Late Night With the Devil, la recensione
Se si andasse per strada a chiedere alla gente comune di tratteggiare un’iconografia dell’universo horror, il quadro che ne verrebbe fuori sarebbe composto da tutte quelle entità che da secoli popolano gli incubi dell’uomo di ogni epoca, cultura e classe sociale. Vedremmo scorrere davanti ai nostri occhi, dunque, vampiri, zombie, streghe e assassini mascherati armati di coltelli, tutti protagonisti dei più grandi successi del cinema del terrore. Eppure, a pensarci bene, la grande e assoluta star di questo palcoscenico orrorifico dovrebbe essere il diavolo, l’incarnazione del male per antonomasia e il motore indistruttibile ed eterno di ogni azione ed evento nefasto dell’umanità.
Una divinità della morte così carismatica e potente da stuzzicare la fantasia di generazioni di registi i quali, a partire dal grande successo de L’esorcista del 1973, si sono cimentati nell’approfondire una figura resa ancora più inquietante dal fatto di essere pericolosamente attigua all’animo umano e al mondo circostante. Da qui ne è nato un vastissimo panorama narrativo e iconico che ha attraversato numerosi linguaggi cinematografici con l’obiettivo di rinnovare e rendere dinamico un sottogenere, quello demoniaco, che vive costantemente sul filo del rasoio e con l’incombente rischio di diventare prevedibile e stantio.
Ma una “star” come il demonio poteva mai sottrarsi ad un’intervista in diretta tv in prima serata? Questa è la domanda che si saranno posti i due registi Cameron e Colin Cairnes nel momento in cui hanno cominciato a lavorare al loro nuovo film, dal titolo Late Night With the Devil, che racconta una storia a sfondo demoniaco, partendo dall’idea innovativa di mettere una giovane donna posseduta davanti a milioni di spettatori. Una trovata che appare come la naturale evoluzione del precedente e sottovalutato Scare Campaign, grazie alla quale i due fratelli australiani si rendono autori di un film molto curato nella scrittura, intriso della giusta dose di ironia e dotato di una tensione in continuo crescendo, che però non ha come pregio la capacità di creare scene di paura che la storia avrebbe meritato.
La storia ruota attorno al ritrovamento di una fantomatica registrazione di un programma di prima serata degli anni ’70, condotto dal presentatore Jack Delroy il quale, nel tentativo di risollevare gli ascolti e dare così una sterzata alla sua carriera in discesa, durante la notte di Halloween dedica un’intera puntata del suo show ai fenomeni paranormali, coinvolgendo esperti della materia. Tra un medium dai modi goffi e strambi, un prestigiatore più che scettico nei confronti del paranormale, si presenta sulla scena una parapsicologa e la sua paziente, una ragazzina sopravvissuta ad una tragedia e tormentata da un demone che la possiede. Gli iniziali toni scherzosi e scanzonati dello show cedono il passo, con il passare dei minuti, ad un clima di terrore che abbraccia anche il vissuto dello stesso presentatore.
Avendo come riferimento uno dei motti più famosi della tv, ossia “Il bello della diretta”, i fratelli Cairnes pongono le basi per una storia fin da subito ancorata al contesto storico nel quale è ambientata, capace di creare un filo diretto con l’animo dello spettatore e di risultare imprevedibile e aperta a ogni chiave di lettura.
Introdotto da sequenze di stampo documentaristico e da una sigla di apertura patinata e scanzonata, come nella migliore tradizione degli show americani, infatti, Late Night with the Devil si rivela un’esperienza diretta con il male, trattando il tema del maligno alla stregua di un talk show. La sceneggiatura, scritta dagli stessi registi, segue questa impostazione ed alterna toni scherzosi e leggeri ad altri più cupi ed ambigui e, soprattutto, inserisce nello scacchiere del film personaggi le cui contrapposte visioni dei fenomeni paranormali concorrono a creare il più classico dei dibattiti tra gli scettici e coloro che, al contrario, credono che la scienza non possa spiegare tutto ciò che accade intorno a noi. Si susseguono così dialoghi serrati tra i protagonisti e scene che accumulano così tanta tensione da creare nello spettatore un’attesa promettente, ma che alla fine della fiera delude e non poco. Il maggior difetto del nuovo lavoro dei fratelli Cairnes, infatti, è proprio quello di mettere troppa carne a cuocere, sia in termini di scrittura che di suspense, senza tuttavia riuscire a chiudere del tutto il cerchio e sviluppare in maniera esaustiva tutti i tasselli di un puzzle in partenza ben congegnato e dagli spunti innovativi.
Ad una prima parte che si regge sull’idea di partenza originale e su un plot dai ritmi pimpanti, purtroppo ne fa da contraltare una seconda non altrettanto riuscita. Da un lato viene ben delineato il contesto storico degli anni Settanta e delle sette sataniche in voga in quel decennio, dall’altro viene clamorosamente meno un elemento non da poco per un film horror: la paura. Una grande assenza la cui causa principale è l’inspiegabile fretta con cui vengono descritte le evoluzioni emotive dei personaggi, in particolare quella del presentatore dello show, e l’ancor più immotivato ricorso ad effetti speciali posticci, trucchi di serie b e ad espedienti del genere visti e rivisti che stridono con la brillantezza di un soggetto fresco e dal grande potenziale. L’amara sensazione che pervade lo spettatore è che Late Night with the Devil finisca miseramente in “caciara” e, soprattutto, vi sia un’immotivata fretta di chiudere l’intreccio, lasciando così alcuni punti in sospeso.
Il lavoro di Cameron e Colin Cairnes resta comunque, nel complesso, di buona fattura, una visione vivamente consigliata e meritevole del giusto risalto all’interno di un panorama che, a parte poche ma comunque presenti eccezioni, il più delle volte offre prodotti stereotipati e poco coraggiosi.
Vincenzo de Divitiis
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