Archivio categorie: Recensioni

We Live in Time – Tutto il tempo che abbiamo

Negli ultimi mesi abbiamo potuto notare una frequente tendenza cinematografica a infrangere la narrazione cronologica. Solo nelle ultime settimane abbiamo visto Here di Robert Zemeckis, Oh, Canada! di Paul Schrader, Diva Futura di Giulia Steigerwalt e sta per uscire anche Strange Darling di JT Mollner che si fonda proprio sullo scardinamento temporale. Giocare con il tempo, in fin dei conti, è un espediente interessante che può modificare la fruizione di un prodotto, creare sorprese anche nelle storie più semplici e risapute e donare un ritmo più incalzate alla narrazione. L’irlandese John Crowley (Brooklyn, Il cardellino) si inserisce a gamba tesa in questo trend affrontando in maniera particolare il concetto di tempo nel suo We Live in Time – Tutto il tempo che abbiamo.

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Diva Futura, la recensione

Il settore del porno è tra quelli che muovono in maniera più consistente l’economia mondiale e questo accade da anni, fin da quando tutto si faceva sottobosco. Perché si sa, il sesso vende e tanto. E l’Italia è decisamente tra i maggiori consumatori mondiali di porno, come ha dimostrato uno studio dell’Università di Padova che una decina di anni fa ha scoperto che ben il 78% di giovani italiani è consumatore abituale di pornografia online. A ribadire questa tendenza, nel 2021, anche Pornhub, uno dei maggiori siti porno al mondo capace di capitalizzare miliardi di dollari all’anno, che in un report statistico ha stabilito che l’Italia è tra i maggiori paesi a far traffico sul loro sito, subito sotto gli Stati Uniti, il Giappone e il Regno Unito.

Stiamo parlando di porno online, che oggi occupa la quasi totalità del settore, ma prima che l’hard arrivasse a portata di tutti con un click, l’Italia era comunque in pole position con premiatissime produzioni cinematografiche e per aver dato i natali ad alcune delle più importanti star del settore, anche a livello internazionale, come Moana Pozzi e Ilona Staller. Ma dietro la nascita del porno italiano nella sua accezione più moderna e capitalistica c’è un nome ben preciso, Riccardo Schicchi, e quello della sua agenzia, Diva Futura.

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The Calendar Killer, la recensione

The Calendar Killer è un film del 2025 di produzione tedesca, diretto da Adolfo J. Kolmerer e tratto dal romanzo Portami A Casa di Sebastian Fitzek. La pellicola è stata distribuita su Amazon Prime Video.

Siamo a Berlino, in una gelida notte invernale. Jules è un uomo, vedovo e con una figlia, che di lavoro fa l’operatore per una linea telefonica di soccorso chiamata “Ti Accompagno A Casa”, che ha lo scopo di rispondere alle chiamate di persone in pericolo. Jules riceve la telefonata di Klara, una donna che ha subìto violenza fisica dal marito e che, dopo aver tentato il suicidio, è convinta di essere perseguitata dal “killer del calendario”, un assassino che ha segnato la data del 6 dicembre sul muro del suo garage, mettendola davanti ad una scelta: o uccide suo marito, o il killer ucciderà lei.

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Vampira umanista cerca suicida consenziente, la recensione

Presentato in concorso alle Giornate degli Autori dell’80ª Mostra del Cinema di Venezia, Vampire humaniste cherche suicidaire consentant, che per la distribuzione italiana diventa letteralmente Vampira umanista cerca suicida consenziente, è l’esordio al lungometraggio della regista canadese Ariane Louis-Seize.

Sasha (Sara Montpetit) è una giovane vampira che fin da bambina manifesta un grave problema comportamentale: l’empatia per gli esseri umani. Quando la famiglia divora il clown ingaggiato per il suo compleanno, la piccola rimane traumatizzata – con sommo sconcerto dei suoi cari, che avevano assunto il pagliaccio più come “portata principale” che come intrattenimento. Mamma e papà vampiro sono molto preoccupati: i canini di Sasha non si sviluppano come dovrebbero e valutano di farla visitare da uno specialista. La ragazza non ne vuole sapere di uccidere per nutrirsi, e viene mantenuta dalla “caccia notturna” della famiglia. Tutto cambia quando l’adolescente conosce Paul (Félix-Antoine Bénard), giovane infelice e con pensieri suicidi.

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Itaca – Il ritorno, la recensione

Itaca, nel bel mezzo del Mare Ionio. Un uomo giace sulla spiaggia, nudo e disidratato. È Odisseo, sovrano di quell’isola, partito più di vent’anni prima per combattere la guerra di Troia e poi perso in tante avventure che gli hanno impedito un celere ritorno. Itaca, però, è stata assediata dai proci, nobili che aspirano al titolo lasciato vacante da Odisseo e per affermarsi chiedono la mano di sua moglie, Penelope, che per prender tempo ha promesso che sceglierà il suo nuovo sposo solo quando avrà finito di tessere una veste per suo suocero Laerte. Ma Penelope ogni notte disfa quello che durante il giorno ha passato al telaio. Intanto Telemaco, figlio di Odisseo e Penelope, si è convinto di andare a cercare il padre, ignorando che il genitore ha appena fatto ritorno e sta sfruttando il fatto che nessuno lo riconosce per monitore la situazione ed escogitare un piano per liberare Itaca.

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Companion, la recensione

La prima delle tre leggi della robotica create dallo scrittore Isaac Asimov per le sue opere – ma riprese anche da altri autori – recita: un robot non può recare danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.

Eppure, tanta narrativa fantascientifica, così come tanto cinema e tanta tv, hanno fatto a gara per infrangere questa prima, fondamentale, legge. E se in un racconto, un romanzo, un film di genere c’è un robot che interagisce con uno o più esseri umani, beh, potete star sicuri che il 90% delle volte quel robot cercherà di arrecare un danno mortale all’umano.

In Companion, esordio alla regia di un lungometraggio di Drew Hancock dopo una lunga gavetta come regista e sceneggiatore di serie tv, la situazione è davvero paradossale perché sì, il robot cercherà di accoppare nei modi più creativi gli esseri umani, ma sarà solo per una forma di difesa!

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Babygirl: Nicole Kidman e il BDSM fedifrago. La recensione

Romy (Nicole Kidman) è una donna di successo, amministratrice delegata in una grossa azienda di spedizioni pioniera dell’automazione dei processi. Ha famiglia perfetta, marito perfetto (Antonio Banderas), figlie bionde brave belle e arcobaleno, ha riempito tutte le caselle punteggio possibili della vita. Tranne una, a quanto pare: è insoddisfatta sessualmente. Colmerà questo vuoto iniziando una relazione adultera con un giovane, assertivo stagista (Harris Dickinson), in grado di appagare le fantasie di sottomissione della donna.

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The Girl With the Needle, la recensione

Siamo a Copenaghen, sul finire della Grande Guerra. Karoline vive nella miseria, in attesa che qualcuno le comunichi la morte del marito partito al fronte e di cui si sono perse notizie da tempo. La donna, che lavora come sarta in un’azienda che produce divise militari, si lascia sedurre dal suo capo con la speranza di un po’ di benessere, ma rimane incinta e senza lavoro. Inoltre, il marito Peter torna improvvisamente a casa, con il volto sfigurato e coperto da una maschera grottesca. Decisa ad abortire, Karoline incontra fatalmente Natalie e la sua vita, da quel momento, subisce un improvviso cambiamento…

Non è il caso di aggiungere altro della trama di The Girl With the Needle, sorprendente dramma danese presentato al Festival di Cannes 2024 e candidato agli Oscar 2025 come miglior film internazionale, che segna la terza regia dello svedese Magnus von Horn dopo i già notevoli Efterskalv (2015) e Sweat (2020). The Girl With the Needle (Pigen med nålen in originale), riesce abilmente a cambiar pelle nel corso dei 115 minuti di durata passando dal dramma neorealista all’horror toccando perfino la fiaba dark dagli echi dickensiani.

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A Complete Unknown, la recensione

New York, 1961. A bordo di un taxi, con qualche indumento sgualcito e una chitarra ben stretta tra le mani, giunge in città un giovane che è destinato a cambiare per sempre le sorti della musica folk. È Robert Zimmerman, un nome ormai abbandonato nel passato per lasciare posto al ben più evocativo pseudonimo Bob Dylan.

Il ragazzo, un chitarrista appena ventenne che nessuno ha mai sentito nominare, giunge in città per recarsi al capezzale di Woody Guthrie, uno dei più importanti cantautori della scena folk ormai rinchiuso in un ospedale psichiatrico a causa di una grave malattia neurodegenerativa.

Recatosi da Guthrie per una convenzionale visita “da fan”, il giovane Dylan conosce proprio in questa cornice l’altra grande voce della scena folk americana: Pete Seeger. Sentendolo suonare e cogliendo immediatamente la poesia insita nelle note dei suoi arrangiamenti, Pete decide di prendere sotto la sua ala protettiva il giovane Bob Dylan: lo fa esibire nei piccoli locali in cui si suona musica folk dal vivo, lo porta sul prestigioso palcoscenico del Newport Folk Festival e lo fa diventare amico e collega di Joan Beaz.

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The Brutalist: Brady Corbet e il trauma dell’Artista. La recensione in anteprima

Nella Pennsylvania del secondo dopoguerra, l’architetto ebreo Lázló Tóth (Adrian Brody) cerca di ricostruirsi una vita negli Stati Uniti, affrontando la fame e la povertà, fino all’incontro con l’imprenditore Harrison Lee Van Buren (Guy Pearce) che diventerà il suo mecenate e gli affiderà la progettazione di un’opera sensazionale.

Presentato in concorso all’81ª Mostra del Cinema di Venezia, dove ha vinto il Leone d’argento alla regia, poi candidato a 7 Golden Globes vincendone tre molto importanti (film drammatico, regia, interprete), The Brutalist è firmato dal regista Brady Corbet, già alla seconda apparizione veneziana dopo che nel 2015 il suo The Childhood of a Leader figurava in concorso nella sezione Orizzonti.

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