The Last Showgirl, la recensione del film con Pamela Anderson

Il mondo dello spettacolo che riflette su se stesso è stato il trend cinematografico del 2024 e quelle riflessioni, spesso, sono spietate, spaventose, dolorose. Un po’ come efficacemente espresso da Elizabeth Sparkle, interpretata da Demi Moore in The Substance, il mondo dello spettacolo tende a rapire, illudere, usare, e poi getter via le sue “stelle” non appena la bellezza sfiorisce, compaiono le rughe e la pelle si fa cadente, pronto a sostituirle con una nuova “stella” in quello che si prospetta come un vero e proprio loop. Così come nel bellissimo body-horror di Coralie Fargeat, anche in The Last Showgirl di Gia Coppola si innesca la medesima dinamica, ma qui la satira splatter e grottesca lascia il passo a un film intimista e malinconico.
Shelly Gardner è stata una vera star a Las Vegas quando ha iniziato la sua carriera con lo spettacolo Razzle Dazzle negli anni ’80. Ma non c’è mai stata una vera crescita, un cambiamento: Shelly ha continuato a ballare con piume e paillettes e spogliarsi davanti al folto pubblico entusiasta di un numeroso e procace corpo di ballo. Ora, dopo quarant’anni, Razzle Dazzle chiude i battenti e Shelly, all’età di 57 anni, ha difficoltà a riciclarsi altrove; inoltre, senza pensione e senza assicurazione sanitaria ha paura di non per lasciare davvero nulla a sua figlia Hannah, che ha dato in affido da bambina e ora che è cresciuta a mala pena le rivolge la parola.
Gia Coppola, che quel cognome lo eredita da nonno Francis e zia Sofia, rimane perfettamente coerente a quello spirito indie con il quale ha iniziato la carriera nel 2013 con la commedia Palo Alto, anzi in The Last Showgirl adotta uno stile sporco, quasi documentaristico, con un grande uso della macchina a mano, sfuocature continue e una moltitudine di primi e primissimi piani. Forse, nel 2025, questo stile è un po’ passato di moda e ancora non sufficientemente agée da risultare trendy, infatti The Last Showgirl sembra quasi un’opera d’altri tempi, un po’ come la sua melanconica protagonista a cui da volto e corpo Pamela Anderson.
La ex-bagnina di Baywatch non è mai stata un asso come attrice, anzi spesso questo dato di fatto ha generato ironia e auto-ironia; quindi, non date retta a chi vi dice che in The Last Showgirl Pamela Anderson è una brava attrice. Continua coerentemente a non esserlo. E per questo motivo è magnifica nel ruolo di Shelly Gardner, perché interpreta praticamente se stessa, è genuina, è vera, e questo ruolo è cucito su misura per lei, per far sì che possa esprimersi al meglio per quella che è.
Gia Coppola gioca intelligentemente con il suo cast, ci mostra la Anderson per lo più al naturale puntando su un fascino sfiorito, ma ci mostra anche Jamie Lee Curtis in una veste davvero inedita, quella della hostess di un casinò volgare e grottesca, che nonostante i sessant’anni passati si esibisce mezza nuda tra l’indifferenza del pubblico. La scena in cui la Curtis balla sul cubo sulle note di Total Eclypse of the Heart di Bonnie Tayler è un momento lynchiano, una sequenza straniante, che sa mettere lo spettatore a disagio ma allo stesso tempo non gli permette di togliere lo sguardo. Ecco, quel momento così surreale e grottesco è l’apice artistico di The Last Showgirl.
Per il resto, il film di Gia Coppola ha un limite enorme, insormontabile: è un film incredibilmente statico. Ma non parlo (solo) di azione. Parlo piuttosto di staticità narrativa, mancanza di uno sviluppo, di un arco che accompagni storia e personaggi.
Ci viene posta una situazione all’inizio di The Last Showgirl, ovvero c’è un’anziana soubrette che sta per perdere il lavoro che fa da quarant’anni e non è in grado di reinventarsi. Questa è l’unica situazione attorno al quale ruota il film, e anche i personaggi che completano Shelly non fanno altro che raccontare quel fallimento. Dal manager del Razzle Dazzle interpretato da un intenso Dave Bautista, alla collega giovane e prestante che invece una possibilità altrove la trova subito, interpretata da Kiernan Shipka. L’unico tentativo di dare profondità a Shelly ed espandere il suo “mondo” è rappresentato dalla presenza della figlia Hannah, interpretata da Billie Lourd, ma il suo ruolo e come si incastra con quello della protagonista è comunque molto risaputo e non lascia alcun margine a sorprese.
Gia Coppola, di fatto, realizza una variante di The Wrestler di Darren Aronofsky, ma lo asciuga, lo spoglia di ogni risvolto e arricchimento che gli conferiva quella completezza che tutti ricordiamo. Quel che rimane di The Last Showgirl è soprattutto la tenerezza di Pamela Anderson, del suo personaggio così umano, fragile e capace di entrare in empatia con lo spettatore. Il film, in sé, lascia qualche perplessità ma il ritratto di questa soubrette quasi sessantenne che, nonostante tutto, sale sul palco per l’ultima volta con piume in testa e sorriso a 32 denti rimane sottopelle per giorni.
Roberto Giacomelli
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