Moonfall, la recensione del nuovo disaster movie di Roland Emmerich
Independence Day, Godzilla, The Day After Tomorrow – L’alba del giorno dopo, 2012. Con questi titoli in curriculum, Roland Emmerich è il Re indiscusso del disaster movie, del blockbuster a base di catastrofe e distruzione. Una carriera fatta di successi, a cui vanno aggiunti gli imprescindibili Stargate e Il patriota, che mostra una continuità tematica di notevole caparbia di genere, ma anche una fossilizzazione su un tipo di cinema che oggigiorno non sembra più di appeal assicurato per il pubblico. Il flop internazionale di Moonfall, nuova fatica del “nostro”, ne è il lampante esempio, che segue l’altrettanto disastro al botteghino di Independence Day – Rigenerazione di sei anni fa. Ma cosa sta accadendo alla stella luminosa di Roland Emmerich? Innanzitutto, a guardare Moonfall – dal 17 marzo 2022 nei cinema italiani – è immediatamente chiaro che quel che manca negli ultimi disaster movie del regista di origini tedesche è la qualità di scrittura e di esecuzione.
2011. Una missione spaziale a cui prendono parte gli astronauti Jocinda Fowley e Brian Harper finisce in tragedia con la morte del collega Alan Marcus, trascinato lontano dallo shuttle da un misterioso sciame meteoritico di origine sconosciuto. Al rientro sulla Terra, Harper, che era al comando della missione, viene congedato per negligenza e lascia la NASA, ma è anche l’inizio della sua personale discesa nel baratro che coinvolge la sua situazione famigliare. Dieci anni dopo, K.C. Houseman, che di mestiere lavora in un fast food ma ha competenze di astrofisica e ingegneria aerospaziale, nota che la traiettoria lunare negli ultimi anni ha modificato il suo corso abituale e sta mutando sempre più repentinamente con il risultato che nel giro di poche settimane potrebbe provocare un disastro apocalittico. Le sue idee complottiste, secondo le quali la Luna sia in realtà una megastruttura artificiale, non lo rendono credibile agli occhi degli scienziati che cerca di avvisare in ogni modo, finché la stessa NASA si rende conto che la Terra ha i giorni contati. Per questo motivo, in seguito a uno tsunami di proporzioni gigantesche, l’agenzia aerospaziale americana organizza in fretta e in furia una missione sulla Luna per cercare di riallineare la traiettoria del satellite, una missione affidata proprio a Jo Fowley, che è in possesso di informazioni governative riservate, Ben Harper, unico in grado di affrontare un viaggio di questo tipo, e K.C. Houseman.
Se verrebbe naturale ironizzare sul fatto che Moonfall più che un film catastrofico è una catastrofe di film, è impressionante constatare che i 150 milioni di dollari di budget investiti in questo progetto sono quasi impercepibili, soprattutto se consideriamo i passi da gigante compiuti dalle produzioni hollywoodiane e quello che sono capaci di realizzare con budget anche minori. Moonfall, invece, si avvicina per resa finale paradossalmente a quei film poverissimi nati sull’onda del successo proprio delle opere di Emmerich, quei fanta-catastrofici straight-to-video che per almeno tre lustri hanno invaso i palinsesti delle televisioni via cavo americane. Ma non si tratta solo di un gigantesco passo indietro tecnologico, nonostante gli effetti speciali di Moonfall non sono di qualità concorrenziale, ma anche di una scrittura generale così scadente da far pensare quasi a una parodia del genere a cui il film, invece, appartiene con convinzione.
Indubbiamente la componente ironica c’è, spesso incarnata con cognizione di causa dal personaggio interpretato da John Bradley, un complottista dalle teorie così strampalate da avere invece ragione su ogni cosa, ma nel suo complesso Moonfall appare così sgangherato e illogico da trasmettere un misto di tenerezza e nervosismo. Vi troverete a patire la morte di un personaggio perché si sacrifica per donare il suo ossigeno a un’altra persona per vedere subito dopo, nello stesso contesto, altri personaggi che non rispondono alle stesse regole di mancanza di O²; oppure assisterete al decollo di uno shuttle contro ogni logica scientifica e un suo rientro sulla Terra ancor meno credibile, ma anche a fughe automobilistiche impensabili, personaggi che comunicano telefonicamente mentre la Luna cade letteralmente sulla Terra e una quantità così consistente di esagerazioni, che fatalmente non colpiscono mai i personaggi principali, da mandare la sospensione dell’incredulità completamente a rotoli.
Perché in Moonfall non siamo in territorio iperbolica strizzatina d’occhio allo spettatore come nel cinema di Michael Bay, neanche in zona sgomitata ammiccante alla Fast & Furious, assolutamente no, in questo film siamo solo nei territori della sciatteria, della totale negligenza di scrittura, in cui sembra quasi che si consideri lo spettatore un grosso pesce disposto ad abboccare a qualsiasi scorciatoia narrativa (non) pensabile.
Al di là delle esagerazioni mal gestite e l’approssimazione nelle soluzioni scelte per portare avanti la trama, anche i personaggi non risultano affatto convincenti. La sceneggiatura scritta dallo stesso Roland Emmerich insieme a Spenser Cohen e Harald Kloser si concentra giustamente sul personaggio interpretato da John Bradley – che ricordiamo come Sam Tarly ne Il Trono di Spade – che è un po’ lo sguardo esterno dello spettatore, un nerd simpatico (nonostante appartenga alla categoria dei complottisti da internet) che è tanto personaggio comico quanto eroe, comunque con cui è facile empatizzare. Al di fuori di questo strong character (che comunque tra nonnina a carico che crede in lui e bulli che lo prendono di mira a lavoro arranca nei cliché), il resto dei personaggi principali ha lo spessore di una lastra di ghiaccio che sta per sciogliersi. A cominciare dall’Eroe Americano in cerca di riscatto dopo un periodo di difficoltà, interpretato da un poco carismatico Patrick Wilson, e una mamma di famiglia e allo stesso tempo donna in carriera interpretata da Halle Berry, sempre incredibilmente bellissima. Discorso a parte per Charlie Plummer e il suo adolescente ribelle, un personaggio scritto con la mano sinistra, vecchio nella caratterizzazione e interpretato anche in maniera svogliata. In un cammeo particolarmente inutile abbiamo Donald Sutherland e in un ruolo ultra secondario Michael Peña.
Potenzialmente interessante la svolta fantascientifica, ma nella foga auto-citazionista (Moon 44, Stargate, Independence Day) si finisce per aggiungere troppa carne al fuoco con un pericoloso effetto “già visto” virato in minestrone di situazioni note. C’è anche una citazione a Il mondo perduto – Jurassic Park (Harpeeeerrrr! Ben Harpeeerrr… – Quanti Ben Harper vuoi che ci siano qui?), ma non si capisce fino a che punto sia voluta.
Insomma, il peggior film di Roland Emmerich è probabilmente il canto del cigno di un genere che ci ha deliziati per molto tempo ma che risulta ormai vecchio, lasciando il posto a spettacolari ibridi con altri linguaggi, integrato nel macroscopico settore dell’action e del cinecomic. Dispiace solo che un film così “vecchia scuola”, che avrebbe potuto scatenare l’effetto nostalgia in molti giovani adulti, abbia ricevuto un trattamento produttivo così approssimativo candidandosi a finire presto nel dimenticatoio.
Roberto Giacomelli
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