Trieste Science + Fiction Festival 2024: tutti i vincitori e il film visti dalla redazione
Con l’annuncio dei vincitori, si chiude la 24ª edizione del Trieste Science + Fiction Festival, la più celebre e longeva kermesse del Nord Italia dedicata al fantastico e alla fantascienza che, da qualche anno, partecipa all’assegnazione dei prestigiosi Méliès d’argent, concorso dedicato a lungometraggi e cortometraggi fantastici di produzione europea.
Quest’anno il festival giuliano si è svolto dal 29 ottobre al 3 novembre in più punti della città di Trieste con siti principiali nel centralissimo Politeama Rossetti, lo Sci-Fi Dome a Piazza della Borsa e il Teatro Miela nel lungomare Cavour; i numeri sono stati davvero alti, dal momento che oltre 20 mila spettatori hanno deciso di assistere alle proiezioni e alle conferenze del Festival. Noi di DarksideCinema abbiamo seguito questa 24ª edizione saltando da una proiezione all’altra, spesso dovendo fare “dolorose” scelte, visto che i due teatri svolgevano una programmazione parallela, e quindi vi faremo un breve resoconto critico sui film che abbiamo visto.
Ma prima… ecco i vincitori del 24° Trieste Science + Fiction Festival!
Vincitore Premio Asteroide TS+FF 2024
“U ARE THE UNIVERSE” di Pavlo Ostrikov (Ucraina, 2024)
Vincitore Premio Méliès d’argent – Lungometraggi TS+FF 2024
“AFTER US, THE FLOOD” di Arto Halonen (Finlandia, 2024)
Vincitore Premio Méliès d’argent – Cortometraggi TS+FF 2024
“OÙ VA LE MONDE” di Mickaël Dupré (Francia, 2024)
Vincitore Premio del Pubblico The Begin Hotels TS+FF 2024
(premio assegnato al film che riceve il maggior numero di voti dal pubblico in sala)
“U ARE THE UNIVERSE” di Pavlo Ostrikov (Ucraina, 2024)
Vincitore Premio Wonderland – Rai4 TS+FF 2024
“THE COMPLEX FORM” di Fabio D’Orta (Italia, 2023)
Vincitore Premio della Critica Italiana SNCCI TS+FF 2024
“THINGS WILL BE DIFFERENT” di Michael Felker (USA, 2024)
Vincitore Premio Event Horizon – INAF TS+FF 2024
“U ARE THE UNIVERSE” di Pavlo Ostrikov (Ucraina, 2024)
Vincitore Premio CineLab Spazio Corto TS+FF 2024
“GOLDEN SHOPPING ARCADE” di Francesco “Skino” Ricci Lotteringi (Italia, 2023)
E ora…
Visti da DARKSIDECINEMA.IT
MadS di David Moreau. Un ragazzo strafatto di cocaina raccoglie dalla strada una ragazza appena fuggita da un ospedale, agitata e violenta, che lo “contamina” con il suo sangue infetto. È l’inizio di un contagio a catena che si diffonde a macchia d’olio in città. Uno dei due registi di Them e The Eye torna al genere dopo esserne stato lontano più di dieci anni e confeziona un energico e concitato horror d’azione tutto in un unico piano sequenza. È tanto, troppo, derivativo (in pratica è una variante de La città verrà distrutta all’alba di George Romero), ma ci si diverte.
Things Will Be Different di Michael Felker. Fratello e sorella rapinano una banca e poi cercano rifugio in un casolare abbandonato dove la possibilità di viaggiare nel tempo consentirà di far calmare le acque e godersi la refurtiva. Ma, ovviamente, le cose andranno malissimo. Felker, montatore di fiducia di Justin Benson e Aaron Moorhead (Moon Knight, Loki, Dardevil: Born Again), esordisce alla regia di un lungometraggio con un soggetto intrigante e anche originale, che in alcuni punti ricorda perfino La casa nel tempo di Lucio Fulci. Ma il film ha il fiato cortissimo, sembra quasi un cortometraggio dilatato all’inverosimile, con ritmi lenti e lunghissime pause. Sarebbe quasi il caso di farne un instant-remake con un budget adeguato e mettere più carne al fuoco.
Broken Bird di Joanne Mitchell. L’introversa Sybil, che ha l’hobby della tassidermia, trova lavoro nell’obitorio cittadino, ma quando pensa di aver anche trovato l’amore, la morte si mette di mezzo. Il già fragile equilibrio mentale di Sybil rischia di vacillare sempre di più… Non si può scendere troppo nei dettagli perché Broken Bird riserva più di una sorpresa reggendosi in equilibrio tra dramma e commedia macabra, con una violenta virata verso il thriller/horror più malsano. Al suo primo lungometraggio da regista, l’attrice e produttrice Joanne Mitchell si basa sul suo corto d’esordio, Sybil, e confeziona un film affascinante e diversamente tenero. Molto brava l’attrice protagonista Rebecca Caldery, che abbiamo già visto in La furia di un uomo, Memory e Operazione Kandahar.
Monster on a Plane di Ezra Tsegaye. Un antropologo cattura un vorace mostriciattolo simile a un critter sull’Isola delle Sirene e lo imbarca nella stiva di un aereo di linea con l’intento di portarlo ad Amburgo. Il mostriciattolo si libera a causa di una turbolenza e fa un massacro. Quello di Ezra Tsegaye è un creature-feature che non si prende minimamente sul serio, anzi, a tratti sembra proprio avere l’intento parodistico. Il problema è che si tratta di un film profondamente brutto, anche se volutamente… ma brutto rimane! Con recitazione costantemente sopra le righe, pessima CGI e dialoghi apparentemente improvvisati. Bellino il mostro, realizzato con un pupazzo, ma siamo proprio dalle parti del trash fine a se stesso.
The Invisible Raptor di Mike Hermosa. Nei laboratori della Tyler Corporation sono riusciti a ricreare un velociraptor a cui hanno dato perfino la facoltà di diventare invisibile. Il superpredatore è anche super-intelligente e riesce a fuggire, seminando il panico nella città di Spielburgh County. Toccherà al paleontologo Grant Walker, alla sua ex fiamma Ambra e una guardia giurata fermare il raptor invisibile. Il regista stesso, che è anche interprete principale, sceneggiatore e produttore, ha dichiarato che la scelta di rendere invisibile il raptor è stata dettata dalla volontà di risparmiare sugli effetti speciali. Ma gli effetti sono comunque abbondanti e anche ben fatti, con un senso costante di ironia grottesca che rende il film molto appetibile e divertente. Una scemenza che si lascia guardare davvero volentieri!
Infinite Summer di Miguel Llansò. Un’adolescente passa l’estate in Estonia insieme alla sua amica d’infanzia, appena tornata da Londra, e una loro conoscente più grande. Sarà l’incontro con uno sviluppatore di caschi per la realtà aumentata a cambiare la loro vita per sempre e risvegliare le loro coscienze. Che gran pasticcio il film di Miguel Llansò! L’idea è senz’altro interessante: parlare attraverso le classiche dinamiche del coming of age del risveglio delle coscienze dal torpore di quella gigantesca illusione che è la vita. Un po’ Matrix ma con la sensibilità di un teen movie europeo. Il problema è che il film deraglia in pochi minuti rotolando nel ridicolo involontario con una scrittura approssimativa e una recitazione dilettantesca. Manca completamente anche il ritmo, risultando inevitabilmente uno spettacolo noioso.
Test Screening di Clark Baker. Nel 1982, in un paesino dell’Oregon il cinema sembra destinato a chiudere sottraendo al gruppo di amici capeggiato da Reels la più grande fonte di intrattenimento dei loro weekend. Ma arriva salvifico un annuncio: quel sabato al cinema cittadino sarà condotto un test screening! I ragazzi cominciano a fantasticare su quale sarà il film misterioso che avranno l’onore di guardare in anteprima, ma la realtà sarà tanto impensabile quanto spaventosa. Quel filone fanta-nostalgico lanciato da Stranger Things fa un balzo in avanti tingendosi di sociale con un film inaspettatamente politico, oltre che cinefilo. Se tutto inizia con speculazioni nerd su La Cosa di John Carpenter è proprio guardando al suo capolavoro Essi Vivono che la storia procede, ibridandosi con Videodrome, The Society e l’immancabile L’invasione degli Ultracorpi. Un bel film, con ottimi giovani attori e un gusto per gli effetti speciali pratici che ha l’unico difetto nel ritmo troppo blando che sembra dettato dall’esigenza di rimandare il più possibile qualsiasi scena madre.
Escape From the 21th Century di Yang Li. Tre amici adolescenti finiscono a bagno nei liquami tossici e come effetto collaterale riescono a viaggiare nel tempo con… uno starnuto! Inizia così una movimentata avventura che va avanti e indietro in blocco di 20 anni, in cui le conseguenze nel passato pesano come macigni sul futuro. Quello di Yang Li sembra un film fermo a vent’anni fa, proprio nel periodo in cui i protagonisti sono adolescenti, sia per la storia raccontata e il suo stile che per tutta una serie di elementi, in primis gli effetti speciali. Una commedia fantastica, spesso demenziale, urlatissima e impossibile da seguire con attenzione che diventa uno zibaldone di cultura nerd/pop. Ma lo fa in maniera così esasperata ed esasperante da causare la nausea. Qua e là ci si diverte e la regia utilizza orpelli ricchi di inventiva, ma nel complesso è un film sfiancate e solo per gli irriducibili dell’asian-pop drogati di manga e anime.
Survive di Frédéric Jardin. Una famiglia, mentre è in mare sul loro yatch, assiste alla caduta di satelliti nell’oceano, mentre tempeste elettromagnetiche imperversano in ogni dove: è l’inizio di un cataclisma inimmaginabile che porterà all’inversione dei poli magnetici riversando gli oceani sulla terraferma. “Naufragati” in quelle che poche ore prima erano le profondità oceaniche, i quattro dovranno sopravvivere alle avversità naturali e alla furia degli esseri umani sopravvissuti. Il cinema francese di genere sta conducendo giustamente una battaglia per sensibilizzare ai temi dell’ambiente e al pericolo che l’umanità sta affrontando in questi anni. Acìd, The Animal Kingdom, Under Paris e ora si aggiunge Survive, il più estremo, che attraverso i codici del disaster-movie si muove intelligentemente all’interno del filone thriller di sopravvivenza, con il minimalismo adeguato ma senza mai lesinare in spettacolarità.
Orang Ikan di Mike Wiluan. Siamo nel 1942, vicino le coste dell’Indonesia e una Nave Inferno giapponese trasporta i prigionieri di guerra, tra i quali ci sono il disertore Saito e l’americano Bronson. Un missile nemico affonda la nave e i due prigionieri si trovano naufraghi su un’isola, incatenati uno all’altro, a sopravvivere agli attacchi di una creatura anfibia. Incredibile co-produzione tra Singapore, Indonesia, Giappone e Regno Unito per un creature-feature divertentissimo e piano d’azione che parte da una situazione molto vicina a Duello nel Pacifico di John Boorman per fondersi poi con l’azione di Predator, ma con una creatura che ricorda tantissimo il mitico Gilman de Il mostro della Laguna Nera. Cinema d’intrattenimento fatto con gusto e professionalità che ha un sapore un po’ vintage, a cominciare dalla creatura, realizzata con effetti pratici e con uno stuntman in costume, proprio come si faceva una volta.
A cura di Rita Guitto e Roberto Giacomelli
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