The Room Next Door – La stanza accanto. La recensione da Venezia81
Pedro Almodóvar torna ad affrontare il tema della separazione in The Room Next Door (La stanza accanto, in uscita nelle sale italiane a dicembre), presentato in concorso all’81ª Mostra del Cinema di Venezia.
Ingrid (Julianne Moore) è una scrittrice di successo. Martha (Tilda Swinton) è una giornalista di guerra, che si sta sottoponendo a delle terapie sperimentali per un tumore molto aggressivo. Sono vecchie amiche, ma si sono perse di vista: venendo a sapere della malattia di Martha, Ingrid va a trovarla in ospedale e le due riallacciano i contatti.
All’aggravarsi delle sue condizioni di salute, Martha preferisce interrompere le terapie. Acquista sul dark web una pillola per l’eutanasia e decide di trascorrere gli ultimi giorni prima di togliersi la vita in una splendida villa nel verde, in compagnia della sua amica ritrovata.
Mette al corrente Ingrid del suo proposito, spiegando di sentire il bisogno di una presenza familiare “nella stanza accanto”, quando arriverà il momento di andarsene. Ingrid esita: teme le conseguenze legali di quell’aiuto, ma soprattutto non si sente “all’altezza” del compito da un punto di vista emotivo. Accetta infine di restare accanto all’amica nel suo ultimo viaggio.
È questa la cornice di The Room Next Door: un film che sceglie di parlare del dolore in maniera lieve, anticonvenzionale, senza lasciare troppo spazio al melodramma. Colpisce immediatamente la fotografia: colorata, luminosissima, giocata su contrasti vividi e piacevoli. Che ricordano la riproduzione del quadro di Hopper appeso nella villa di Martha: l’attesa sospesa delle figure sulle sdraio nel dipinto diventa un riflesso dell’attesa di Martha stessa, tra letture, ricordi condivisi, proiezioni di vecchi film in bianco e nero.
La stanza accanto parla anche di amicizia: l’amicizia di due donne adulte, con un passato intenso alle spalle, interpretate da due attrici gigantesche che riescono a condividere la scena senza sovrastarsi. Julianne Moore e Tilda Swinton sono perfettamente in equilibrio: nei gesti, nei colori, nel riempire gli spazi dell’inquadratura. È la messa in scena di questo rapporto, ben sostenuta dalle loro interpretazioni, uno dei punti di forza del film.
Al centro resta il tema della scelta di “lasciare andare”, trattato in modo elegante, delicato, non banale. Almeno fino al finale, in cui il discorso sull’eutanasia prende una piega inaspettatamente didascalica in un dialogo tra Ingrid e un agente di polizia.
Al netto di alcune scelte di sceneggiatura, specialmente nella parte conclusiva, The Room Next Door resta un lavoro intenso, non scontato, che affronta con respiro arioso ma non “leggero” un tema doloroso e complesso.
Sara Boero
PRO | CONTRO |
|
|
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
Lascia un commento