The Shrouds – Misteri sepolti, la recensione

Rimasto vedovo di sua moglie Becca, l’imprenditore Karsh ha fondato la GraveTech, una società che produce particolari sudari che permettono di osservare il lento processo di decomposizione dei corpi che vi vengono avvolti. Contemporaneamente, Karsh ha aperto dei cimiteri dotati di lapidi con un particolare sistema video a circuito chiuso che permette ai visitatori proprio di osservare le immagini registrate dai sudari. Le stesse immagini sono comunque fruibili dai cari degli estinti anche a casa collegandosi alla GraveTech con una app. Questo serve, in primis, proprio a Karsh per elaborare il lutto della morte di Becca; ma osservando l’amata consorte nota un’anomalia nelle ossa della moglie, come se queste stiano mutando post-mortem. Inoltre, il cimitero della GraveTech in cui è sepolta Becca viene vandalizzato e il sistema informatico a cui è collegato viene hackerato: i responsabili sembrano essere degli eco-terroristi islandesi, ma Terry, sorella gemella di Becca, è convinta che si siano di mezzo i servizi segreti russi e cinesi.

La carriera di David Cronenberg si è trasformata molte volte nel corso di cinquant’anni, eppure è sempre rimasta incredibilmente compatta e coerente con la visione dell’autore. Precursore del body-horror, ossessionato dalla carne e dalla sua mutazione, esploratore di tecnologie fantascientifiche, Cronenberg è tornato da qualche anno a gamba tesa proprio a cimentarsi con questi argomenti dopo una manciata di film che invece avevano un carattere più introspettivo, quasi filosofico.

The Shrouds – Misteri sepolti segue in maniera abbastanza naturale il nuovo corso tracciato nel 2022 con Crimes of the Future, in cui la tecnologia e la mutazione corporea sono a servizio di drammi interiori e complotti da thriller politico. Ma se il precedente film dell’autore raccontava la mutazione di corpi vivi pronti a inaugurare una nuova carne, The Shrouds quella mutazione va a individuarla all’interno dei cadaveri, documentando al tempo stesso proprio l’inesorabile cambiamento a cui il corpo è sottoposto dal momento in cui cessa di vivere.

The Shrouds nasce da una reale esigenza di David Cronenberg che, come il suo personaggio interpretato da Vincent Cassel, ha perso prematuramente la moglie. C’è quindi una visione molto intima del dramma della perdita con un innesto tristemente autobiografico che fa di questo film una sorta di opera terapeutica per il suo stesso autore. Ovviamente il tutto è alla maniera di Cronenberg, delle sue ossessioni, e la vicenda assume dei connotati morbosi, necrofili, in cui eros e thanatos vanno a confluire nel corpo di Becca, interpretata da Diane Kruger.

Il corpo di una morta che diventa protagonista della quotidianità di Karsh, che rivela segreti insospettabili a mano a mano che la carne marcisce e lascia in bella mostra le ossa; ma anche il corpo di una ex-viva che popola i sogni (o gli incubi) del protagonista, privo di parti anatomiche, segnato dalla malattia, eppure sprezzante di quell’erotismo che ci riporta alla mente gli incidentati di Crash. Ma quello di Becca è anche un corpo ancora vivo, che si manifesta attraverso il body-double della sua gemella Terry, bellissima e desiderabile, ricordo vivido e riflesso di chi non c’è più.

Cronenberg insiste molto sul corpo e sulle diverse sfaccettature che in questo film assume, decostruendolo e violandolo più che in altre sue opere, e anche la tecnologia riveste un ruolo molto importante rivelandosi testimone della verità e custode della memoria.

Ma in The Shrouds, così come accadeva in Crimes of the Future, va ad innestarsi anche una poderosa backstory spionistica che prende progressivamente importanza fino a farsi mainstory. Ed esattamente come accadeva nell’altro film, è gestita molto male. Sembra quasi che l’autore canadese abbia difficoltà a conferire credibilità e concretezza agli intrighi da thriller spionistico/politico e infatti la deriva che The Shrouds prende è decisamente goffa, sembra ci sia quasi difficoltà a traferire per immagini quell’intricato epilogo che vuole dare concretezza a una vicenda squisitamente cerebrale.

Apprendiamo che The Shrouds, in origine, doveva essere una miniserie per Netflix e la piattaforma ha presto abbandonato il progetto dopo aver letto le sceneggiature; infatti, emerge proprio una sensazione di eccessivo condensamento narrativo nel film, come se le idee adatte a una serie siano state asciugate per essere contenute in un film di neanche due ore. Ed è qui il limite maggiore di quest’opera, un vulcano di tematiche, idee, suggestioni che faticano a trovare una forma adeguata all’interno del suo contenitore. Questo porta, paradossalmente, anche a un eccesso teorico, a ritmi praticamente inesistenti, quindi a una staticità importante che potrebbe essere repulsiva per una grande fetta di spettatori.

The Shrouds – Misteri sepolti, quindi, è l’ennesima bellissima storia di David Cronenberg, tanto affascinante quanto non sempre riuscita nella realizzazione. Il film soffre della sua stessa forma filmica, si affanna nel mostrarsi compiuto, ma forse non lo è.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • La storia è molto bella.
  • I temi topici della poetica di Cronenberg ci sono tutti.
  • Un’atmosfera funerea e opprimenti che non ti molla neanche a film finito.
  • La deriva da thriller spionistico, gestita in maniera goffa e confusa.
  • Il film manca completamente di ritmo, è di una piattezza preoccupante.
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