Twisters, la recensione

Con quasi 500 milioni di dollari di incasso e due nomination agli Oscar, Twister è stato uno dei maggiori successi mondiali del 1996, secondo solo a Independence Day. Quello prodotto da Steven Spielberg, scritto da Michael Crichton e diretto da Jan de Bont era, in effetti, un blockbuster perfetto che trasportava il genere catastrofico puro nell’era dei VFX più avanzati, ma si fondava anche su una struttura narrativa fuori dal comune (il film è raccontato quasi in tempo reale, con stacchi temporali minimi, ed è una lunga corsa a perdifiato dietro i tornado) e aveva personaggi classici e accattivanti capaci di trovare empatia nello spettatore.
Al di là di imitazioni e sequel farlocchi (Twister 2 del 2002, tv movie spacciato per sequel dalla distribuzione italiana), non c’è mai stato un tentativo di riproporre storia e personaggi di quel gran successo di pubblico che è stato Twister, fino ad oggi, almeno, epoca di nostalgia e riciclo. E infatti il 17 luglio 2024 arriva nei cinema distribuito da Warner Bros. Twisters di Lee Isaac Chung.
Ma attenzione! Twisters non è né un remake del film di Jan de Bont né un sequel, ma una variazione sul tema che potremmo definire newquel o sequel stand-alone. La storia e i personaggi sono differenti in confronto a quelli di Twister, ma alcuni elementi narrativi tornano (il prologo tragico che causa un trauma alla protagonista, l’inseguimento continuo dei tornado, la scena del cinema che qui non un drive-in); inoltre non c’è nessun legame esplicito alla vicenda di trent’anni fa ma riferimenti sparsi, quasi citazioni, come la macchina per mappare i tornado che si chiama Dorothy e le magliette dei domatori di tornado che richiamano graficamente e nei colori quelle viste nell’altro film.
Dopo aver perso il suo ragazzo e i suoi migliori amici dando la “caccia” a un tornado, la studentessa Kate si è trasferita a New York cercando di lasciarsi il passato alle spalle, finché il suo vecchio amico Javi la contatta per convincerla a unirsi al suo team. La missione di Javi, infatti, grazie ai finanziamenti milionari di un privato, è di mappare con avveniristiche attrezzature i tornado così da capire in che modo smorzarne l’intensità e prevenire morte e distruzione. Kate si lascia convincere e insieme a Javi e alla sua squadra si fionda nuovamente a caccia di tornado in Oklahoma, dove impazzano i “domatori di tornado” capitanati da Tyler Owens, una star di YouTube che documenta con video virali le sue peripezie a caccia di tornado.
Come nella migliore tradizione del genere horror, anche il disaster-movie ha una funzione distensiva e catartica, utile ad esorcizzare le paure della società. E se pensiamo agli Stati Uniti, tra gli eventi naturali che da sempre mietono più vittime e causano distruzione ci sono uragani e tornado. Va da sé che un film incentrato sulla minaccia dei tornado, proprio come è stato il capostipite del 1996, ha un appeal molto facile e può dar vita a momenti di grande intensità e spettacolarità. Ci saremmo aspettati, però, visto il momento delicato che il nostro pianeta sta affrontando, di trovare in Twisters qualche accenno alla piaga del cambiamento climatico, cosa che non accade, limitandosi a mostrare l’eroica avventura di un gruppo di scavezzacolli che sfidano la natura per un nobile fine: prevenire, se non addirittura smorzare, i tornado.
Con una sceneggiatura molto minimal di Mark L. Smith (Revenant, Overlord, Vacancy), il regista Lee Isaac Chung, che viene dal successo del film premio Oscar Minari, punta quasi tutto sulla spettacolarità delle sequenze di azione e distruzione, realizzate in modo impressionante. Se nel 1996 Twister era un blockbuster tecnicamente all’avanguardia, pensate cosa può mostrare Twisters quasi trent’anni dopo! Il problema è che, tra una scena d’azione e l’altra, in questo caso viene a mancare qualcosa di interessante e i momenti “statici” vengono vissuti davvero come dei raccordi narrativi! Infatti, i personaggi e il loro (esiguo) background non appaiono mai davvero interessanti e se la Kate di Daisy Edgar-Jones (vista in La ragazza della palude e nella serie Normal People) è un personaggio molto standard che si autoalimenta dal suo trauma iniziale, il suo amico Javi, interpretato dall’Anthony Ramos di Transformers – Il risveglio e Sognando a New York, ha davvero poco carisma e il conflitto morale che lo muove non trova un approfondimento adeguato e credibile.
L’unico personaggio capace di catturare l’attenzione, grazie anche all’interprete Glen Powell (visto di recente in Tutti tranne te e Hit Man – Killer per caso), è lo sbruffone altruista Tyler Owens, un fascinoso bifolco che lavora come social influencer e detta il tono del film. Infatti, i “domatori di tornado” sono dei moderni cowboys che cercano di placare la furia dei tornado esattamente come farebbero con un toro o un cavallo selvatico in un rodeo; non a caso una delle sequenze madre del film è ambientata proprio durante uno spettacolo di rodeo dove Tyler ha portato “romanticamente” Kate.
Con uno spirito un po’ da western moderno in cui gli imprenditori che si affidano alla tecnologia sono il male e i cowboys velatamente repubblicani sono l’aspetto più genuino e altruista del Paese, c’è spazio anche per una citazione al grande cinema horror. Nell’immancabile scena del cinema stavolta si proietta un classico della Universal, Frankenstein, rifacendo una scena che in Twister vedeva invece sullo schermo del drive-in un classico Warner, Shining, così da restituire il favore in un blockbuster che ha visto proprio la co-partecipazione produttiva tra le due majors.
Rimane un po’ oscura la scelta di Lee Isaac Chung alla regia di Twisters: sulla carta non sembra un progetto naturalmente attribuibile al percorso autoriale del regista sudcoreano, anche se la regia di un episodio della terza stagione di The Mandalorian ci suggeriva già una svolta pop, e infatti la sua visione scompare completamente facendosi mero esecutore del più classico dei blockbuster estivi.
A conti fatti, Twisters intrattiene il giusto anche se non raggiunge la bontà del capostipite che, trent’anni fa, riuscì a segnare un importante traguardo nel percorso del filone disaster-movie.
Roberto Giacomelli
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