We Live in Time – Tutto il tempo che abbiamo
Negli ultimi mesi abbiamo potuto notare una frequente tendenza cinematografica a infrangere la narrazione cronologica. Solo nelle ultime settimane abbiamo visto Here di Robert Zemeckis, Oh, Canada! di Paul Schrader, Diva Futura di Giulia Steigerwalt e sta per uscire anche Strange Darling di JT Mollner che si fonda proprio sullo scardinamento temporale. Giocare con il tempo, in fin dei conti, è un espediente interessante che può modificare la fruizione di un prodotto, creare sorprese anche nelle storie più semplici e risapute e donare un ritmo più incalzate alla narrazione. L’irlandese John Crowley (Brooklyn, Il cardellino) si inserisce a gamba tesa in questo trend affrontando in maniera particolare il concetto di tempo nel suo We Live in Time – Tutto il tempo che abbiamo.
Il rappresentante della Weetabix Tobias Durand è vittima di un incidente automobilistico mentre sta per firmare il divorzio dalla moglie: a investirlo è Almut Brühl, ex pattinatrice artistica che lavora come chef in un rinomato ristorante bavarese. Tobias finisce in ospedale e Almut, per farsi perdonare, lo invita, insieme a sua moglie, a magiare gratis da lei. Ovviamente Tobias si presenta da solo e da quel momento inizia una storia proprio con Almut, che si sviluppa felicemente negli anni. Ma ad Almut viene diagnosticato un cancro…
Più recente rappresentante dell’abusatissimo filone delle love stories con malati terminali, We Live in Time ha il grande pregio di evitare come un atleta in un percorso ad ostacoli tutti i fastidiosi cliché che il filone a cui appartiene solitamente sfodera con fierezza. E così, in questa storia romantica il romanticismo ha un ruolo marginale se non proprio nullo, e lo sceneggiatore Nick Payne si focalizza sui suoi due magnifici protagonisti, rendendoli accattivanti, credibili, umani.
Tobias è un ragazzo con la testa sulle spalle, dai valori tradizionali, con un padre moderno con cui ha un ottimo rapporto ma anche un’esperienza matrimoniale naufragata. Almut è una ragazza tosta, libera e disinibita, che sa rialzarsi ogni volta che cade a terra, che si tratti di cambiare drasticamente carriera (per affermarsi nuovamente con successo) o di prendere a calci in culo la malattia che vuole ucciderla. A dare sensibilità e credibilità a questi due bei personaggi ci pensano Andrew Garfield e Florence Pugh, bravissimi e soprattutto con una chimica perfetta che ce li rende credibili come coppia.
Ma, come si diceva in apertura, We Live in Time è un film che riflette sul concetto di “tempo”.
Quando ci viene presentata la storia di Tobias e Almut sembra che questa giovane coppia abbia a disposizione tutto il tempo del mondo per vivere, ma poi capiamo che non è così e la malattia incombe. Non una, ma ben due volte. E allora il tempo diventa relativo e il film lo scardina, mostrandoci in maniera disordinata ma funzionale al racconto il progredire della storia d’amore di questi due giovani, svelando un po’ alla volta i momenti topici di questa relazione, perfino infondendo il tarlo del dubbio sui reali esiti del dramma. Quindi il tempo tende a separare invece che unire.
E l’altro grande merito di We Live in Time, in confronto a tanti film dello stesso filone, è che scansa con convinzione ogni tentativo di patetismo. Non è un film ricattatorio, di quelli che ti giudicano con sguardo austero se non hai fatto scorta di fazzoletti prima di entrare al cinema. È un film onesto che sicuramente punta in paio di momenti alla lacrima facile, ma non indugia mai su quel versante, lasciando alla sensibilità dello spettatore il senso di commozione. Insomma, in We Live in Time non c’è quella pornografia del dolore che ha fatto la fortuna di questo tipo di film.
C’è perfino una scena stra-cult che rimarrà a lungo dopo la visione, ovvero quella del parto di Almut in una stazione di servizio. Quella sequenza è un piccolo capolavoro di ironia, tensione e grottesco.
Prodotto da Benedict Cumberbatch, We Live in Time – Tutto il tempo che abbiamo è stato presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival e in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma, per arrivare poi nei cinema il 6 febbraio 2025 distribuito da Lucky Red.
Roberto Giacomelli
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