Longlegs, la recensione

Da una decina d’anni a questa parte, forse meno, il cinema horror ha ramificato funzionalmente i suoi tentacoli acchiappando anche quel pubblico che solitamente questo genere lo snobbava. Un tempo, la frangia più spudoratamente autoriale dell’horror compariva con parsimonia lasciando quasi sempre il segno: erano i tempi di Nicolas Roeg e il suo A Venezia un dicembre rosso shocking, Werner Herzong e la personalissima versione di Nosferatu o Andrzej Żuławski e il suo inquietante Possession. Poi quella branca dell’horror più autoriale, a terzo millennio avviato, è diventata trendy dando vita a un vero proprio filone che oggi definiamo horror arthouse.

Ari Aster e Robert Eggers ne sono i maggiori esponenti, ma qua e là ne spuntano notevoli esempi che possono assumere le sembianze di un The Neon Demon di Nicolas Winding Refn, Thelma di Joachim Trier, Raw e Titane di Julia Ducournau, Lamb di Valdimar Jóhannsson, perfino il disturbante La casa di Jack di Lars Von Trier. Tutti titoli che hanno a loro modo lasciato il segno. Ma va reso atto al buon Osgood Perkins, classe 1974, che oltre ad essere stato uno dei precursori dell’horror arthouse con l’inquietante ed ermetico February nel 2015, è anche uno dei più perseveranti e attivi nel filone.

Figlio del grande Anthony, iconico Norman Bates per Hitchcock, Osgood Perkins ha diretto nella sua carriera solamente horror arthouse visto che a February hanno fatto seguito l’ancora più ermetica ghost story Sono la bella creatura che vive in questa casa e la disturbante e stilosissima fiaba macabra Gretel e Hansel.

E arriviamo a Longlegs che non solo rinforza questa visione fortemente autoriale del cinema dell’orrore che Perkins ha impugnato, ma è stato un imprevisto e imprevedibile successo al botteghino, incassando in poche settimane la bellezza di quasi 110 milioni di dollari (senza essere ancora uscito su tutti i territori mondiali) con un budget di appena 10 milioni.

Ma cosa ha reso Longlegs un successo di pubblico, oltre che di critica? Probabilmente un azzeccato connubio tra stile, interpreti di culto (Maika Monroe e Nicolas Cage), storia semplice ma intrigante, marketing accattivante e, soprattutto, la capacità di risultare disturbante ricorrendo esclusivamente all’atmosfera.

Dopo un prologo ambientato negli anni ’70, l’azione del film si sposta nei primi anni ’90 quando la giovane agente dell’FBI Lee Harker dimostra di possedere un intuito particolare nel risolvere i casi di omicidio, forse legato addirittura a una sorta di chiaroveggenza. Per questo motivo, ad Harker viene assegnato un caso irrisolto che l’FBI si sta trascinando da vent’anni e che ha interessato tutto lo Stato dell’Oregon: omicidi- suicidi apparentemente senza connessione in cui, sul luogo del delitto, veniva trovata una lettera con uno strano codice mai decifrato e la firma ‘Longlegs’. Riuscirà Lee Harker a decifrare quei codici e trovare un legame tra questi crimini? E, soprattutto, chi o cosa è Longlegs?

Come si può evincere dalla sinossi, Longlegs non è un horror nel senso più puro del termine ma trova una sua identità più che altro nel genere thriller/poliziesco. Eppure, Perkins, che invece è un fan del soprannaturale, riesce a fare del suo film un horror da manuale non solo perché riesce comunque a ficcarcelo il soprannaturale in maniera tanto subdola quanto ingegnosa, ma soprattutto perché gli infonde un’atmosfera mortifera e inquietante come pochi altri film negli ultimi tempi.

L’indagine dell’agente Harker, interpretata da una Maika Monroe bravissima, forse all’apice della sua carriera, è cadenzata da eventi diabolici che si rivelano a mano a mano che la lungimirante poliziotta riesce a trovare indizi e risolvere enigmi fino a dar vita a un enorme disegno che mette la pelle d’oca. Perkins, autore anche del soggetto e della sceneggiatura, riesce a trovare una serie di espedienti davvero disturbanti che pescano tanto nell’immaginario horror mainstream (bambole malefiche, omicidi a colpi d’ascia) quanto in quello satanico. Ad oggi, nel campo del cinema indirizzato alle masse, infatti, Longlegs è uno dei titoli che meglio riescono rendere l’idea di “malvagità” intesa attraverso una visione misoteista dell’ignoto divino. Perché l’autore lascia intendere che c’è qualcosa di estremamente potente e non umano a tessere i fili della vicenda e questo essere, questa forza, di certo non è benevolo!

Aggiungiamo anche una cura estetica maniacale, tipica del cinema di Perkins, fatta di inquadrature geometriche, elementi subliminali nascosti nelle scene, uso narrativo della luce e il quadro è completo. Anzi no, manca un elemento fondamentale, l’altro lato della medaglia attoriale di culto, Nicolas Cage, irriconoscibile nel volto e nella voce, che mixando l’eccesso estetico con il minimalismo recitativo dà vita a un villain davvero iconico e dannatamente inquietante.

Potrebbe non piacere Longlegs, sia a chi cerca altro dal cinema horror e ingannato dalla pubblicità non trova squartamenti e mostri tentacolari, sia a chi l’arthouse comincia a star stretto, ma se riuscite a entrare nel mondo distorto e ipnotico creato da Osgood Perkins, questo film riesce a disturbare come pochi e si insinua sottopelle non abbandonandovi per giorni.

Dopo essere stato presentato in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma, Longlegs arriva nei cinema dal 31 ottobre grazie a Be Water Film.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • La solita cura estetica di Osgood Perkins.
  • Risulta davvero inquietante e disturbante, forse uno dei film satanici più riusciti di sempre.
  • Maika Monroe e Nicolas Cage.
  • Dovete essere preparati al fatto che Longlegs è un film che si prende i suoi tempi e non fa nulla per piacere ai fan dell’horror più truce.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Longlegs, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

3 Responses to Longlegs, la recensione

  1. Fabio ha detto:

    Visto al cinema ieri sera e mi è davvero piaciuto, un film malato, angosciante come non se ne vedevano da tempo e il mitico Cage sta volta si è superato, il suo villain ti si insinua sotto la pelle, pur avendo poco minutaggio (peccato per me meritava qualche scena in più) resta davvero in modo indelebile nella mente dello spettatore.
    Bravissima pure Maika Monroe, a tutti gli effetti una nuova scream queen.

    Ottima la regia di Osgood Perkins, ha un modo di inquadrare la scena, usare la cinepresa davvero eccellente.

    Per me come voto è un 7,7, avrei arrotondato a 8 se solo longlegs avesse avuto più tempo sullo schermo e se si fosse spiegato qualcosa in più su di lui, ok il mistero, ma secondo me meritava un pò di background, però nel complesso molto soddisfatto!!!!!

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    Valutazione: 4.0/5 (su un totale di 1 voto)
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    Valutazione: +2 (da 2 voti)
    • DarksideCinema ha detto:

      Che dici, vogliamo un prequel ambientato negli anni ’70 tutto incentrato sul Lomglegs di Cage? Regista Patty Jenkins o Greta Gerwing… no scherzo, solo Perkins potrebbe rimetterci mano!

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      Valutazione: 5.0/5 (su un totale di 1 voto)
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      • Fabio ha detto:

        ahahahahah non sarebbe male in effetti, però si solo il buon Osgood, quelle altre due vade retro, farebbero un longlegs woke 🙁

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        Valutazione: 5.0/5 (su un totale di 1 voto)
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