Smile 2, la recensione

Solo due anni fa, nel 2022, esordiva nei cinema di tutto il mondo con un successo inaspettato Smile, l’horror d’esordio di Parker Finn tratto da un suo cortometraggio di un paio di anni prima, Laura Hasn’t Slept (che potete vedere gratuitamente qui). Vista l’invidiabile soglia dei 220 milioni di dollari incassati in tutto il mondo, da un budget di 17 milioni, Paramount Pictures ha immediatamente messo in cantiere un sequel dando carta bianca al talentuoso regista e così arriva il momento di confrontarci nuovamente con la maledizione, anzi, con il parassita che infesta il cervello delle sue vittime e nei cinema arriva Smile 2.
Skye Riley è una pop-star di successo che ha visto la sua carriera infrangersi quando, a causa di abuso di alcool e droghe, ha causato un incidente automobilistico che ha ucciso il suo fidanzato, l’attore Paul Hudson. A un anno di distanza da quell’evento e un periodo in rehab, Skye è pronta a ritornare sui palchi con un nuovo tour ma è dipendente dagli antidolorifici che l’aiutano con le ferite causate dall’incidente. In cerca di medicinali senza prescrizione, Skye si reca dal suo ex compagno di scuola e spacciatore di fiducia Lewis che però sta passando un gran brutto momento: il ragazzo ha contratto la maledizione del sorriso, è in preda alle allucinazioni e si trova al suo ultimo giorno di vita. Dopo che Lewis si è ucciso proprio davanti agli occhi di Skye, è quest’ultima a contrarre la maledizione e, nell’arco di poche ore, la sua vita già estremamente sotto pressione si trasformerà in un incubo a occhi aperti.
Pur riconoscendo a Smile un concept accattivante e una bella mano registica, soffriva di molti difetti tipici dell’opera prima di genere: era molto derivativo (The Ring, It Follows, The Grudge, Pulse erano lì a roteare la mazza da baseball), troppo lungo e quindi statico, abusava in jump-scares. Parker Finn, che torna sia come regista che sceneggiatore di Smile 2, corregge il tiro su un difetto e mezzo, ma nel complesso prende coscienza della sua “creatura” confezionando un sequel decisamente migliore del prototipo.
Partiamo dai due difetti, anzi da quell’uno e mezzo.
Se Smile durava 115 minuti risultando eccessivamente prolisso, Smile 2 dura addirittura 132 minuti! Una esagerazione e, infatti, tutto il secondo atto del film presenta una serie di lungaggini che non arrivano sicuramente ad annoiare ma erano francamente evitabili.
Poi Smile faceva un uso quasi terroristico dei jump-scares affidando inspiegabilmente a questo espediente il fattore spavento lì dove aveva, invece, dei momenti di terrore efficacissimi giocati su regia e atmosfera. Smile 2 ridimensiona di molto la portata degli spaventi gratuiti, giocando con una serie di trovate di scrittura e regia molto suggestive che gli danno quasi un tono autoriale. Ridimensiona però, non elimina e quindi, anche in questo secondo capitolo, per ogni tot di minutaggio ci tocca un sonoro bù che ammazza tutto quello che di suggestivo si stava creando.
Veniamo però al grande aspetto positivo di Smile 2, ovvero il suo sviluppo narrativo e i temi sui quali si trova a riflettere.
La struttura di questo secondo film rimane – giustamente – uguale a quella del suo predecessore e dopo un bellissimo prologo che lo collega direttamente al finale di Smile, con una sequenza d’azione al cardiopalma, seguiamo semplicemente la discesa agli Inferi della protagonista. Ma stavolta non è il suicidio il leitmotiv della storia, ma il successo e l’incapacità di gestirlo.
Così come accade nel bellissimo The Substance di Coralie Fargeat, Smile 2 si ambienta nel mondo dello spettacolo, stavolta la musica pop, e racconta un contesto tossico in cui perfino una madre può creare una tale pressione da portare una figlia all’autolesionismo e all’instabilità mentale. E quello dello spettacolo è proprio un ambiente che ti chiede di sorridere, sempre e comunque, come il parassita che infesta la mente di Skye: lo vediamo nella sequenza del meet & greet ma l’intero film gioca con questo concetto mostrando un mondo fondato sull’apparenza, plastificato, falso, che deve fare i conti con i traumi reali e le difficoltà, qui incarnate tanto dal rimorso per l’incidente quanto dalla situazione soprannaturale che si fa metafora della difficolta di gestire la propria vita.
Skye è interpretata da Naomi Scott, che cantante lo è davvero oltre che attrice di (brutti) film per famiglie come Aladdin, Power Rangers e Charlie’s Angels, che qui offre non solo la prova migliore della sua carriera ad oggi, ma la classica interpretazione che, se fossimo in un mondo giusto, finirebbe tranquillamente tra le nominations agli Oscar.
Anche se l’origine della maledizione rimane ancora avvolta nel mistero, Smile 2 ci tiene a puntualizzare alcune questioni sulla natura dell’entità che porta le sue vittime al suicidio. Inoltre, se già il primo film aveva una corposa predisposizione al gore, questo sequel va decisamente oltre costruendo alcuni momenti splatter di grandissimo impatto, come la morte di Lewis o il repellente climax finale che ci mostra nuovamente l’aspetto della creatura accentuandone quei tratti grotteschi che lo fanno sembrare un orrido mostro uscito da un manga.
A questo punto vien voglia di incrociare le dita che la Paramount possa dare semaforo verde a uno Smile 3 perché il cliffhanger di questo capitolo fa presagire sviluppi tanto bizzarri quanto promettenti.
Roberto Giacomelli
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