Alien: Romulus, la recensione

Quando sentiamo parlare di Alien ci si illuminano gli occhi perché, diciamolo senza remore, nel 1979 Ridley Scott ha realizzato un Capolavoro, un film unico nel suo genere, capace di ridefinire i topoi della fantascienza come prima di lui avevano fatto, con flessioni di genere differenti, Kubrick con 2001: Odissea nello spazio e Lucas con Guerre stellari. Ma se oggi la rivista Empire inserisce Alien al 33° posto dei 500 film più importanti della Storia del Cinema e nel 2002 il film di Scott è stato scelto per essere conservato nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, il mondo della critica cinematografica non è sempre stato così positivo e accondiscendente verso Alien.

Se andiamo a sfogliare le recensioni dell’epoca troviamo pesanti stroncature. Ad esempio, Michael Sragow scriveva sull’L.A. Herald “un b-movie esagerato, tecnicamente ben fatto ma troppo solenne e complicato da seguire come una messa recitata in latino”; Vincent Canby sul New York Times diceva che “i personaggi sono talmente piatti che sembrano scritti da un computer”. Su Film Illustrated ci andavano particolarmente pesanti definendo Alienun film orribile e studiato per risultare cattivo e c’è poco che il cast possa fare per alleviare il senso di manipolazione dell’orrore”, così come l’italiano Claudio Asciuti nel 1980 su Un’ambigua utopia n°7 stroncava senza pietà: “un pedestre prodotto di basso consumo, appeso ai fili di una produzione revivalistica e moraleggiante che muove ora per la maggiore affabulando antiche teratologie, idiote comparse e ammuffiti spettri orrorifici”.

Al di là di questi “lungimiranti” pareri che oggi finirebbero sbeffeggiati in pagine satiriche sui social, Alien ha condotto un iter di tutto rispetto che non solo ha portato Scott a diventare uno dei più celebrati autori della sua generazione (piazzando Blade Runner come film successivo ad Alien, il che la dice lunga su questo grande regista!), ma facendo del film con Sigourney Weaver uno dei fanta-horror più influenti, citati, copiati e con un importante merchandise, alimentato da sequel di qualità e da una serie di prodotti multimediali, come fumetti e videogames, che ne hanno esteso la Lore.

E oggi, a distanza di 45 anni dall’uscita del film capostipite, arriva al cinema Alien: Romulus, settimo capitolo della saga principale dedicata al nostro amato xenomorfo.

Rain e suo “fratello” Andy, orfani di genitori, vivono in una colonia mineraria su un pianeta dove non sorge mai il sole, sfruttati dalla Wayland-Yutani con la promessa che raggiunte un tot di ore di contributo lavorativo potranno essere liberi di lasciare la colonia. E Rain quelle ore le ha ormai raggiunte, pronta a partire con Andy verso una colonia su un pianeta terraformato. Ma la Weyland-Yutani nega il permesso a Rain, costretta a molti altri anni di lavoro alle dipendenze dell’azienda.

Per la ragazza e suo fratello, però, si presenta un’opportunità: unirsi al gruppo del suo amico d’infanzia Tyler, intenzionato anche lui a lasciare in autonomia e illegalmente la colonia mineraria. Tyler, Kay, Bjorn e Navarro hanno bisogno delle abilità di Andy per infiltrarsi di nascosto nella stazione di ricerca Renaissance, appena comparsa nella loro orbita, prima che intervenga la Weyland-Yutani, e far razzia delle capsule di materia criogenica utili a supportare il crio-sonno che li condurrà verso la loro destinazione.

Ma giunti sulla Renaissance, i sei amici dovranno scontrarsi con una inarrestabile minaccia che non avrebbero mai potuto immaginare.

Alien: Romulus è diretto e co-sceneggiato (insieme all’amico Rodo Sayagues) da Fede Álvarez, ovvero una delle più talentuose nuove leve del cinema horror internazionale, che nel 2013 ha rilanciato il franchise di Evil Dead – La casa e tre anni dopo ha diretto quel gioiello di tensione che è Man in the Dark. Non è scontato che un autore che fino ad oggi ha dato prova di sapersi destreggiare con l’horror più cruento fosse la personalità più adatta a proseguire la saga di Alien senza puntare tutto sullo splatter, invece Álvarez non solo ha dimostrato di conoscere e capire perfettamente il franchise con cui è chiamato a confrontarsi, ma con Alien: Romulus ha anche realizzato il miglior capitolo della saga da 25 anni a questa parte.

Fede Álvarez inserisce cronologicamente Alien: Romulus dopo gli eventi di Alien del 1979, tanto che abbiamo un prologo che riprende direttamente da dopo il finale del film di Scott. Il look generale, quindi, è molto simile a quello del film originario, sia per la tecnologia (oggi vintage) utilizzata dai personaggi che nell’architettura degli ambienti che, in diverse soluzioni, attinge apertamente anche al videogame del 2014 Alien: Isolation (si vedano gli stretti cunicoli che collegano i diversi moduli della Renaissance, mostrai in soggettiva). E proprio come Alien del 1979, Alien: Romulus ha una struttura che ci rivela lentamente la minaccia, rendendola il meno visibile possibile e puntando in maniera massiccia sulla crescente tensione; fino alla deflagrazione nell’ultimo atto che è chiaramente ripreso dall’impostazione action di Aliens – Scontro finale, citato perfino in un prototipo di arma utilizzato dalla protagonista.

Quindi nella mente di Álvarez e soci è tutto ben chiaro: rendere omaggio ai migliori capitoli della saga rimanendo completamente coerente con essi, non tralasciare nulla nell’arco narrativo del franchise cronologicamente precedente (ci sono importantissimi riferimenti a Prometheus e Alien: Covenant) ma, allo stesso tempo, non tentare mai di “rifare” nessun film, prendendo una strada autonoma e personale.

I personaggi di Alien: Romulus non ricordano nessuno di quelli già visti in precedenza, anche se verrebbe automatico sovrapporre Rain interpretata da Cailee Spaeny a Ripley prima maniera di Sigourney Weaver. Ma le due, in realtà, sono profondamente differenti se guardiamo oltre il ruolo di tenace final-girl, dal momento che Rain ha uno scopo, ha un passato ed è motivata a portare a termine la missione ben oltre la mera sopravvivenza.

Anche Andy è molto differente dai “sintetici” che abbiamo visto fino ad ora nella saga, più umano di Ash nel primo film ma non così umano (e complesso) come David di Covenant; quello interpretato da David Jonsson è invece un sintetico di compagnia, programmato per essere un pari di Rain, di rispecchiare la giovane età che dimostra, di provare un’empatia simulata. Se Andy può ricordare la Call di Winona Ryder in Alien – La clonazione per come è vittima di bullismo da parte degli umani, ha una forte personalità legata al modo come è stato programmato dal padre di Rain, così da offrire un sorriso alla ragazza anche nei momenti più tristi grazie a una vasta gamma di barzellette che “non fanno ridere”.  Inoltre, è significativo che nel film i due protagonisti siano fratelli (almeno così si considerano) e ci sia una sorta di fratellanza all’interno dell’intero gruppo di giovani, così come sono stati fratelli Romolo e Remo che danno nome ai due moduli in cui si divide la stazione orbitante Renaissance.

Sorprende anche vedere, per la prima volta nella saga principale, personaggi piuttosto giovani, un’idea che il regista ha avuto pensando alle colonie mostrate in Aliens – Scontro finale di Cameron in cui compaiono anche bambini. In Alien: Romulus, la giovane età dei protagonisti è perfettamente in linea con i personaggi che interpretano, una generazione di orfani che stanno pagando per una vita scelta per loro dai genitori, giovani che hanno il desiderio di evadere dalle responsabilità che sono chiamati a portare con loro, che desiderano vedere il sole.

Ma l’abilità di Álvarez e Sayagues non sta solo nella scrittura dei personaggi principali, ma anche nella costruzione di singole sequenze che “giocano” con gli elementi dell’universo di Alien. Un ruolo importante, infatti, lo svolgono i facehugger in almeno due sequenze al cardiopalma, mentre uno dei momenti più riusciti del film è tutto giocato con il sangue acido degli alieni in una scena in assenza di gravità. Poi c’è l’iconico parto del chestbuster con variate “raggi X” e non possono mancare i celebri xenomorfi, più feroci e letali che mai, per finire con una creatura inedita che siamo sicuri vi lascerà a bocca aperta!

Tutte le creature sono realizzate con effetti pratici (animatronic, costumi, make-up) e la CGI è utilizzata quel minimo necessario alle scene più spettacolari, creando così quel senso di organico e di terrore tangibile che si respirava nei primi film della saga.

Pur non esagerando dal punto di vista dello splatter, Alien: Romulus contiene comunque alcuni dei momenti più raccapriccianti dell’intera saga, amplificati dal fatto che stavolta a diventare potenziali vittime sono ragazzi, motivati e con i quali la sceneggiatura riesce a creare una certa empatia. Insomma, non mancheranno i momenti in cui non tiferete per il mostro.

 Riportando la saga di Alien alle sue origini orrorifiche e ricche di tensione, Fede Álvarez realizza un ottimo sequel che è anche un ottimo fanta-horror tout court. C’è una buona scrittura che incastra a dovere gli eventi dei film che lo precedono cronologicamente, c’è tensione e senso del pericolo con alcune trovate davvero memorabili, c’è l’azione, violenza il giusto e c’è una bella varietà di creature aliene utile a far felice ogni vero appassionato di questa fantastica saga.

Alien: Romulus è nei cinema italiani dal 14 agosto.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un’ottima costruzione della tensione.
  • Tanti mostri realizzati con ottimi effetti speciali vecchio stile.
  • Personaggi ben scritti.
  • Perfettamente coerente con gli altri film nei quali si incastra.
  • Se non vi piace Alien e l’universo che ha creato difficilmente vi piacerà questo film. Ma è anche vero che, se così fosse, non vedrei il motivo per il quale dovreste andare a vedere Alien: Romulus
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Valutazione: -2 (da 2 voti)
Alien: Romulus, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

2 Responses to Alien: Romulus, la recensione

  1. Fabio ha detto:

    Contro: PRATICAMENTE TUTTO
    Pro: gli effetti speciali classici e il fatto che finalmente a un certo punto il film finisce

    Per me atroce delusione, un film scritto malissimo e dove non funziona nulla a parte gli effetti speciali HOLLYWOOD AL ROGO, mi stanno stuprando tutti i miei ricordi di infanzia

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    Valutazione: 1.0/5 (su un totale di 1 voto)
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    Valutazione: 0 (da 2 voti)
  2. wakko ha detto:

    Concordo in tutto con la recensione.
    Aggiungerei che questo capitolo può forse anche presentarsi come un reboot per le generazioni più recenti, le quali difficilmente avrebbero motivi per vedersi i capitoli più vetusti conoscendone già l’universo, mentre ora potrebbero cogliere l’occasione dai vari riferimenti presenti in Romulus.

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