Mio figlio, la recensione

Reduce da diversi drammi storici, tra cui L’affaire Farewell e Joyeux Nöel, il regista e sceneggiatore Christian Carion si dedica a tutt’altro genere, il thriller, nell’accezione del “revenge movie” e per portare al cinema Mio figlio, si avvale della collaborazione del sodale Guillaume Canet.
Presentato in concorso alla Festa del Cinema di Roma 2017, Mio figlio racconta la vicenda di Julien, un padre separato dalla moglie Marie, che viene a sapere che Mathys, il figlio di sette anni, è scomparso durante la notte, mentre era in un campo invernale sulle Alpi con i compagni di scuola. L’attuale compagno di Marie sembra completamente disinteressato alla vicenda e la polizia brancola nel buio, allora Julien si mette in prima persona alla ricerca di Mathys, arrivando a una sconcertante verità…
Potremmo definire quella di Christian Carion una versione autoriale del celebre action con Liam Neeson Taken – Io vi troverò, in cui tutta la componente “coatta” viene epurata in favore di una minuziosa ricerca del realismo. Infatti quello che stupisce di Mio figlio è la verosimiglianza dell’intera vicenda che ci rende partecipi di un enorme dolore dal punto di vista di un padre che brancola letteralmente nel buio.
Così come Julian – che, ci teniamo a sottolineare, è un uomo qualunque senza alcun tipo di preparazione militare – anche lo spettatore non ha alcun tipo di informazione sulla vicenda e scopre elementi a poco a poco, insieme al protagonista, cercando di costruire un puzzle in maniera decisamente ardua.
Questo accresce il senso del mistero e il coinvolgimento dello spettatore, che riesce davvero a temere per la sorte del piccolo Mathys; ma allo stesso tempo va contro il puro senso dell’intrattenimento, componente essenziale di questa tipologia di film. Infatti nella prima lunghissima parte di Mio figlio, quando Julian è ancora all’oscuro di tutto e comincia timidamente a intraprendere l’indagine da solo, il film sembra stentare a decollare, cercando piuttosto di documentare la quotidianità di un uomo nel tentativo di ricostruire il rapporto ormai frantumato con la moglie. E possiamo affermare con tutta sicurezza che in Mio figlio quello che meno funziona è proprio l’aspetto dei rapporti famigliari e sentimentali, definiti in maniera sfuggente oppure con quella punta di patetismo che francamente avremmo evitato.
L’ottimo Guillaume Canet interpreta il protagonista Julien, un padre apprensivo e allo stesso tempo impotente davanti al susseguirsi degli eventi che lo mettono faccia a faccia col dolore di aver perso un figlio e il mistero che si cela dietro la sua scomparsa. Quello che accade attorno alla vicenda, a partire dall’inadempienza delle forze dell’ordine, è routine da thriller, una routine che comunque funziona proprio nella sua semplicità, per quell’alone di già visto. Una ricerca spasmodica, il pericolo in agguato, lo scontro fisico, la violenza esibita. Sono le basi per raccontare questo tipo di storie e Carion le rispetta.
Non un film imprescindibile, dunque, ma comunque un solido thriller minimalista e intimista che punta tutto sull’approccio realistico e sull’ottimo protagonista.
Roberto Giacomelli
PRO | CONTRO |
|
|
Lascia un commento