Venezia 71. La musica di Ryan, la perdita di una moglie e la vita straordinaria di Maria Fux
Al Lido di Venezia continuano le proiezioni in occasione della 71esima Mostra Internazionale dell’Arte Cinematografica. I tre film che oggi vi proponiamo sono Jackie & Ryan della regista americana Ami Caanan Mann, con Ben Barnes e Katherine Heigl, in concorso nella sezione Orizzonti, Hwajang (Revivre) del regista coreano Im Kwon-teak, presentato fuori concorso, e il documentario Dancing with Maria di Ivan Gergolet sulla vita della ballerina Maria Fux, in concorso per il premio Opera Prima.
La regista Ami Caanan Mann, già nota al pubblico veneziano per Texas Killing Fields (Le paludi della morte) presentato in occasione del Festival di Venezia nel 2011, con il suo Jackie & Ryan culla lo spettatore sulle note di meravigliose canzoni country che parlano di vita, speranza a amore.
Ryan, un giovane vagabondo che vive per la musica, incontra Jackie, madre single costretta ad affrontare un doloroso divorzio che rischia di privarla della figlia. Due anime affini che, grazie al sostegno reciproco, riusciranno a superare le avversità migliorando la propria vita.
Interpretato da uno straordinario Ben Barnes (Dorian Gray, Le Cronache di Narnia) perfettamente calato nel ruolo, Ryan insegue il sogno di poter incidere un suo album. Attraversa il paese con mezzi di fortuna e ovunque si fermi, accompagnato dalla sua chitarra, lascia un segno indelebile.
I paesaggi sterminati e selvaggi dello Utah, con il loro fascino e mistero, si fondono perfettamente con la sua musica guidandoci piacevolmente attraverso una storia in cui è lo sviluppo del rapporto tra i due protagonisti a fare da cornice alla colonna sonora e non il contrario.
Sicuramente non è il miglior film presentato quest’anno al Festival, né qualcosa di innovativo, ma l’ora e mezza scorre rapidamente lasciando gli spettatori sereni e rilassati.
Non possiamo dire lo stesso del polpettone coreano Hwajang (Revivre).
Il signor Oh, dirigente di un’azienda di prodotti per l’igiene femminile, costretto ad occuparsi della moglie gravemente malata di cancro, si invaghisce di una nuova giovane collega.
Revivre ha il tipico taglio da K- Drama che, per chi non lo sapesse, è sostanzialmente il corrispettivo orientale delle soap-opera. Un’infilata di tragedie, condite da momenti comico-grotteschi e assurdità varie.
A confermare questo la colonna sonora, definita da qualcuno in sala “la musichetta della pubblicità del dentifricio”.
Il film inizia al funerale della signora Oh ed è interamente strutturato in flashback riguardanti i ricordi del marito precedenti alla tragedia.
Alle scene in ospedale in cui lui si prende cura della moglie, che trattano momenti molto intimi e drammatici della terapia, si alternano scene dove l’uomo passa del tempo con la collega o fantastica su di lei.
Queste ultime sono caratterizzate da quella vena grottesca, spesso apprezzata da chi scrive e tipica di un certo cinema orientale demenziale, per cui vediamo il signor Oh che durante il funerale della moglie sbircia nella scollatura della collega (con tanto di significativi dettagli ripresi della camera).
Il problema di fondo è che, almeno stando al finale, il film sembra prendersi sul serio. E questo dopo cinque minuti di trip mentale in cui il signor Oh, mentre ha un rapporto con la moglie, si immagina la collega in una posa invitante sul letto (in stile “sorella bruttina” della scena delle rose di American Beauty), la serietà no, non la si può accettare.
Come non possiamo accettare che una donna malata di cancro al cervello si dimeni su un letto che nemmeno Regan ne L’Esorcista.
Anche se gli intenti sono indubbiamente lodevoli, il risultato finale è confuso e durante la visione ci si ritrova troppo spesso a ridere del film e non con il film.
Concludiamo parlando del documentario Dancing with Maria presentato nella sezione Settimana della Critica.
Maria Fux è una ballerina e insegnante di danza argentina. Fonda a Buenos Aires una delle più importanti scuole di danzaterapia e per anni insegna l’arte del ballo a persone disabili.
Lodevole è la scelta del soggetto per il documentario. Maria Fux è una donna magnetica e sembra nata per stare davanti alla macchina da presa. I suoi movimenti dolci e ipnotici riempiono lo schermo e ci portano in luoghi esotici e lontani.
A una ricca ricerca di materiali di repertorio, che comprendono diversi film cui la Fux ha partecipato nella sua gioventù, si alternano interviste realizzate oggi presso la scuola che coinvolgono Maria stessa e i suoi allievi.
Il montaggio, pulito e semplice, lega perfettamente immagini e musica. Unico neo, la durata. Un’ora e mezza per un documentario del genere, per quanto ben fatto, é eccessiva e rischia di far calare l’attenzione.
Nonostante questo, il film risulta scorrevole e interessante, oltre che un’importante testimonianza della vita di questa donna straordinaria.
Susanna Norbiato
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