, possiamo far risalire questo rinnovato interesse per l’accoppiata suore e genere horror nel successo internazionale di The Nun e il suo sequel, i due film sul demone del Conjuringverse in abito da suora che hanno di fatto rilanciato nei film dell’orrore un particolare feticismo nunsploitation.
In Immaculate – La prescelta prendiamo le parti di Suor Cecilia, giunta a Roma dal Michigan per prendere i voti. Nel convento presieduto dal Cardinale Merola, Cecilia fa amicizia con la coetanea suora ribelle Guendalina, detta Gwen, e si scontra con la severa austerità di Isabella, ma conosce anche la gentilezza di Padre Tedeschi, che le fa da mentore. Pochi giorni dopo aver preso il velo, Cecilia presenta i primi sintomi di una gravidanza e dopo essere stata accuratamente visitata ha la certezza di essere incinta. Ma Cecilia non ha mai avuto rapporti con un uomo, quindi la sua maternità viene vista come un miracolo; ma deve essere tenuta segreta per non attirare i pellegrini, non ancora almeno, in attesa che il nuovo Salvatore possa venire alla luce!
Entrato in pre-produzione nel 2014, poi entrato in stand-by e resuscitato da Sydney Sweeney, che ha comprato i diritti della sceneggiatura e deciso di produrlo ritagliandosi il ruolo principale, Immaculate è ad oggi il più grande successo commerciale della casa di produzione americana NEON. Ed è significativo che Immaculate e Omen – L’origine del presagio, entrambi con una lunga gestazione, abbiano visto la luce proprio in un momento storico in cui negli USA infiamma il dibattito sull’aborto. Se il prequel di Omen, in un certo senso, ha uno sguardo semplicemente laico sull’argomento, pur puntando i piedi sulla questione del possesso sul corpo femminile, Immaculate ha una posizione decisamente più estrema e spudoratamente Pro Choice.
Il film diretto da Michael Mohan (The Voyeurs, sempre con Sydney Sweeney) e scritto da Andrew Lobel, infatti, racchiude la sua essenza primaria nel tema della maternità vista dalla protagonista come un ingombrante fardello: Suor Cecilia non sembra accettare di buon grado di essere la “prescelta” neanche per un secondo. Portare nel grembo un essere che non si desidera, che le è stato imposto (forse da un’entità soprannaturale) e non poter scegliere di rinunciarvi per via del credo e delle aspettative altrui, è un macigno enorme sulla sua vita. Sul volto di Suor Cecilia vediamo subito la rassegnazione, fin da quel suggestivo momento in cui viene accompagnata al centro dell’altare in abiti mariani, e nella sua vicenda leggiamo chiaramente la storia di tutte quelle donne costrette a portare avanti gravidanze indesiderate.
Immaculate è un film coraggioso, tanto per la posizione politica che prende quanto per uno spirito blasfemo che lo attraversa e che porta a distorcere il messaggio ecclesiastico a uso egoistico dei suoi rappresentanti. E poi ci sono crocifissi utilizzati come armi, idolatria in tutte le salse, la rinnegazione del divino e un finale potentissimo ed estremo che si fa beffa di qualsiasi movimento Pro Life.
Inoltre, come accadeva nel bellissimo Benedetta di Paul Verhoeven, c’è un’attenzione particolare per il corpo femminile in contesto religioso solo che in questo caso il corpo stupendo di Sydney Sweeney non è oggetto voyeuristico e declinato in accezioni erotiche, ma diventa motivo della contesa tra umano e soprannaturale, involucro sulla cui destinazione decide il patriarcato cattolico, praticamente espropriato al volere della sua proprietaria, una donna.
E fa piacere, per un estimatore del cinema horror, trovare tematiche di rilevanza sociale ben imbrigliate in un meccanismo orrorifico genuino che non lesina in momenti di tensione ottimamente costruiti, efferate digressioni splatter, e una onestissima anima da b-movie che a tratti si fa necessaria.
In un cast in buona parte italiano, dove spiccano la sorrentiniana Dora Romano nel ruolo della Madre Superiora, Giorgio Colangeli negli abiti del Cardinale e Benedetta Porcaroli come Suor Gwen, troviamo anche Alvaro Morte de La casa di carta nel ruolo di Padre Tedeschi, sicuramente uno dei personaggi chiave del film. Poi, ovviamente, c’è Sydney Sweeney che dimostra di non essere solo un bel viso e un gran paio di tette ma anche un’ottima attrice che qui regge sulle sule spalle un intero film fino a momenti di grandissima intensità, come quello che accompagna il finale di Immaculate.
Girato tra Roma (Palazzo Doria Pamphilj a Via del Corso e la Catacombe di Santa Domitilla) e Frascati (Villa Parisi, dove Mario Bava girò Il rosso segno della follia, Paul Morissey Dracula cerca sangue di vergine… e morì di sete e Mario Bianchi Le notte del terrore), Immaculate – La prescelta deve davvero molto al cinema italiano con alcuni momenti che richiamano alla mente un certo immaginario fulciano e un omaggio esplicito al nostro bel cinema che fu con l’inserimento nella colonna sonora del brano Ripresa di Bruno Nicolai realizzato per il film di Emilio Miraglia La dama rossa uccide sette volte.
Immaculate – La prescelta arriva nei cinema italiani l’11 luglio distribuito da Adler Entertainment.
Roberto Giacomelli
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