L’Eternauta: quando la qualità arriva nel momento sbagliato

In questo superbo e osannato quarto di secolo, nonostante la sconfinata disponibilità di informazioni, solo una ridicola percentuale ha avuto il privilegio di conoscere a suo tempo L’Eternauta, fumetto scritto da Héctor Germán Oesterheld e disegnato da Francisco Solano López. Mettendo da parte la storia personale, e anche troppo pubblicamente sponsorizzata, dell’ideatore del fumetto – ovvero un martire politico, insieme a tutta la sua famiglia – non possiamo non rendere omaggio alla sua opera con un’analisi più onesta che mai.
L’Eternauta è un graphic novel che fece la sua prima comparsa il 29 settembre 1957 sulla rivista Hora Cero Semanal dell ‘editore Editorial Frontera, e che in pochissimo tempo riuscì a farsi riconoscere come capolavoro in mezzo alla sconfinata e notevole produzione statunitense, franco-belga, italiana e nipponica. Così, dopo aver navigato per anni nei sogni e nei cuori degli appassionati di tutto il mondo, finalmente, la sua incarnazione seriale, è approdata nel catalogo Netflix lo scorso 30 aprile, con la regia di Bruno Stagnaro e la sceneggiatura di Ariel Staltari.
L’ambientazione è stata riadattata all’epoca contemporanea ma niente di tutto ciò scalfisce la qualità del prodotto originale, anzi, fornisce a esso una patina più attuale che mai. Nella Buenos Aires dei tempi d’oggi sembra una comune giornata, tanto che nel prologo vediamo tre allegre comari bagordeggiare in barca a vela, ma qualcosa va storto. Come in ogni ricorrente giorno della settimana, il nostro protagonista Juan Salvo (Ricardo Darin) va a casa dei suoi amici di vecchia data per passare del tempo in maniera spensierata, quando all’improvviso, manco fossero in Stranger Things, si rendono conto che la neve che cade dal cielo porta con sé degli esiti nefasti. A Juan Salvo non resta dunque che ricongiungersi con la propria moglie Elena (Carla Peterson) e la figlia Martita (Orianna Cardenas), diventare il leader della combriccola formata da Favalli (Marcelo Subiotto), Herbert (Claudio Martinez Bell) e Polsky (Cesar Troncoso) e magari cercare di salvare il mondo da una palese invasione aliena.
L’Eternauta è uno dei tanti capolavori-caposcuola che devono essere riadattati in un’epoca posteriore alla loro uscita e che, per un pubblico profano, risultano quasi banali all’interno di un catalogo che nemmeno esisterebbe se essi stessi non fossero stati divulgati decenni prima. In un alternativo 1990 la serie sarebbe stata I segreti di Twin Peaks del genere fantascientifico, ma nell’epoca odierna consiste “solo” nell’ultimo grande progetto di Netflix, destinato a essere incensato nei discendenti di quelli che furono i cari e vecchi blogs per nerd.
In L’Eternauta a farla da padrone è il taglio realistico della regia – a cui manca solo il famigerato unico piano sequenza di Adolescence per essere ancora più credibile – e, cosa ancora più ammirevole, la fedeltà alle atmosfere del fumetto. Infatti, la magica suggestione incarnata dalle tavole di López consisteva nella resa grafica della letale nevicata che metaforicamente ricordava tanto l’oppressione politica dell’Argentina degli anni ’60. Nella serie tv quell’idea di impotenza è ricreata in un contesto quasi filologico: dall’alto della loro bravura gli interpreti si muovono a piccoli passi in un paesaggio immobilizzato, in cui ogni piccolo gesto risalta come slancio di vita dentro un contesto mortifero.
Juan Carlo, circondato da minacce aliene e politiche, si stringe addosso ai suoi affetti più cari, mettendo alla prova relazioni vecchie di decenni e soprattutto ideali nobili ma evanescenti.
Le dinamiche narrative cercano in tutti i modi di essere più verosimili possibili ma lo spettatore, pur ammirando l’impegno del cast e della direzione artistica, non può non ripensare alle scene più iconiche di The Walking Dead e ai suoi numerosi emulatori. La stessa cornice contemporanea che fa di queste puntate qualcosa di già visto, serve anche ad accendere la curiosità dello spettatore, il quale non smetterà mai di chiedersi cosa avrebbe fatto al posto dei protagonisti. Pertanto, la costruzione dei caratteri non riserva niente di innovativo ma risponde ottimamente alle aspettative che, dopo varie maratone, sorgono inconsciamente nell’animo dei vari bingewatcher.
Il valore intrinseco di L’Eternauta risiede quindi nel suo intento di dare inizio a un nuovo filone di produzioni fantascientifiche non statunitensi, che possano trascinarsi dietro riedizioni o riscoperte di progetti, cartacei e non, che aspettano di divenire ancora più cult di quello che erano già. Da un punto di vista culturale, è forse la prima volta che un paese ispanofono riesce ad attirare così tanto l’attenzione su un prodotto che non comprenda toni trash e contenuti spensierati, sicché si spera in un nuovo inizio per tutti quei capolavori dimenticati anche dai più aficionados.
Netflix ci informa che la serie è stata rinnovata per una seconda stagione, l’intento di Oesterheld quindi, dopo sessant’anni, ha ancora la possibilità di attraversare le impervie barriere della storia e portare per il web il suo messaggio di fratellanza e resilienza.
Ilaria Condemi de Felice
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