Nobody Wants This: quello che in realtà vogliono tutti
Lo scorso 26 settembre Netflix ha fatto di nuovo uno dei suoi colpacci pubblicando la prima stagione di Nobody Wants This, serie che promette non solo di diventare un cult ma soprattutto di riscrivere i canoni del genere romance.
Questa ventata di freschezza la dobbiamo a quel vulcano di idee che è Erin Foster, evidentemente non paga di aver inventato Bumble, di essere una podcaster di successo, una produttrice, sceneggiatrice e attrice di incredibile bellezza; ringraziamo dunque il suo presumibile complesso di inferiorità nei confronti di Gigi Hadid, sua sorella acquisita, che potrebbe averla spinta a regalarci una nuova (anti)eroina romantica, la versione più smaliziata e più millenials di Bridget Jones.
A Los Angeles Joanne (Kristen Bell) e sua sorella Morgan (Justine Lupe) vivono assieme in un bell’appartamento e conducono un podcast in cui narrano le loro disavventure sentimentali; tutto sembra procedere per il meglio, tanto che il loro progetto ha attirato le attenzioni di facoltosi finanziatori. Una sera Joanne viene invitata a un dinner party organizzato dalla sua amica Ashley (Sherry Cola) e fa la conoscenza dell’affascinante Noah (Adam Brody); dopo aver flirtato per tutta la serata, Joanne scopre che Noah non solo è appena uscito da una lunga relazione, ma che addirittura è un rabbino.
La ragazza, viste queste premesse, pensa che tra loro non potrà mai funzionare e decide di non contattare più il giovane. Ma, come in ogni commedia romantica che si rispetti, la scintilla scattata tra i due è troppo forte e troppo “bollente” per spegnersi senza nemmeno fare un tentativo.
Nobody Wants This è una serie che grida al binge watching: le dieci puntate da mezz’ora evocano i teen drama dei primi anni Duemila, non a caso hanno ingaggiato gli interpreti di The O.C. e Veronica Mars, di cui mantengono la medesima scorrevolezza e spontaneità; in effetti si potrebbe dire che il prodotto è un new adult drama poiché ha palesemente un target di riferimento che va dai ventidue ai trentacinque anni. Come si è accennato prima, questo prodotto riprende tutti i topoi delle commedie romantiche visti sinora e li rielabora in un contesto più contemporaneo e più “netflixiano” che mai.
Partendo dalle ampie scenografie, abbandoniamo i pub rumorosi, gli hotel e i soffocanti appartamenti che abbiamo visto nei film con la Julia Roberts di turno e ci ritroviamo invece in una soleggiata California in cui la nostra paladina ha come casa un piccolo angolo di paradiso e la sorella-coinquilina che tutti vorrebbero; Joanne si sposta con disinvoltura da un pub all’altro della città e non ha bisogno di avere qualcuno che la riempia di premure, perché ha la sua cerchia di affetti e una schiera sempre più numerosa di followers. La sua relazione con la guida religiosa di una comunità molto bigotta la porta a dover rivedere alcune abitudini (come cancellare il numero dei suoi tromba-amici di fiducia), cosa che prima nelle commedie succedeva solo agli interpreti di sesso maschile.
Joanna si trasforma in un personaggio comico e impacciato proprio quando cerca di fare la fidanzata tradizionale e regala al pubblico alcune “gag di conforto” che non stancano mai di far ridere.
Il nostro Noah è invece un piccolo cucciolo di foca bianca che all’occorrenza sa essere anche un cialtroncello egoista, diviso dalla paura di quello che potrebbero pensare di lui e l’ammirazione per l’esuberanza della sua amata.
Ma siamo ancora solo alla punta dell’iceberg; tenendo conto anche di tutte le storyline secondarie dei personaggi-spalla, come Sasha (Timothy Simons), il fratello meno fico di Noah, e Morgan, la sorella ancor più spumeggiante di Joanna, vediamo che l’impostazione romance è in realtà solo un pretesto per poter tirare fuori tutte le ipocrisie dei valori mainstream: coloro che sembrano delle macchiette imbranate o immature si rivelano, pur con i loro difetti, persone più genuine dei protagonisti, tanto quanto le figure-guida creano solo ostacoli all’affetto sincero tra i due.
In ogni episodio vediamo la coppia di sventurati affrontare i vari steps comuni di tutte le relazioni ma anche i più attuali dilemmi morali: quanto sia “femminista” fare certi tipi di rinunce in nome dell’amore, quanto sia considerato poco “femminista” o poco brillante smettere di criticare tutto ciò che si vede in nome del quieto vivere, o sul chi sia il vero “adultescente”, quello che fa tutto ciò che piace a mamma e papà o quella che adora divertirsi.
Ma la vera punta di diamante di Nobody Wants This consiste nella chimica tra i due piccioncini: pur con le loro diversità caratteriali e i propri dilemmi, riescono a instaurare un rapporto così sano da fare diventare verdi di invidia; la mascolinità di Noah si esprime nel suo voler prendere i problemi di petto e in questo la sua fede religiosa è un elemento positivo non indifferente, al tempo stesso l’innato sarcasmo di Joanna le consente di esprime ogni perplessità e dare vita a dialoghi costruttivi.
Dunque, gli sceneggiatori sono finalmente riusciti a limare quell’irrealistico didascalismo netflixiano che ha causato l’interruzione di tante serie tv e ci hanno regalato due irresistibili modelli di comportamento, ma diciamo la verità: nella caratterizzazione dei personaggi di Kristen Bell e Adam Brody, magnifici e magnetici tutti e due, si sente il peso della Eleanor di The Good Place e dell’adorato Seth Cohen di The O.C.
Giacché il fandom ha subito preteso una seconda stagione a pochi giorni dall’esordio, attendiamo con trepidazione le prossime vicissitudini dei nostri nuovi beniamini.
Ilaria Condemi de Felice
Bravissima. Leggo sempre con piacere le tue valutazioni critiche.