The Legend of Ochi, la recensione

È paradossale e bellissimo che nel 2025, epoca caratterizzata dall’intelligenza artificiale e da progressi scientifici e tecnologici vicini alla fantascienza di un tempo, il cinema stia ritrovando il fascino dell’analogico. Sono sempre di più, infatti, i film che si affidano all’effetto speciale pratico, alla pellicola, ridimensionando e rendendo invisibile ogni procedimento digitale. C’è stato un momento, infatti, in cui la CGI sembrava destinata a sostituire completamente ogni processo produttivo e creativo nell’effettistica: da Matrix in poi l’effetto visivo era destinato a una rivoluzione irreversibile. Invece, con una certa sorpresa, stiamo notando un ritorno al cinema di pupazzi e figure animatroniche, di “costumoni”, passo uno e protesi. E The Legend of Ochi di Isaiah Saxon è proprio la sublimazione di questo ritorno alle origini dell’effettistica nel cinema fantastico.    

Su un’immaginaria isola dell’Europa nord-orientale gli abitanti vivono nel terrore degli ochi, una razza di primati dal pelo rossastro e dalla pelle blu che il folklore dipinge come feroci rapitori di esseri umani e spietati assassini. Per questo motivo, gli ochi sono considerati una minaccia da debellare e l’intera popolazione li caccia senza pietà, addestrata a questa pratica fin dalla tenera età. La giovane Yuri, orfana di madre e figlia del capo cacciatore del villaggio, Maxim, durante una battuta di caccia si imbatte in un cucciolo di ochi e invece di ucciderlo decide di accudirlo di nascosto da suo padre. Ma quando la ragazza si rende conto di non poter nascondere l’animaletto a casa, decide si intraprendere un viaggio per riportarlo nel suo habitat, dalla sua famiglia, scoprendo di essere in grado di comunicare con il piccolo ochi! Di conseguenza, Maxim organizza un team di ricerca per ritrovare Yuri e riportarla a casa.

Ricco di momenti emotivamente rilevanti, The Legend of Ochi è chiaramente un tentativo di ricalcare quel tipo di family-movies spielberghiani che hanno proliferato negli anni ’80. Ma quello scritto e diretto da Isaiah Saxon non è il classico “omaggio”, non vive parassitariamente sulla memoria di altro, ma è un film ricchissimo di personalità e di una bias autoriale molto forte. Non a caso è A24 a produrre il film, spingendosi per la prima volta in territori da fantasy per ragazzi.

Ma, come si diceva in apertura, a colpire davvero molto in questo film è l’spetto tecnico/visivo, in particolare l’effettistica.

Il cuore dell’opera è costituito da creature animatroniche e pupazzi, realizzati in collaborazione con i John Nolan Studios di Londra. Il regista Isaiah Saxon ha lavorato a stretto contatto con David Darby (scultore delle creature), Adrian Parish e Karl Gallivan (designer degli animatronics), mentre John Nolan ha supervisionato l’intero processo. Il piccolo ochi è un pupazzo animatronico come il Grogu di The Mandalorian (a cui un pochino rimanda nell’aspetto, così come quest’ultimo ricordava Gizmo, il Mogwai di Gremlins!), mentre gli ochi adulti sono un mix di animatronics e stuntman con costumi. Le performance delle creature adulte sono state guidate dal primate choreographer Peter Elliott, noto per il suo lavoro in film come Gorilla nella nebbia e Congo.

Sebbene il film privilegi gli effetti analogici, sono stati utilizzati oltre 600 effetti visivi digitali, principalmente per estendere gli ambienti e rimuovere i “burattinai” nelle scene con il cucciolo di ochi. Questi effetti sono stati realizzati da studi come Xreality Studios e Neon Robotic, con supervisori del calibro di Ignacio Lacosta, Nicolaus Waetjen e Nathan Weiner.

Insomma, il lavoro sull’effettistica è davvero imponente per un film piccolo come The Legend of Ochi (il budget è di “soli” 10 milioni di dollari) e Saxon ha scelto di evitare l’uso eccessivo della CGI proprio per conferire al film un aspetto tangibile e realistico. Ma non finisce qui, perché sui fotogrammi del film è stata applicata una procedura di matte painting per aggiungere elementi e donare un’atmosfera fiabesca al tutto; inoltre, la fotografia di Evan Prosofsky, che ha utilizzato obiettivi vintage Baltar degli anni ’30, ha contribuito a creare un’atmosfera pittorica unica, evocando dipinti fiamminghi e un senso di antica magia.

Narrativamente, The Legend of Ochi è molto semplice e lineare muovendosi essenzialmente nei territori del coming of age. Il viaggio di Yuri, magnificamente interpretata dal volto fiabesco della tedesca Helena Zengel, è chiaramente un viaggio di crescita che la porterà a prendere coscienza di sé e del suo passato ma anche dell’ambiente che la circonda. Infatti, The Legend of Ochi è anche una parabola fieramente ambientalista che promuove la salvaguardia della natura e delle specie che la popolano incoraggiando la coabitazione tra diversi popoli. La storia, infatti, parte dall’ignoranza della superstizione, dal cieco odio promosso e trasmesso da chi non sa e non vuole sapere, fino ad arrivare alla scoperta, alla conoscenza data dall’apertura mentale. Ed è un ottimistico balzo di speranza per la determinazione delle nuove generazioni a muovere la morale ultima del film, in perfetta coerenza con il filone cinematografico per ragazzi a cui il film di Saxon si annette.

Il limite maggiore di The Legend of Ochi è rappresentato proprio da questo suo essere un film per ragazzi fuori tempo massimo. Mi spiego meglio. Essendo così splendidamente vintage e allo stesso tempo rivolgendosi a un pubblico ben preciso di adolescenti e preadolescenti, The Legend of Ochi rischia di non risultare accattivante per i ragazzi di oggi e, allo stesso tempo, anche e più logicamente per gli adulti. Rimane, così, un prodotto un po’ difficile da vendere al pubblico e nonostante sia dichiaratamente mainstream, risulta molto di nicchia rischiando di affascinare quasi esclusivamente i quarantenni di oggi che sono rimasti molto legati al cinema per ragazzi di ieri.

Da citare assolutamente il lavoro sonoro svolto sul film, che unisce la suggestiva colonna sonora originale composta da David Longstreth a un importante sound design meritevole dei maggiori riconoscimenti nel settore.

The Legend of Ochi arriva nei cinema italiani l’8 maggio distribuito da I Wonder Pictures.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Il lavoro magnifico svolto sugli effetti speciali.
  • L’aspetto visivo e sonoro.
  • La bella prova di Helena Zengel.
  • Rischia di non avere un pubblico.
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