M – Il Figlio del Secolo, la recensione della miniserie su Benito Mussolini

Il Fascismo, una creatura bellissima, fatta di sogni, di ideali, di coraggio, di cambiamento che conquisterà milioni e milioni di cuori. Sono sicuro anche i vostri. Seguitemi, anche voi mi amerete. Anche voi diventerete fascisti!

È con queste parole che termina il bellissimo monologo d’apertura di Luca Marinelli, aka Benito Mussolini, un monologo votato al fomento e recitato direttamente allo spettatore, guardando in macchina, abbattendo dunque quell’immaginaria quarta parete (alla Frank Underwood maniera, ovvero il Kevin Spacey di House of Cards) e invitando pertanto chi guarda a comprendere le ragioni che hanno portato alla nascita del movimento fascista e a subirne il fascino. Si apre così M – Il Figlio del Secolo, l’ultima e attesissima serie di Sky Atlantic, tratta dall’omonimo romanzo di Antonio Scurati e affidata interamente – 8 puntate da 60 minuti l’una – nelle mani dell’inglese Joe Wright (Espiazione, Anna Karenina, L’ora più buia, Cyrano).

Scritto nel 2018, e vincitore nel 2019 del Premio Strega, M – Il Figlio del Secolo di Antonio Scurati viene considerato il primo romanzo storico interamente dedicato alla figura di Benito Mussolini. La storia raccontata – che di certo non necessita di troppi dettagli o approfondimenti – è quella della nascita del movimento fascista e dell’ascesa al potere del suo leader Benito Mussolini. Dunque, in modo più specifico, la narrazione abbraccia l’arco temporale che va dal 1919, anno di fondazione dei Fasci italiani di combattimento, al 3 gennaio del 1925, ovvero il giorno in cui si tenne in Parlamento il discorso di Benito Mussolini (discorso alla Camera dei Deputati circa il delitto di Giacomo Matteotti) che viene dagli storici considerato come il vero inizio del ventennio fascista in Italia.

Questa è la storia narrata nel romanzo di Scurati (primo volume di una serie di quattro romanzi), questa la storia narrata nella serie prodotta da Sky, diretta dal talentuoso Joe Wright e disponibile per la messa in onda televisiva (Sky Atlantic) a partire dal 10 gennaio 2025 dopo essere stata presentata in anteprima assoluta all’81ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.

Ciò che sta facendo Sky per la serialità italiana ha dell’incredibile e credo che su questo possiamo essere tutti più o meno d’accordo. Guardando evidentemente al modello americano della HBO, infatti, Sky ha intrapreso ormai da una decina d’anni un processo produttivo votato indiscutibilmente alla qualità, cercando perciò di abbattere quel muro invisibile che ha da sempre tenuto ben separate le produzioni cinematografiche da quelle televisive. In Italia, infatti, ancora nessun’altro è riuscito ad avvicinare la qualità televisiva a quella cinematografica, ponendo quindi il piccolo schermo come un’alternativa al grande schermo anziché un contenitore meno prestigioso. Negli ultimi dieci anni è stata Sky ha portare sul mercato nazionale (e internazionale) i primi esempi di serialità moderna d’autore come The Young Pope di Paolo Sorrentino, We Are Who We Are di Luca Guadagnino e solo di recente la divisiva Dostoevskij dei Fratelli D’Innocenzo.

Con M – Il Figlio del Secolo si compie definitivamente il passo decisivo e si porta la serialità verso un traguardo ulteriore che, almeno in Italia, pare non essere consentito neppure all’arte cinematografica. Prodotta da Lorenzo Mieli, alla guida di una collaborazione Italia-Francia e che coinvolge Sky Studios, The Apartment Pictures, Pathé e Small Forward Productions, e con un budget complessivo di quasi cinquanta milioni, M – Il Figlio del Secolo è un’operazione produttiva enorme, ambiziosa come poche e indubbiamente senza precedenti nella recente Storia italiana delle produzioni destinate al piccolo schermo.

E d’altronde, a volerci pensare bene, era forse una scelta a dir poco obbligata quella adottata da Mieli. La magnificenza produttiva era l’unica via sensata per rendere davvero attraente questo progetto. Si, perché è vero che M racconta alcune pagine di Storia che sono incredibilmente importanti per l’identità nazionale del nostro Paese (è evidente e lo sappiamo tutti che l’Italia non è ancora riuscita a scendere a patti con il suo trascorso fascista), ma è anche vero che il ventennio fascista è stato già raccontato, sia dal grande che dal piccolo schermo, così tante volte e sotto qualsiasi punto di vista che il senso di déjà-vu poteva essere davvero dietro l’angolo.

La scelta di affidare una storia così tanto italiana nelle mani di un regista britannico è stata più che mai vincente. Ancor meglio considerando che “le mani” sono quelle di un regista come Joe Wright, maniacale nei confronti della messa in scena e dotato di un piglio narrativo che sa coniugare in modo abilissimo l’intrattenimento popolare con la forma espressiva figlia di certo cinema d’autore. E infatti M – Il Figlio del Secolo è esattamente questo: una serie che visivamente riesce a lasciare senza parole, curata nei minimi dettagli estetici e capace di spingere verso l’eccellenza alcuni reparti come scenografia, costumi e trucco. Una serie dotata di un respiro molto personale (si sente tanto che mani e testa sono della stessa persona che ha condotto all’Oscar Gary Oldman nei panni di Winston Churchill), che vuole dimostrare tanto in ogni sequenza del racconto ma che, al tempo stesso, rifugia in una narrazione per lo più ritmata e che fonde in modo intelligente l’impianto estetico classico con un carattere narrativo squisitamente moderno.

Dunque, Joe Wright si dimostra la scelta vincente sul piano artistico ma possiamo dire lo stesso anche sotto il profilo del coinvolgimento personale all’interno della vicenda. Si, perché M – Il Figlio del Secolo non vuole essere un racconto documentaristico sulla nascita dei Fasci italiani di combattimento e sull’ascesa al potere di Benito Mussolini e del fascismo. Quella diretta da Wright è una serie che si serve di Mussolini e di quel preciso contesto storico per portare in scena un racconto cinematografico (di televisivo c’è solo la destinazione) che riflette sul potere, sulle strategie di controllo e su quanto possa essere semplice (e divertente!) prendersi un Paese partendo dal basso, dagli ultimi, fomentando quelli che non hanno più niente da perdere (“[…] è con il materiale scadente, con gli ultimi che si fa la Storia. Si attizza la loro rabbia, li si mettono in mano le bombe e le rivoltelle e con loro farò la rivoluzione!” per citare ancora una parte del significativo monologo d’apertura di Benito Mussolini).

Vedendo M – Il Figlio del Secolo si percepisce forte, fortissimo, l’attaccamento di Wright verso un preciso modello cinematografico gangsteristico. Spesso e volentieri infatti, soprattutto nel momento in cui ottiene l’accesso alla Camera dei Deputati, il Benito Mussolini raccontato da Joe Wright sembra scritto sul modello di quel monumentale Al Capone interpretato da Robert De Niro ne Gli Intoccabili di Brian De Palma. E quel capolavoro diretto da De Palma nel 1987 sembra essere stata una reference continua per il regista, anche per il modo in cui vengono descritti i caratteri di certi Fasci italiani da combattimento o nella maniera in cui sono state orchestrate determinate scene della serie (una su tutte sembra quasi costruita sul modello della famosa scena nella stazione di The Untouchables).

Ma la modernità con cui Wright decide di guidare l’intero racconto non è data solamente dalle sue reference pulp che sono figlie di un cinema tanto classico quanto pop, ma anche dalla precisa scelta – come anticipato in apertura – di abbattere la quarta parete facendo sì che Mussolini possa dialogare con lo spettatore di continuo. Non solo come Frank Underwood, molto più di lui. Soprattutto le prime puntate, infatti, reggono quasi esclusivamente sui monologhi che Benito Mussolini indirizza esclusivamente a chi guarda. In special modo le prime due puntate, che a parere di chi scrive sono anche le più riuscite, hanno quasi il carattere esclusivo della confidenza mirata alla complicità tra Benito Mussolini e lo spettatore. A quest’ultimo vengono confidati i segreti del fascismo, la volontà che si annida dietro ad ogni precisa azione, il pensiero che precede ogni gesto. In questo bizzarro e bulimico dialogo instaurato tra il protagonista e lo spettatore, Benito Mussolini sembra confinato quasi in uno spazio senza tempo che lo mette nella condizione di poter parlare anche con il senno del poi, facendo continui riferimenti non solo a ciò che era in quel periodo ma anche a tutto ciò che sarà e che fa parte del moderno bagaglio culturale dello spettatore (come l’ironico riferimento alla presidenza di Donald Trump).

Senza Joe Wright alla regia, dunque senza un regista così emotivamente distaccato dalla Storia narrata per provenienza geografica, forse non sarebbe stato possibile dare questo carattere così tanto sui generis alla serie. Si sarebbe finiti quasi sicuramente (e forse anche comprensibilmente, chi lo sa?!) per fare becera retorica, o da una parte o dall’altra.

Ma è proprio questo carattere così tanto importante che Wright ha voluto donare alla sua opera a fare di M – Il Figlio del Secolo un prodotto che sa essere vincente e perdente al tempo stesso. In una maniera su cui è interessante riflettere.

Raccontare l’ascesa al potere di Benito Mussolini in un prodotto cinematografico che riesce ad essere fedele nella storicità degli eventi ma così tanto moderno per messa in scena (a tratti, il racconto assume quasi i connotati di un fumettone per quanto si spinge sopra le righe e per quanto ibrida i linguaggi) pone Wright nella condizione di raccontare il fascismo in modo abbastanza inedito. Nei primi minuti della prima puntata ci viene esplicitamente chiesto di simpatizzare con Mussolini, anzi, lo stesso Benito è convinto che alla fine della visione anche noi che guardiamo ci (ri)scopriremo fascisti.

Il carattere è dichiaratamente tanto provocatorio quanto efficace, soprattutto nell’ottica di un prodotto audiovisivo che sembra voler sfidare le regole della morale. Perché M – Il Figlio del Secolo, soprattutto grazie alla magnifica fotografia firmata da Seamus McGarvey, ci porta in un’Italia post-bellica costantemente crepuscolare e soffocante. Un’Italia buia, in cui sembra non esserci mai la luce del sole, in cui la ragione sembra essere ancora intrappolata sotto le macerie lasciate dal primo conflitto mondiale. Quella che ci racconta Wright, e in cui si muove Mussolini, è perciò un’Italia totalmente in balia della confusione e della paura ereditata dalla guerra. In uno scenario così tanto pessimista e spaventoso, invitare lo spettatore a simpatizzare per Benito Mussolini diventa una scelta più che mai audace ed efficace. È questa l’occasione, finalmente, per raccontare in modo originale e graffiante la nascita del movimento fascista facendo appello a tutta quella sanguinosa violenza da cui ha preso forza e vigore il movimento in quegli anni lì.

Perché al di là di qualsiasi pensiero politico attuale, che non ci interessa in questa sede, quelli erano anni di paura e oppressione, non dimentichiamolo mai. Ed è perciò giusto raccontare quel periodo, quei personaggi, facendo appello ad una narrazione senza troppi filtri e non addomesticata/condizionata dalla morale moderna.

E invece, un po’ come accade spesso quando si racconta il movimento fascista (tante volte raccontato come fosse il cugino stupido del nazismo), anche in M – Il Figlio del Secolo questo racconto sui generis finisce presto per diventare un boomerang senza ritorno. Pur ponendolo al centro del racconto e nonostante l’invito a simpatizzare con lui (che in molte situazioni va persino a segno), Joe Wright mette in scena un racconto del Duce in cui si finisce per dipingerlo come una “simpatica canaglia”. Un uomo subdolo e contraddittorio (bellissima la frase “sono stato sempre coerente: ho tradito tutti!”), accecato dal potere, ma in fondo in fondo un po’ un coglione di cui vale la pena ridere.

Un uomo di cui ridere, dunque.

Una scelta strana che ci viene esposta sin da subito, persino enfatizzata tra la fine della prima puntata e l’inizio della seconda, ma che in prima battuta accettiamo di sposare volentieri poiché tutto ci suggerisce che seguiranno momenti di indicibile ferocia e violenza. La delusione prende perciò piede piano piano, con il progredire delle puntate, quando scopriamo che l’aspetto più rabbioso e cattivo della nascita del movimento fascista, quello che dovrebbe far paura, si è preferito lasciarlo fuori dalla narrazione per concentrarsi maggiormente sull’aspetto un po’ goffo e gigionesco del Duce. Come il momento cruciale per l’ascesa al potere del Fascismo dato dalla corruzione delle elezioni, con voti comprati a suon di violenza e intimidazione. Un momento importante (ed anche cinematograficamente interessante, viste le reference del regista) su cui sarebbe stato giusto e doveroso concedere più spazio anziché correre così tanto per poi dilungarsi su situazioni meno utili alla causa.

In linea generale possiamo attribuire ad M – Il Figlio del Secolo uno sbilanciamento narrativo importante che rende la serie quasi scissa in due parti abbastanza nette come fossero dirette da due registi differenti. La prima parte (ovvero le prime quattro puntate) è sicuramente quella più riuscita, dinamica e frizzante, travolta da un ritmo sostenuto e accompagnato da un dialogo con lo spettatore così tanto massiccio da risultare davvero immersivo. Pur con i suoi momenti di ironia a volte fuori posto, le prime quattro puntate di M sono davvero riuscite e coinvolgenti. Nella seconda parte invece (dunque le ultime quattro puntate), nel momento in cui il movimento fascista entra ufficialmente in Parlamento, la serie di Joe Wright abbraccia un considerevole percorso di stanca che non riesce nemmeno ad essere ravvivato dal tragico caso dell’omicidio Matteotti. Il ritmo rallenta in maniera vertiginosa, si perde la frizzantezza, i dialoghi si fanno sempre più didascalici e la narrazione abbraccia una certa ripetitività che sembra voler deresponsabilizzare il Duce per ciò che sta accadendo.

Ecco, una scissione così netta tra le prime e le ultime quattro puntate non ce l’aspettavamo di certo. Anche perché, considerato appunto l’arco temporale narrato, ci saremmo aspettati di arrivare all’ultima puntata in preda ad una certa frenesia e non accompagnati da questa stanchezza ritmica che stona sia con gli eventi narrati che con la prima parte del racconto.

Discorso a parte deve essere fatto per il cast.

Ha fatto parlare tanto il casting di M – Il Figlio del Secolo ma soprattutto ha fatto parlare la scelta (direi scontatissima) di Luca Marinelli nei panni del Duce. In questo preciso momento storico che stiamo vivendo in Italia, infatti, molto probabilmente se Marinelli avesse rifiutato la parte la scelta sarebbe ricaduta su Alessandro Borghi o Pierfrancesco Favino. Come se in Italia ci fossero solo questi tre attori a potersi contendere ruoli di spessore. Quindi una scelta un po’ facile che non ci ha colpito più di tanto se non per la sincera curiosità di vedere i miracoli del reparto make-up per avvicinare la fisicità di Marinelli a quella di Benito Mussolini. Ingrassato di oltre venti chili e con un lavoro di trucco pazzesco (eseguito da Aldo Signoretti e dal team di Marco Pompei), Luca Marinelli è riuscito nell’impresa di far aderire la sua fisicità a quella di Benito Mussolini in un convincente lavoro di make-up che sfugge alla spiacevole morsa del “Tale e quale Show”. Se il lavoro svolto sul look ha dell’incredibile, appaga molto meno la performance attoriale di Luca Marinelli che, pur dando tutto sé stesso e reggendo l’intera serie sulle proprie spalle, non riesce mai a creare fino in fondo l’illusione del Duce. Per tutte le puntate, per l’intera durata della serie, si ha sempre l’impressione di avere in scena Marinelli che interpreta Benito Mussolini, anche a causa di uno scimmiottamento un po’ macchiettistico dell’accento romagnolo, e dunque la fusione tra l’attore e il suo personaggio non può dirsi riuscita al 100%.

Completano il cast attori più e meno noti del panorama italiano, tra i quali si distinguono su tutti l’incredibile Paolo Pierobon nel ruolo di Gabriele D’Annunzio (forse il ruolo più riuscito tra tutti), Barbara Chichiarelli nel ruolo dell’amante e burattinaia Margherita Sarfatti e il bravo Francesco Russo nel ruolo del braccio destro del Duce Cesare Rossi, un personaggio complesso e stratificato, forse il più tridimensionale di tutta la storia e anche quello che rimane più nella memoria alla fine della stagione.

Insomma, M – Il Figlio del Secolo è un’opera gigantesca e probabilmente senza eguali nell’attuale panorama produttivo italiano. Un’enorme epopea dedicata all’avvento del fascismo, un prodotto seriale che non ha davvero nulla da invidiare al cinema internazionale e che dunque dimostra che il detto volere è potere può essere applicato anche alle produzioni nostrane. Peccato solo che la perfezione ravvisabile nella messa in scena non può essere ritrovata anche nella scrittura a causa di uno sbilanciamento del ritmo e ad un tono narrativo che spesso pende troppo verso la commedia.

Speriamo di poter vedere al più presto anche la seconda stagione che, stando sempre all’opera di Scurati, dovrebbe abbracciare l’arco temporale che va dal 1925 al 1932 (il romanzo è M – L’uomo della Provvidenza).

Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
  • La volontà di attivare una macchina produttiva enorme per portare in scena, finalmente, un racconto seriale che può davvero essere competitivo sul mercato internazionale.
  • Nella messa in scena, M – Il Figlio del Secolo è un lavoro pazzesco.
  • Lo stile di Joe Wright, tanto classico quanto moderno e pop.
  • Scenografia, costumi e trucco mirano all’eccellenza.
  • Nell’insieme, il ritmo delle puntate è sbilanciato con le ultime quattro che diventano inspiegabilmente troppo fiacche e ripetitive.
  • Si eccede nella commedia, ridicolizzando spesso Mussolini e dunque perdendo di efficacia (visto il mood del racconto).
  • Malgrado il lavoro perfetto di make-up, Luca Marinelli resta troppo presente nella sua interpretazione di Mussolini.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 6.5/10 (su un totale di 2 voti)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
M - Il Figlio del Secolo, la recensione della miniserie su Benito Mussolini, 6.5 out of 10 based on 2 ratings

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.