Paddington in Perù, la recensione

Creato a metà ‘900 dallo scrittore britannico Michael Bond e apparso per la prima volta nel 1958 nel libro illustrato per bambini “A Bear Called Paddington”, l’orsetto Paddington è diventato in breve tempo una vera e propria icona della letteratura per l’infanzia, fino alla “nuova vita” cinematografica donatagli dal regista Paul King con il successo di pubblico e critica del 2014 Paddington, replicato e accresciuto nel bellissimo sequel del 2017 Paddington 2. Ora quell’orsetto dalle buone maniere con montgomery blu e cappello rosso torna per una terza avventura che lo porterà alla scoperta delle sue origini nel “misterioso” Perù.
Mentre la famiglia Brown non è più legata come una volta, visto che Judy e Jonathan sono ormai cresciuti e pronti a cambiar vita, Paddington riceve una lettera dalla casa di riposo per orsi in Perù dove è ospitata sua zia Lucy in cui si informa che l’anziana orsa non gode di ottima salute ed è misteriosamente scomparsa. Paddington, accompagnato dalla famiglia Brown al completo, vola alla volta del Perù per ritrovare sua zia; un’avventura che lo metterà faccia a faccia con le sue origini da orfanello.
Alla sua terza incursione cinematografica, Paddington è testimone di diversi cambiamenti che ne riformulano pesantemente il format. Paul King, brillante regista e sceneggiatore dei primi due film, lascia il testimone della regia all’esordiente Dougal Wilson, fino ad oggi molto attivo nel settore pubblicitario e dei video musicali, mentre la scrittura passa al terzetto Mark Burton, Jon Foster, James Lamont. Ed è proprio la sceneggiatura di questo terzo film a mostrare un drastico cambiamento in confronto al passato dal momento che viene invertita la formula: non più la parabola del buon selvaggio che deve confrontarsi con la civiltà metropolitana, ma la civiltà alle prese con le difficoltà della natura incontaminata.
Se può apparire naturale questa inversione di rotta per portare un po’ di freschezza al franchise rimescolandone gli ingredienti, si viene però a perdere quella che è la caratteristica principale e più bizzarra del concept che sta alla base di Paddington, ovvero un orsetto parlante e ben educato che interagisce con la quotidianità londinese. Ribaltando la prospettiva avremo invece un orsetto parlante e ben educato che interagisce con… altri orsi.
Certo, c’è la famiglia Brown alle prese con le insidie dell’Amazzonia, con il signor Brown, in particolare, che deve superare le sue più recondite paure e la sua mania per il controllo del rischio, ma il tutto si riduce presto a un’avventura un po’ fiacca sulle tracce di El Dorado.
Si notano, in tal senso, diversi punti in comune con il film di Jaume Collet-Serra Jungle Cruise e, vista anche la presenza di Antonio Banderas nel ruolo di rilievo del cercatore di tesori Hunter Cabot, notiamo anche un richiamo forse non voluto al film Uncharted in cui l’attore interpretava un ruolo simile, anche se con una caratterizzazione più seria.
Un altro importante cambiamento in confronto al passato è nel casting del personaggio di Mary Brown, interpretata da Sally Hawkins nei primi due film e ora sostituita da Emily Mortimer. Considerando che qui il personaggio di Mary ha un gran peso, soprattutto nella prima metà del film, perché serve a sottolineare il minor affiatamento della sua famiglia, il re-casting si fa notare e non aiuta la sospensione dell’incredulità dello spettatore, senza nulla togliere alla bravura della Mortimer, ovviamente.
A sorprendere in positivo è invece l’aggiunta di Olivia Colman che interpreta con un brio surreale il personaggio migliore del film, la Reverenda Madre, suora a capo della casa di riposo per orsi che convoca in Perù Paddington e si fa protagonista di alcune importanti svolte della trama.
Se il prologo che ci mostra un Paddington cucciolo alle prese con l’ostilità della Natura, come è diventato “orfano” e ha incontrato gli zii adottivi è un biglietto da visita irresistibile e promettente, il film non riesce comunque a tenere alta la qualità per tutta la sua durata. Parliamoci chiaro, Paddington in Perù è diverse spanne sopra buona parte dei film per famiglie usciti negli ultimi anni, ma l’asticella della qualità posta dai primi due capitoli era talmente alta che questo terzo film non riesce davvero a stare al passo, perdendo rovinosamente la gara con gag meno ispirate e un’impronta avventurosa che sa troppo di già visto.
Se ci sarà un futuro per la saga cinematografica dell’orsetto Paddington, è decisamente consigliato tornare alle quadrate atmosfere british degli esordi.
Paddington in Perù arriva nei cinema italiani dal 20 febbraio 2025 distribuito da Sony Pictures.
Roberto Giacomelli
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