The Alto Knights – I due volti del crimine, la recensione

The Alto Knights è il nome del locale di Midtown frequentato dalla “meglio criminalità” di New York, quella che ha portato alta la bandiera della malavita italoamericana nella Grande Mela nella prima metà del ‘900. Ed è proprio partendo dalle quattro mura di questo locale che Barry Levinson inizia il racconto di una delle più clamorose rivalità mafiose della storia criminale americana, quella che ha visto prima amici fraterni poi avversari il “Capo dei Capi” Frank Costello e il suo secondo Vito Genovese.

Miracolosamente scampato a un tentativo di omicidio a sangue freddo, il boss mafioso Frank Costello ha deciso in accordo con sua moglie Bobbie di abbandonare definitivamente il giro. Questo vuol dire che il suo posto deve essere preso da un altro a cui deve passare ufficialmente le consegne. A volere a tutti i costi il titolo di Capo dei Capi è Vito Genovese, un tempo amico fraterno di Frank Costello, mandante proprio dell’omicidio fallito. Ma Frank ha piani differenti…

Con un soggetto che circola sulle scrivanie di Hollywood da almeno 50 anni, The Alto Knights ha trovato attuazione in un momento in cui il gangster-movie non è più troppo in voga alla Mecca del Cinema, ormai più a proprio agio nelle produzioni seriali per il piccolo schermo. E infatti il film che vede il ritorno di Barry Levinson alla regia di un lungometraggio dopo molti anni di tv ha un po’ il sapore del film fuori tempo massimo, incapace di dialogare con i tempi e i ritmi del cinema contemporaneo. Non che questo sia essenzialmente un male, visto che molti film odierni peccano nell’esatto contrario, nella vacua frenesia, ma quello scritto da Nicholas Pileggi mostra proprio dei problemi strutturali, di fluidità narrativa, di coinvolgimento spettatoriale.

Iniziando da un momento topico – l’attentato a Costello – The Alto Knights si muove con un montaggio poco fluido tra presente, passato e futuro, con un frequente voice-over. Ci troviamo catapultati in una storia che sembra essere già iniziata da tempo, ma paradossalmente il film non sembra mai ingranare. O meglio, ingrana troppo tardi, nel terzo atto, un blocco ben compatto in cui suspence, azione e senso dell’ironia riescono finalmente ad emergere.

Intrappolato in una verbosità che non aiuta a catturare l’attenzione, a una scansione temporale degli eventi che crea inizialmente confusione, The Alto Knights trova uno spiazzante punto a sfavore anche in quello che dovrebbe essere il suo maggiore fiore all’occhiello: il doppio Robert De Niro.

Meglio far chiarezza, però. Robert De Niro è assolutamente fantastico e in perfetto agio nel ruolo dei due mafiosi, ci mette tutta la sua solita professionalità e la solidità di un mestiere che solo un grande come lui può vantare. Ma, di fatto, non c’è nessun motivo per il quale Robert De Niro vesta i panni sia di Costello che di Genovese e questo crea solo un’inziale confusione nel vedere lo stesso attore in due ruoli diversi. Ok, il make-up, che soprattutto su Genovese è un po’ posticcio e immobilizza la fascia mascellare dell’attore, ce la mette tutta rendere i due personaggi visivamente differenti, ma il fatto che ci sia De Niro sotto le protesi di entrambi è palese e, almeno nei primi 20 minuti, c’è anche una certa difficoltà a collegare maschere e nomi.

Voci di corridoio ci raccontano che la produzione avesse affidato inizialmente il ruolo di Vito Genovese a Joe Pesci, che ha condiviso con De Niro fior fiore di gangster-movie come Quei bravi ragazzi, Casinò e The Irishman, tra l’altro tutti sceneggiati proprio da Nicholas Pileggi. Solo che l’82enne Pesci, negli ultimi tempi, ha dimostrato di avere qualche acciacco di salute e ha dovuto rinunciare alla parte, presa con una bizzarra scelta di casting dallo stesso De Niro già scritturato per il ruolo di Frank Costello.

La regia di Barry Levinson risulta un po’ piatta, diciamo televisiva, forse viziata dagli ultimi dieci anni lavorativi di un regista che in passato ha collezionato grandi e grandissimi film come Rain Man – L’uomo della pioggia, Good Morning Vietnam e Sleepers.

Alla fine, è proprio il doppio – immotivato – ruolo di De Niro che rimarrà come nota di colore di The Alto Knights, poiché il film rischia seriamente di passare inosservato e di non lasciare grande traccia di sé. Peccato perché la rivalità di Costello e Genovese è uno spaccato della storia criminale newyorkese che meritava di essere raccontata, ma ci voleva una verve, una freschezza e un appeal che a The Alto Knights – I due volti del crimine mancano.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Il solido mestiere di Robert De Niro.
  • Una storia accattivante che meritava di essere raccontata.
  • Un approccio disordinato e una scrittura frammentata che non riescono a coinvolgere.
  • La scelta di far fare a De Niro entrambi i protagonisti senza che ci fosse un motivo reale, creando solo confusione.
  • Il look generale da tv-movie.
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