Itaca – Il ritorno, la recensione

Itaca, nel bel mezzo del Mare Ionio. Un uomo giace sulla spiaggia, nudo e disidratato. È Odisseo, sovrano di quell’isola, partito più di vent’anni prima per combattere la guerra di Troia e poi perso in tante avventure che gli hanno impedito un celere ritorno. Itaca, però, è stata assediata dai proci, nobili che aspirano al titolo lasciato vacante da Odisseo e per affermarsi chiedono la mano di sua moglie, Penelope, che per prender tempo ha promesso che sceglierà il suo nuovo sposo solo quando avrà finito di tessere una veste per suo suocero Laerte. Ma Penelope ogni notte disfa quello che durante il giorno ha passato al telaio. Intanto Telemaco, figlio di Odisseo e Penelope, si è convinto di andare a cercare il padre, ignorando che il genitore ha appena fatto ritorno e sta sfruttando il fatto che nessuno lo riconosce per monitore la situazione ed escogitare un piano per liberare Itaca.
Nonostante si tratti di una delle opere avventurose più importanti e conosciute al mondo, L’Odissea di Omero ha generato davvero poche trasposizioni, per lo più relegate al mezzo televisivo e per lo più poco note e non troppo memorabili, a parte l’indimenticabile sceneggiato diretto da Franco Rossi nel 1968. In maniera abbastanza imprevista e imprevedibile, però, adesso il poema di Omero sembra essere finito nelle traiettorie della settima arte e, in attesa dell’annunciato kolossal hollywoodiano diretto da Christopher Nolan, abbiamo nei cinema il minimale ma efficace Itaca – Il ritorno, quarto lungometraggio di Uberto Pasolini.
Dopo gli struggenti Still Life e Nowhere Special, Pasolini (pronipote di Luchino Visconti), cambia decisamente registro per aprire la sua sensibilità alla storia d’avventura per eccellenza. Ma, colpo di scena, il regista decide di non adattare tutto il poema ma dedicarsi solamente agli ultimi canti, quelli che descrivano il ritorno di Odisseo in patria e la sua impresa di riprendersi quello che è suo. Una scelta anomala quella di tagliare della parte avventurosa proprio L’Odissea ma coerente con la filmografia di Pasolini e, sicuramente, più adatta a lavorare in economia soffermandosi su un momento fondamentale dell’opera che, solitamente, viene affrontato con la fretta di un climax finale.
In Itaca – Il ritorno, invece, abbiamo tutto il tempo necessario per approfondire il dramma di un uomo che deve ritrovare la sua dimensione, il suo posto effettivo nel mondo. A dar corpo a Odisseo è un efficacissimo Ralph Fiennes dal fisico asciutto e scolpito come una statua greca, che si trova a dover affrontare le conseguenze della sua “scomparsa”. Non solo un regno invaso da sconosciuti che vogliono prendere il suo posto, ma anche un figlio che lo desidera ma allo stesso tempo lo ripudia e una moglie che sta pian piano abbandonando la speranza di rivederlo. L’oblio è il nemico più temibile per Odisseo, un avversario con il quale si scontra appena rimette piede a Itaca, dove nessuno lo riconosce, ad eccezione del suo vecchio cane Argo e della balia che, lavandolo, ne individua le ferite.
Se il lavoro fatto su Odisseo è impeccabile, convince molto meno Telemaco che ha le sembianze ben poco greche di Charlie Plummer e con il quale davvero non si riesce a trovare empatia. Telemaco è impetuoso ma impacciato, sembra non avere un ruolo ben preciso nella storia e quando interviene come spalla del padre appare sempre e comunque superfluo.
Decisamente ben quadrata la Penelope di Juliette Binoche, per la terza volta in coppia con Ralph Fiennes dopo Cime tempestose e Il paziente inglese. Donna e moglie, ago della bilancia nella conquista del potere, che si vede circondata da uomini che la desiderano più per quello che rappresenta che per quello che effettivamente è. La Binoche riesce ad infondere alla sua Penelope tutta la frustrazione di una donna abbandonata che cerca come può di difendere quello che le appartiene e allo stesso tempo incarna la rabbia, la determinazione, l’ingegno. Contraltare perfetto di Odisseo.
La sceneggiatura, scritta dallo stesso Pasolini insieme a John Collee e Edward Bond, risulta molto rispettosa dell’opera di Omero, dalla quale sottrae solamente la dimensione divina per conferire un realismo che ben si confà alla storia narrata.
Il difetto maggiore di Itaca – Il ritorno sta in una sostanziale mancanza di ritmo. Conoscendo la storia e sapendo in che direzione andrà, si riesce a fruire con una certa agilità anche del film, ma la quasi completa assenza di azione, che va ad aggiungersi alla privazione della dimensione avventurosa relegata alla porzione non raccontata della storia, rendono un po’ difficoltoso il mantenimento della soglia dell’attenzione. Ci sono un paio di sequenze in cui Odisseo si trova a combattere, ma l’azione appare un po’ goffa e ci rendiamo contro che Pasolini non è a suo agio con combattimenti e scazzottate comprendendo, quindi, la scelta di incentrare quasi tutto sul processo psicologico legato al ritorno.
Caratterizzato da un rigore stilistico e una estrema aderenza alla fonte, Itaca – Il ritorno si lascia apprezzare proprio perché ha il “coraggio” di affrontare una storia nota curiosamente poco raccontata al cinema e lo fa scegliendo di concentrarsi solo sull’epilogo. E, lo ripeto ancora una volta, Ralph Fiennes è la scelta migliore che potesse essere fatta per dar corpo a Odisseo.
Itaca – Il ritorno, dopo essere stato presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival e in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma 2024, arriverà nelle sale il 30 gennaio 2025 distribuito da 01 Distribution.
Roberto Giacomelli
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