Le notti di Salem, la recensione

Quello che ha affrontato Salem’s Lot è stato un percorso distributivo decisamente impervio che dal 2022, precisamente 9 settembre 2022, data in cui sarebbe dovuto uscire in tutto il mondo al cinema dopo alcuni rallentamenti dati dalla pandemia, è finito più di due anni dopo direttamente sulla piattaforma Max. In Italia lo vedremo direttamente su Sky e Now dal 22 maggio 2025 con il titolo Le notti di Salem.
Ben Mears (Lewis Pullman), scrittore di successo, ritorna nella sua città natale nel New England, Jerusalem’s Lot, per trovare ispirazione per il suo prossimo libro. Scopre che la città è minacciata da una serie di misteriosi decessi e da un antico male rappresentato dal vampiro Kurt Barlow (Alexander Ward), che stringe un accordo con l’enigmatico Straker (Pilou Asbæk). Con l’aiuto di alcuni alleati, tra cui il giovane Mark Petrie (Jordan Preston Carter), Ben cerca di fermare la diffusione del morbo vampiresco e salvare la sua comunità.
Come anche i muri sanno, Le notti di Salem è l’adattamento dell’omonimo romanzo di Stephen King che era già stato trasposto sottoforma di film tv da Tobe Hooper nel 1979, seguito da I vampiri di Salem’s Lot nel 1987 e poi ripreso nel 2004 con una miniserie che abbiamo dimenticato un po’ tutti. E questo nuovo adattamento, diretto dal regista di Annabelle 3 Gary Dauberman, nasce chiaramente dalla foga kinghiana da cui Warner Bros. era stata assalita dopo il grande successo di IT di Andy Muschietti, di cui Dauberman era sceneggiatore.
Il romanzo di Stephen King, pubblicato nel 1975, è ancora oggi una delle sue opere più iconiche, unendo elementi di horror sovrannaturale a una profonda riflessione sulla natura umana e sulla decadenza di una piccola comunità. L’adattamento di Dauberman, pur mantenendo l’ambientazione anni ’70 e alcuni elementi chiave, riduce significativamente la complessità psicologica e sociale del romanzo. Molti personaggi secondari vengono eliminati o ridotti a semplici comparse, e la trama risulta accelerata, sacrificando lo sviluppo dei personaggi e la costruzione della tensione narrativa.
La miniserie del 1979 diretta da Tobe Hooper è considerata un classico del genere horror televisivo, apprezzata per la sua atmosfera inquietante e per l’interpretazione di David Soul nel ruolo di Ben Mears, ma soprattutto per l’iconico e terrorizzante look di Barlow, interpretato da Reggie Nalder. Quella del 2004, con Rob Lowe, purtroppo non ha lasciato un segno indelebile, risultando meno efficace sia nella narrazione che nell’impatto visivo.
Gary Dauberman, che di recente ha firmato anche la sceneggiatura di Until Dawn – Fino all’alba, affronta con rispetto l’opera di King, cercando di restituire la sua essenza in un formato cinematografico. La scelta di mantenere l’ambientazione anni ’70 conferisce al film un’atmosfera nostalgica, ma la narrazione risulta spesso frammentata e superficiale. I personaggi principali, pur ben interpretati, non hanno il tempo di svilupparsi adeguatamente, e le loro motivazioni appaiono poco approfondite. La tensione narrativa è intermittente, con alcuni momenti di suspense ben realizzati, ma anche con sequenze che sembrano affrettate o poco convincenti.
Dal punto di vista visivo, il film presenta una fotografia efficace, con alcuni scenari suggestivi, ma l’uso eccessivo di effetti digitali in alcune sequenze riduce l’impatto dell’horror classico e sicuramente il vampiro interpretato da Alexander Ward non ha neanche lontanamente la stessa forza iconografica che aveva quello di Nalder, anzi risulta abbastanza anonimo. La colonna sonora, pur adeguata, non riesce a elevare l’atmosfera come ci si aspetterebbe da un adattamento di un’opera di King.
In sintesi, Le notti di Salem è un film che offre un intrattenimento discreto per gli appassionati del genere vampiresco, ma che non riesce a eguagliare la profondità e l’intensità dell’opera originale di Stephen King. Pur mantenendo alcuni elementi caratteristici del romanzo, la pellicola non riesce a catturare pienamente la sua essenza: un prodotto rispettoso che, però, manca di mordente.
Roberto Giacomelli
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