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Longlegs: il thriller con un satanico Nicolas Cage al cinema dal 31 ottobre
Longlegs, il film rivelazione dell’estate americana 2024, ha finalmente una data d’uscita in Italia. Dalle ultime Giornate Professionali di Cinema avevamo, infatti, scoperto che nel nostro Paese il film di Osgood Perkins sarebbe stato distribuito in autunno da BeWater Film, neonata casa di distribuzione che collabora con Medusa Film. Ma ora sappiamo la data precisa: 31 ottobre.
Nel tentativo di catturare un serial killer noto come Longlegs, una neo-agente dell’FBI dall’intuito fuori dal comune scopre una serie di indizi che sembrano avere a che fare con l’occulto. Trovare una connessione tra gli indizi disseminati, nel passato e nel presente, da Longlegs è indispensabile per porre fine alla terrificante scia di omicidi.
The Brutalist: Brady Corbet e il trauma dell’Artista. La recensione da Venezia81
Nella Pennsylvania del secondo dopoguerra, l’architetto ebreo Lázló Tóth (Adrian Brody) cerca di ricostruirsi una vita negli Stati Uniti, affrontando la fame e la povertà, fino all’incontro con l’imprenditore Harrison Lee Van Buren (Guy Pearce) che diventerà il suo mecenate e gli affiderà la progettazione di un’opera sensazionale.
Presentato in concorso all’81ª Mostra del Cinema di Venezia, dove ha vinto il Leone d’argento alla regia, The Brutalist è firmato dal regista Brady Corbet, già alla seconda apparizione veneziana dopo che nel 2015 il suo The Childhood of a Leader figurava in concorso nella sezione Orizzonti.
Queer: la torrida Città del Messico di Luca Guadagnino. La recensione da Venezia81
Luca Guadagnino torna alla Mostra del Cinema di Venezia con l’adattamento di un romanzo breve di William S. Burroughs, Queer.
Siamo nel 1950. Lee (uno stropicciatissimo Daniel Craig, perfettamente in parte) passa le giornate e le serate nei locali gay di Città del Messico, alla ricerca di incontri occasionali. Del suo passato non ci viene svelato molto: intuiamo che si sia trasferito all’estero anche per vivere alla luce del sole la propria omosessualità. Il suo presente, invece, è un loop crepuscolare, decadente: l’uomo si aggira senza una direzione nel sottobosco della capitale messicana, in un passivo tourbillon di sesso e droga. Qualcosa in lui cambia all’incontro con Gene, un giovane enigmatico con cui inizia una frequentazione dapprima platonica.
Broken Rage: le due facce di Takeshi Kitano. La recensione da Venezia81
Un sicario (Takeshi Kitano) incaricato di far fuori dei target da uno misterioso boss, viene catturato dalla polizia e costretto a spiare un altro boss…
Takeshi Kitano è ormai di casa a Venezia, fin dal 1997 anno in cui vinse il Leone d’Oro con Hana-bi, il regista giapponese ci ha abituato a storie intense, intrise di crudeltà e riflessioni sulla società, l’onore e la morte, seppur con una dose di velata ironia.
Giunto alla boa dei settantasette anni, con Broken Rage il regista giapponese sembra scrollarsi finalmente di dosso un po’ della responsabilità che negli anni si era visto attribuire nei confronti di “un certo tipo di cinema” e recupera la sua esperienza da comico, confezionando in 62 minuti un film che rappresenta, in un certo senso, la sintesi della sua arte e della sua anima, ma… senza esagerare.
The Order: Jude Law contro il suprematismo bianco. La recensione da Venezia81
Sicuramente abbiamo tutti impresse nella retina le immagini dell’assalto al Campidoglio americano avvenuto il 6 gennaio 2021, ma in Italia potremmo non avere la percezione che quell’evento non fu un fulmine a ciel sereno né un’iniziativa improvvisata e disordinata, quanto un atto violento pianificato per decenni da certe frange ideologiche e che affonda le sue radici in una subcultura che oscilla, di fatto, tra complottismo e terrorismo.
Il film The Order di Justin Kurzel è tratto da una storia vera e ci racconta molto di quell’humus culturale, perché è ambientato nei primi anni Ottanta, quando non c’erano neppure ancora i Simpson che potessero immaginarsi Donald Trump presidente, eppure le fondamenta di quella mentalità che oggi possiamo definire l’Alt-Right USA estrema erano già state ben definite.
Joker: Folie à Deux. Put on a happy face? La recensione da Venezia81
Dopo il trionfo del Leone d’Oro nel 2019, il nuovo lavoro di Todd Phillips era senz’altro tra i più attesi di questa edizione della Mostra. Joker: Folie à Deux, nei mesi successivi all’annuncio del progetto, è stato oggetto di molte (legittime) perplessità: come dare un seguito forte a un film già così “compiuto” e anomalo nel panorama dei cinecomic? Ma soprattutto: che esito può portare l’inserimento nel cast di un’icona del pop come Lady Gaga? Quando è stato comunicato che Folie à Deux sarebbe stato un musical, il senso di straniamento è aumentato ancora. Joker viene presentato alla Mostra del Cinema di Venezia e finalmente abbiamo delle risposte.
Babygirl: Nicole Kidman e il BDSM fedifrago. La recensione da Venezia81
Romy (Nicole Kidman) è una donna di successo, amministratrice delegata in una grossa azienda di spedizioni pioniera dell’automazione dei processi. Ha famiglia perfetta, marito perfetto (Antonio Banderas), figlie bionde brave belle e arcobaleno, ha riempito tutte le caselle punteggio possibili della vita. Tranne una, a quanto pare: è insoddisfatta sessualmente. Colmerà questo vuoto iniziando una relazione adultera con un giovane, assertivo stagista (Harris Dickinson), in grado di appagare le fantasie di sottomissione della donna.
Wolf Creek: Legacy, l’outback australiano sta per sporcarsi nuovamente di sangue nel terzo film della saga
Un terzo film della saga horror Wolf Creek è ufficialmente in lavorazione: è il sito Deadline a confermarlo svelando alcuni dettagli e che il titolo sarà Wolf Creek: Legacy.
Nel 2005, in pieno fermento torture porn, faceva la sua comparsa nei cinema internazionali l’australiano Wolf Creek diretto da Greg McLean, terrificante storia di tre amici in viaggio nell’outback che rimangono vittime di un cacciatore psicopatico con l’hobby della tortura. Il grande successo del film portò a un sequel nel 2014, Wolf Creek 2, sempre diretto da Greg McLean e presentato alla 70° Mostra del Cinema di Venezia, che alzava di molto l’asticella dello splatter. Tra il 2016 e il 2017 sono state prodotte due stagioni (da 6 episodi l’una) della serie tv che continuava le scorribande dello psicopatico Mick Taylor, a cui ha dato volto sempre l’attore John Jarratt, già protagonista dei due film precedenti. Ora il franchise torna al cinema, John Jarratt sarà ancora il “mostro” ma la regia passa in mano a Sean Lahiff, mentre Greg McLean figurerà come produttore.
Maria: Angelina Jolie è Maria Callas nel biopic di Pablo Larraìn. La recensione da Venezia81
Al terzo giro, il regista Pablo Larraìn è visto ormai come specializzato in biopic atipici dedicati a grandi donne del Novecento traumatizzate ma impeccabili, carismatiche ma fragili, schiacciate dalle ombre e dal peso di qualcosa di più grande di loro. In Jackie, del 2016, Natalie Portman portava in scena una donna passata alla storia per essere moglie (di John F. Kennedy) e che fece proprio della perfezione apparente la sua migliore armatura, anche di fronte al ciclone di cui fu al centro esatto in mondovisione. In Spencer, 2021, Kirsten Stewart ci regalava una principessa Diana ostaggio della famiglia reale e infestata dai fantasmi del passato. In Maria, infine, Angelina Jolie ci restituisce la personalità non facile di Maria Callas, una donna questa volta fagocitata non tanto dagli obblighi, dai compagni di vita o dall’immagine pubblica, quanto da se stessa, dall’impossibilità di sopravvivere al proprio enorme talento.