The Order: Jude Law contro il suprematismo bianco. La recensione da Venezia81

Sicuramente abbiamo tutti impresse nella retina le immagini dell’assalto al Campidoglio americano avvenuto il 6 gennaio 2021, ma in Italia potremmo non avere la percezione che quell’evento non fu un fulmine a ciel sereno né un’iniziativa improvvisata e disordinata, quanto un atto violento pianificato per decenni da certe frange ideologiche e che affonda le sue radici in una subcultura che oscilla, di fatto, tra complottismo e terrorismo.

Il film The Order di Justin Kurzel è tratto da una storia vera e ci racconta molto di quell’humus culturale, perché è ambientato nei primi anni Ottanta, quando non c’erano neppure ancora i Simpson che potessero immaginarsi Donald Trump presidente, eppure le fondamenta di quella mentalità che oggi possiamo definire l’Alt-Right USA estrema erano già state ben definite.

La pellicola segue le vicende di un agente dell’FBI, qua interpretato da uno stropicciato Jude Law, che intuisce un filo conduttore tra eventi violenti apparentemente slegati tra loro i quali hanno per teatro l’Idaho e altri stati di nord-ovest. Indagando, capisce che le rapine e le esplosioni fanno parte di una serie di azioni di stampo terroristico guidate da fanatici, perlopiù uomini bianchi e suprematisti che si sentono minacciati da un’America sempre più idealisticamente lontana dal passato, sempre più multietnica e progressista. Questo movimento violento ruota attorno a un giovane leader carismatico – impersonato qui da Nicholas Hoult, che predica proprio il ricorso all’azione organizzata violenta –, e a un romanzetto neonazista chiamato The Turner Diaries che davvero svolse (e, forse, svolge ancora: è stato pure tradotto in italiano!) un po’ il ruolo di vademecum per i membri del gruppo, con tanto di assalto del Campidoglio tra gli obiettivi a lungo termine.

Si può parlare di una vera e propria setta, dunque, che si fa chiamare l’Ordine (The Order) o la Fratellanza Silenziosa, per cui le rapine non furono atto fine a se stesso ma, seguendo proprio le indicazioni del libro, servivano per finanziare il loro futuro colpo di Stato. Il film ripercorre il periodo di massima attività del gruppo, culminante nell’omicidio del conduttore radiofonico Alan Berg – sia per le idee liberali che portava nel suo programma e che tendevano a ridicolizzare i conservatori, sia per il fatto di rappresentare simbolicamente l’odiatissimo popolo ebraico, uno dei bersagli più odiati della fratellanza.

L’FBI si impegnò a smantellare l’Ordine anche grazie al doppio gioco di informatori interni, ma l’ovvia tesi del film è che, ancora oggi, vi siano seguaci di quella linea ideologica che non solo ne coltivano la memoria, ma fanno di tutto perché sopravviva.

La tematica, in quanto reale, è estremamente interessante, anche se in questo caso finisce per essere il pretesto per un poliziesco molto classico con sparatorie e inseguimenti, che non sfigurerebbe, visto l’argomento, il tono e l’ambientazione, come stagione di True Detective (la quale, in parte, come serie si è a sua volta ispirata a fatti come quelli della Fratellanza Silenziosa). I toni del film sono freddi, cupi, distanti ed è un prodotto che a tratti può ricadere nel deliberatamente pesante.

Un difetto che si può riscontrare è un leggero miscasting, anche se ciò potrebbe rientrare nel novero delle opinioni soggettive di chi scrive. Se, infatti, l’inglese Jude Law è credibile giusto per un pelo come rude agente dell’America profonda, Nicholas Hoult risulta complessivamente fuori parte. L’intento era chiaro, quello di mostrare un giovane con un’apparente faccia pulita e sani valori tradizionali ma freddamente marcio dentro e Hoult questa dualità espressiva in potenza si ritiene l’abbia anche. Eppure qua, per qualche motivo, non funziona e l’interpretazione arriva piatta e stereotipata – giovane caucasico neo-nazista standard –, per far capire: sembra più un generale della Morte Nera di Star Wars, che non un personaggio complesso e realistico. Stessa questione per il giovanissimo agente di Tye Sheridan, che vorrebbe un po’, sulla carta, rappresentare il suo contraltare “buono” ma che per tutto il tempo sembra fuori posto e un po’ assente nel ruolo, tanto che alla fine la funzione che dovrebbe svolgere per il pubblico non arriva efficace come dovrebbe.

Nel complesso un film più interessante che bello, che vedrei nel Ciclo Alta Tensione di Italia 1 ma poco alla stagione dei premi. Certo: rimane un po’ di amaro in bocca nel rendersi conto che l’argomento, la storia dei movimenti di estrema destra statunitensi, meriterebbe di essere ben più impattante, nei media e nello storytelling, in questo particolare momento storico.

Francesca Bulian

PRO CONTRO
  • È uno di quei casi in cui l’essere tratto da una storia vera dà valore al film stesso.
  • L’argomento da cui prende le mosse è interessante e importante.
  • Belle scene di sparatorie girate in modo classico.
  • Lento e pesante nel ritmo (che sia volutamente o no).
  • Il distacco con i personaggi sullo schermo è anche troppo forte.
  • Solitamente bravo, Nicholas Hoult è qui piatto e fuori ruolo.
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Valutazione: 6.5/10 (su un totale di 2 voti)
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The Order: Jude Law contro il suprematismo bianco. La recensione da Venezia81, 6.5 out of 10 based on 2 ratings

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