L’esorcismo di Emma Schmidt – The Ritual, la recensione

Se oggi siamo qui a discutere del film L’esorcismo di Emma Schmidt – The Ritual è solo perché nel 1973 usciva nei cinema di tutto il mondo un Capolavoro intitolato L’esorcista, diretto da William Friedkin e tratto dall’omonimo romanzo di William Peter Blatty. Quel film, vincitore di due premi Oscar, era destinato a cambiare per sempre un determinato approccio all’horror, oltre che lanciare definitivamente uno specifico filone, quello dell’horror esorcistico/demoniaco, per l’appunto. Da allora di horror esorcistici ne abbiamo avuti davvero tanti, con un periodico incremento di produzioni a tema dato da qualche successo che rinverdisce il filone. Uno dei picchi, paradossalmente, c’è stato a inizio di questo secolo dato proprio dal successo della riedizione de L’esorcista, nella sua versione “integrale”. Insomma, un segnale che il film di Friedkin è davvero immortale e ben si presta a conquistare diverse generazioni.
Questa premessa, per dire che ci vuole davvero un concept forte per fare la differenza in un filone dell’horror così codificato e di difficile manovra innovativa, come è quello esorcistico, e il film diretto da David Midell quella forza d’innovazione non ce l’ha proprio, anzi si adagia pigramente su cliché, dinamiche narrative e suggestioni figurative abbastanza standardizzate, con il pericolo che possa essere dimenticato con gran velocità.
Nel 1928, a Earling nell’Iowa, una ragazza che si sospetta sia posseduta dal demonio, viene condotta in un convento per essere sottoposta a un esorcismo. Ad occuparsene è chiamato il parroco locale padre Joseph Steiger, che viene affiancato padre Theophilus Riesinger, un sacerdote esperto in esorcismi. Insieme, devono affrontare non solo le forze oscure che hanno preso possesso della giovane Emma, ma anche le proprie paure, dubbi e conflitti interiori.
David Midell ha l’intuizione di raccontare l’esorcismo più documentato della Storia americana del XX secolo, e lo fa con uno stile asciutto e realistico, quasi documentaristico. Non è una novità (da L’esorcismo di Emily Rose a The Last Exorcism si era già deciso di seguire questo tipo di approccio), ma Midell, che ha anche scritto la sceneggiatura insieme ad Enrico Natale, ha il vantaggio di affrontare una storia vera e, appunto, documentatissima per costruire il suo horror.
A questo punto facciamo una piccola digressione per scoprire la vera storia di Emma Schmidt.
L’esorcismo di Emma Schmidt – The Ritual si basa sul celebre caso di Anna Ecklund, pseudonimo con cui è conosciuta Emma Schmidt, già portato al cinema nel 2016 dal (brutto) film di Andrew Jones The Exorcism of Anna Ecklund. La donna, nata nel 1882 in una famiglia cattolica di origini tedesche, già da giovanissima cominciò a mostrare comportamenti ritenuti “anomali” per l’epoca: rifiutava oggetti sacri, diventava aggressiva durante le funzioni religiose e affermava di sentire voci. Si pensava, così, che fosse vittima di una possessione demoniaca e i sospetti caddero su due figure vicine a lei: il padre, accusato di praticare magia nera e abusi, e la zia, ritenuta dalla comunità una strega.
Un primo esorcismo avvenne attorno al 1912, condotto dal gesuita Padre Theophilus Riesinger, un prete tedesco-americano con esperienza in esorcismi. Dopo il rituale, i sintomi sembrarono cessare, ma solo temporaneamente. Il caso più famoso avvenne, però, 16 anni dopo, nel 1928, a Earling, Iowa. Emma fu portata in segreto in un convento di suore francescane, per evitare scandali. Lì padre Riesinger, assistito dal parroco locale padre Steiger, iniziò un esorcismo durato 23 giorni.
Secondo le note redatte durante il rituale, Emma avrebbe parlato in latino, tedesco e altre lingue a lei sconosciute, manifestato forza sovrumana, levitato, vomitato oggetti e rivelato segreti personali dei presenti. Inoltre, la donna, alla classica domanda su quale entità infestasse il suo corpo, aveva affermato di essere posseduta da diversi demoni, tra cui: Lucifero, Giuda Iscariota e addirittura il padre e la zia, ormai defunti.
Il 23° giorno, Emma avrebbe urlato che gli spiriti stavano lasciando il suo corpo, entrando in uno stato di pace tanto da essere dichiarata dai presenti liberata. Padre Riesinger scrisse un dettagliato rapporto, e il caso divenne noto tra i circoli religiosi come una prova documentata di vera possessione.
Ovviamente questo caso alimentò un acceso dibattito perché l’ignoranza dell’epoca andava probabilmente a interpretare come possessione demoniaca sintomi di disturbi psicologici, come schizofrenia ed epilessia temporale, ma il fatto che ci fossero diversi testimoni, tra suore e perfino medici, ha lasciato più di un dubbio sulla reale natura soprannaturale di questo caso.
David Midell decide di fondere il primo esorcismo (nel film Emma è molto giovane) con quello del 1928, evitando così il salto temporale di 16 anni; per il resto, L’esorcismo di Emma Schmidt rimane abbastanza fedele ai fatti storici, anche nella tipologia di manifestazioni demoniache di cui la donna aveva dato dimostrazione.
Quello che si lascia indubbiamente apprezzare del film di Midell è l’asciuttezza: come indica lo stesso titolo internazionale, il film inizia e finisce con il rituale, senza troppi fronzoli mirati ad allungare il brodo. L’esorcismo di Emma Schmidt si concentra sull’hic et nunc, mostrandoci da un unico punto di vista – quello dei due preti che compiono il rito – il susseguirsi degli accadimenti.
Come la filmografia di genere ci insegna, però, l’accostamento di due diversi esorcisti implica il fatto che ci siano due approcci differenti al caso di presunta possessione demoniaca. Il giovane parroco, interpretato da Dan Stevens, avrà un metodo più scettico, contenuto, quasi scientifico; mentre il vecchio sacerdote, a cui dà volto Al Pacino, non ha dubbi che ci sia il Diavolo dietro e lo affronta a brutto muso senza mai titubare. Forse è questa dicotomia l’unica vera concessione alla fictionalizzazione della Storia, con nessi e annessi traumi non troppo approfonditi nel passato degli uomini di Chiesa sui quale deve far leva il subdolo demonio che infesta il corpo della giovane.
Però l’essere documentativo e quasi realistico nella descrizione della possessione demoniaca è anche un limite per L’esorcismo di Emma Schmidt. Il film ha una struttura abbastanza ripetitiva, scandita dalle sessioni del rituale, in cui ogni volta c’è una manifestazione più violenta ed eclatante del Maligno. Nonostante questo crescendo, il film è costantemente col freno a mano tenuto e ogni volta che il Male sembra esplodere, il rituale termina, lasciando l’appassionato di horror con un senso di frustrante privazione. Giusto nel finale abbiamo un climax leggermente più votato alla spettacolarizzazione, ma nulla a che vedere con quello a cui tanto cinema post-L’esorcista ci ha abituato.
E così, tra momenti topici visti e rivisti in ogni horror esorcistico, la voglia di rimanere coi piedi per terra negando l’effetto spettacolare, e un ritmo un po’ compassato inficiato dalla ripetitività strutturale, L’esorcismo di Emma Schmidt non è esattamente quel tipo di horror esorcistico capace di segnare il filone a cui appartiene. Piuttosto, c’è il rischio concreto che possa presto finire nel dimenticatoio perché, a conti fatti – Al Pacino a parte – non ha troppi elementi per occupare uno spazio d’onore nella memoria del genere horror.
L’esorcismo di Emma Schmidt – The Ritual arriva nei cinema italiani, in anteprima mondiale, il 29 maggio 2025 distribuito da Midnight Factory per Plaion Pictures.
Roberto Giacomelli
PRO | CONTRO |
|
|
Lascia un commento