The Piper, la recensione dell’horror ispirato alla fiaba Il pifferaio magico

Le fiabe, nelle loro versioni più antiche, racchiudono tanti archetipi horror che negli anni sono andati spesso a perdersi dietro rielaborazioni più edulcorate, a dimensione d’infanzia moderna, che in molti oggi attribuiscono alla visione unica e tradizionale di quei racconti. In fin dei conti, i Fratelli Grimm sono diventati celebri proprio con le loro fiabe crudeli e ultra-dark, precursori perfetti di tanti Poe, Lovecraft, Barker e King. Il cinema horror spesso attinge proprio dalla tradizione classica fiabesca, riportando a galla quella dimensione da incubo che ne caratterizzava le fondamenta e così, tra diversi Hansel e Gretel, qualche Cenerentola e un paio di licantropici Cappuccetto Rosso, non poteva mancare Il pifferaio di Hamelin, la fiaba da cui l’islandese Erlingur Thoroddsen ha tratto The Piper.

Il direttore d’orchestra Gustafson ha deciso di rendere omaggio alla compositrice e musicista recentemente scomparsa Catherine Fleischer, ma per organizzare il concerto-evento non trova la collaborazione della famiglia della donna. Per questo Melanie, che è stata allieva di Catherine e anche sua amica, si offre di parlare con sua sorella Alice. Nonostante l’ostilità della donna, Melanie riesce a recuperare un prezioso sparito custodito proprio dalla famiglia Fleischer, da cui manca però la terza sinfonia che la donna si impegna di ricostruire personalmente. Catherine è morta proprio a causa di quello spartito, che aveva tentato di distruggere invano, e ora che Melanie l’ha riportato alla luce, la melodia che genera può svegliare un’entità molto pericolosa, un pifferaio magico…

Le prime tracce della leggenda che ha poi ispirato la fiaba de Il pifferaio di Hamelin risalgono al 1300 e fanno riferimento a una oscura tragedia che si era consumata nella cittadina tedesca di Hamelin, in Bassa Sassonia. La storia è stata poi ricostruita e ampliata nei primi del ‘600 dallo studioso Richard Rowlands Verstegan che la inserì nel suo Restitution of Decayed Intelligence, che a sua volta è servito da fonte per i Fratelli Grimm per la fiaba nota come Il pifferaio magico o Il pifferaio di Hamelin che farà parte de Le saghe germaniche e che ispirerà anche la nota poesia di Robert Browning The Pied Piper (1849).

E così, tra cinema, letteratura, fumetti, musica e tv, Il pifferaio magico è spesso stato oggetto di trasposizioni, tra le quali ricordiamo quella d’animazione del 1933 targata Disney, il cortometraggio Il pifferaio magico inserita nella raccolta Silly Symphonies, che riscriveva con l’immancabile happy end l’oscuro finale originale. Nel tempo, però, non sono mancate versioni orrorifiche come il sudcoreano The Piper (Sonnim) del 2015 e il folkloristico Piper dello scorso anno con Elizabeth Hurley a cui oggi si aggiunge il film scritto e diretto da Erlingur Thoroddsen, già noto nel panorama horror per Child Eater (2016) e Rökkur (2017).

Il promettente inizio di The Piper ci mette subito faccia a faccia con una minaccia soprannaturale legata al mondo musicale, un contesto che spesso e volentieri si è fuso e si fonde con l’horror creando connessioni diaboliche. Ma non è solo l’entità demoniaca, che a poco poco scopriremo essere legata alla leggenda del pifferaio magico, a catturare l’attenzione perché Thoroddsen si focalizza anche sulle dinamiche di spietata concorrenza che vengono a crearsi nell’ambiente orchestrale.

Se il severo Gustafson – ultima interpretazione di Julian Sands prima della tragica scomparsa – può apparire un personaggio un po’ sopra le righe, è sicuramente realistica la caratterizzazione di Melanie, a cui da corpo la brava Charlotte Hope. Il suo essere mamma e protagonista (positiva) non impedisce che il suo personaggio sia caratterizzato da una competizione lavorativa fondata sul principio del “mors tua vita mea” e che poi porta al risveglio del Pifferaio con tutto quello che ne consegue.

Si ha sensazione, però, che la sceneggiatura di Thoroddsen spenda fin troppo tempo attorno all’ambiente lavorativo di Melanie e tutto quello che precede la messa in scena del concerto, andando così a soffocare tantissimo la tensione che normalmente è richiesta da un film horror. E quando The Piper va a puntare proprio sulle dinamiche care al genere si nota una certa staticità di fondo, un affidarsi a meccaniche risapute e a un’iconografia ben poco accattivante. Così come è poco inventivo nel look il Pifferaio, che ci mette tantissimo ad entrare in scena e quando lo fa, nonostante un bellissimo momento gore che sembra omaggiare (forse involontariamente) Nightmare 2 – La rivincita, manca di fantasia, lasciando inevitabilmente delusi.

Ed è un peccato che il ritmo sia così posato, che la componete horror sia così blanda, perché The Piper non solo ha una buona confezione e degli attori capaci, ma anche un soggetto accattivante che offre uno sguardo originale tanto sull’accoppiata horror e musica che sulla trasposizione cinematografica della celebre fiaba.

The Piper sarà nei cinema italiani dal 18 gennaio distribuito da Vertice360.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Il soggetto è molto interessante.
  • C’è un’eleganza formale e nella messa in scena pregevoli.
  • Un ritmo inspiegabilmente lento.
  • Il look del pifferaio.
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