Archivio categorie: Recensioni

La memoria dell’assassino, la recensione

Quello del sicario o dell’agente speciale affetto da una qualche malattia e intento in un’ultima missione prima della dipartita sta diventando un vero e proprio filone all’interno del cinema action/thriller. Se Kevin Costner era un agente della CIA malato terminale in 3 Days to Kill (2014) e Ethan Hawke aveva solo poche ore per risolvere un caso prima di morire in Le ultime 24 ore (2017), Liam Neeson era un assassino malato di Alzheimer in Memory (2022), a sua volta remake di The Memory of a Killer (2003), titolo casualmente omonimo a quello italiano di Knox Goes Away, di e con Michael Keaton, che affronta anche un tema molto simile.

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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Acid, la recensione del survival-movie francese sulle piogge acide

Il riscaldamento globale è un pericolo concreto per il Pianeta e sta portando una serie di criticità ambientali che si manifestano, in primis, con una preoccupante emergenza climatica mondiale. Fenomeni sempre più estremi, frequenti e devastanti stanno minacciando l’incolumità di uomini, animali e piante; inoltre, il 2022 ha fatto registrare un caldo record in Europa con 2,26 gradi centigradi in più rispetto alla media. L’anidride carbonica nell’aria è aumenta di circa il 150% negli ultimi cento anni e la concentrazione di CO₂ è responsabile dell’innalzamento della temperatura che, a sua volta, rende sempre più frequenti fenomeni di inondazioni, siccità, dissesto idrogeologico, diffusione di malattie, crisi idrica ed estinzione di specie animali e vegetali.

Questa emergenza è stata ovviamente catturata anche dal mondo del cinema che ne ha fatto tesoro per partorire storie di devastazioni e disastri; ma se un tempo si trattava di spettacolari film di fantascienza o distopie da disaster-movie che al massimo potevano avere un’eco profetica, oggi si tratta di paure concrete, drammi reali che potrebbero realizzarsi in tempi brevi.

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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Woken, la recensione

Anna è incinta, senza memoria e si trova su un’Isola del Mare del Nord. Viene accudita da Henry e Helen, mentre suo marito James cerca di spiegarle che il mondo è ormai al collasso, una pandemia ha ucciso buona parte della popolazione e loro sono al sicuro, lontano dagli infetti. Ma più passano i giorni, più i ricordi della donna riaffiorano e qualcosa nel racconto delle persone che sono con lei non le torna.

Ogni parola in più sarebbe una parola di troppo nel raccontare la trama di Woken, un dramma fantascientifico che vede la co-partecipazione produttiva di Irlanda e Italia e porta la firma in regia e sceneggiatura dell’irlandese Alan Friel, che esordisce nel lungometraggio dopo una gavetta di quasi trent’anni nel settore dei cortometraggi.

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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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A Quiet Place: Giorno 1, la recensione

Il prologo di A Quiet Place: Parte II ci trasportava a più di un anno prima degli eventi narrati mostrandoci, dal punto di vista della famiglia Abbott, il GIORNO 1, ovvero quando l’invasione dei feroci mostri extraterrestri sensibili ai suoni ha avuto inizio. Pochi folgoranti minuti per una delle sequenze più belle e drammatiche dell’intero film.

Prima di proseguire nella saga con una Parte III, il produttore, sceneggiatore e regista dei primi due film della saga John Kransinski ha pensato di mettersi da parte e far approfondire quel primo drammatico incontro con i mostri ma prendendo un punto di vista inedito e una location fino ad ora mai inquadrata all’interno della saga, quella metropolitana, più precisamente newyorkese. Nasce così A Quiet Place: Giorno 1, scritto e diretto da Michael Sarnoski.

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Valutazione: 7.5/10 (su un totale di 2 voti)
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Hit Man – Killer per caso, la recensione

La carriera di Richard Linklater è imprevedibile.

Dalla trilogia cult con Ethan Hawke e Julie Delpy iniziata nel 1995 con Prima dell’alba si passa al western-crime The Newton Boys, poi all’animazione in rotoscope di Waking Life e A Scanner Darkly, ma c’è spazio anche per la commedia di successo con Jack Black School of Rock e per il coming of age in tempo reale (girato davvero in 12 anni!) Boyhood, vincitore di un Oscar. Che artista è Richard Linklater, dunque? Non lo so. Probabilmente è uno a cui non piace ripetersi e che non ha paura a prendere dei rischi. Con Hit Man – Killer per caso c’è un ulteriore cambio d’abito, e la commedia sentimentale si contamina con il pulp in una vicenda crime che, incredibilmente, deriva da una storia vera.

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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Inside Out 2, la recensione

Se vi chiedessero qual è il film d’animazione che preferite tra quelli prodotti negli ultimi vent’anni, sono sicuro che molti di voi dichiarerebbero Inside Out. E il film Pixar di Pete Docter, oltre ad essere stato uno dei più grandi successi d’animazione della Disney degli ultimi tempi, è effettivamente rientrato di diritto tra i favoriti di molti spettatori, scalando anche le classifiche di gradimento degli esperti del settore. Con un 98% di recensioni professioni positive, Inside Out è al quinto posto della classifica dei 100 film d’animazione in computer grafica stilata da Rotten Tomatoes ed è stato inserito da IMDB nella classifica dei 20 migliori film d’animazione di tutti i tempi, guadagnando anche una dignitosissima 12ª posizione nella classifica dei 40 più grandi film d’animazione pubblicata da Rolling Stones.

È innegabile che l’idea di dare corpo alle emozioni è stata una mossa vincente, una vera novità nel campo dell’animazione supportata da un’ottima scrittura capace di parlare tanto ai bambini quanto agli adulti. Di fatto, Inside Out ha dettato la direzione che la Pixar avrebbe seguito negli anni successivi fino ad oggi, non sempre con successo, ma facendo quel salto di qualità necessario a mostrare una effettiva maturità nei prodotti dello Studio interno alla Disney.

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Valutazione: 7.5/10 (su un totale di 2 voti)
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The Bikeriders, la recensione

Anche se oggi si tende a ricondurre l’argomento dei bikers cinematografici a un unico titolo, il bellissimo Easy Rider (1969) di Dennis Hopper, tra gli anni ’60 e ’70 era esplosa una tendenza che individuava nei motociclisti ribelli e nei club illegali di motociclisti un tema ricorrente, tanto da creare un vero e proprio filone cinematografico, quello dei biker-movies. Sicuramente si deve l’inizio di tutto a Il selvaggio (1953) di Laslo Benedek con Marlon Brando, mentre all’iconico Easy Rider spetta l’ideale fine di un’epoca impressa su pellicola; ma nel mezzo di questi tre lustri ci sono stati tanti di quei film, soprattutto in ottica exploitativa, da riempire numerosissimi posteggi di drive-in. Sanguinose risse, motori rombanti, duelli all’ultimo sangue, e bellissime ragazze pronte a tutto per conquistare un posto sulla sella del chopper del centauro bello e dannato. Dall’imprescindibile I selvaggi (1966) di Roger Corman fino a irresistibili “contaminazioni” come La notte dei demoni – Werewolves on Wheels (1971) di Michel Levesque, passando per Angeli dell’inferno sulle ruote (1967) di Richard Rush, Facce senza Dio (1967) di Daniel Haller, She-Devils on Wheels (1968) di Herschell Gordon Lewis, Satan’s Sadist (1969) di Al Adamson e L’angelo scatenato (1970) di Lee Madden.

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Valutazione: 7.5/10 (su un totale di 2 voti)
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Siano dannati i cartoni animati! Hazbin Hotel, il fenomeno di culto nell’animazione per adulti

La serie animata statunitense Hazbin Hotel su Amazon Prime è stata un vero fenomeno del 2024 tra i ragazzini, i ragazzi e non soltanto. La storia che sta dietro la creazione di questo prodotto è in realtà complessa: è firmata da Vivienne Medrano, un nome molto noto nell’animazione indipendente. Dal lontano 2010 a oggi, Medrano si è fatta strada all’attenzione del pubblico condividendo sketch, webcomic, video musicali e serie animate sul suo canale YouTube Vivziepop e assicurandosi una fetta di pubblico ogni anno più grossa.

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Valutazione: 10.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Bad Boys: Ride or Die, la recensione

Quattro anni fa avevamo assistito al ritorno un po’ nostalgico di un brand del cinema action che non era riuscito a esprimersi al pieno, parliamo di Bad Boys, buddy-cop movie che aveva trovato in Michael Bay l’autore ideale ma che si era fermato (prematuramente?) al secondo capitolo. Bad Boys For Life, però, aveva perso il costoso zio Bay e guadagnato due giovani talentuosi registi belgi di origini marocchine, Adil El Arbi e Bilall Fallah, che venivano dalla tv e dai video musicali pronti a portare il loro stile ipercinetico nel franchise di Jerry Bruckheimer. Visto il successo di Bad Boys For Life, il duo di poliziotti interpretati da Will Smith e Martin Lawrence è tornato però per un quarto film, Bad Boys: Ride or Die, che vanta ancora una volta la regia di Adil e Bilall per un’avventura molto movimentata ma narrativamente poco fantasiosa.

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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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The Animal Kingdom, la recensione

Nella mitologia classica abbiamo una grande varietà di creature che presentano un aspetto ibrido tra più specie, spesso fondendo insieme umano e animale. Una chimera, potremmo dire, generalizzando sul nome di quell’essere raccontato da Esiodo ed Omero che fu sconfitto da Bellerofonte, e che ha lo scopo di ammonire l’uomo sulla pericolosità e l’imprevedibilità della Natura.

Di letteratura e cinematografia dedicate al mito della “chimera” ne abbiamo una grande varietà e anche restringendo la selezione al solo ibrido uomo/animale troviamo un buon numero di esempi che spesso mostrano un’ideale fusione con suggestioni (fanta)scientifiche in cui è l’uomo ad essere l’artefice delle mutazioni, come accade nel capolavoro del 1896 di H.G. Wells L’isola del dottor Moreau, portato al cinema nel 1932 nel classico di Erle C. Kenton L’isola delle anime perdute, nel 1977 da Don Taylor con L’isola del dottor Moreau e nel 1996 da John Frankenheimer con L’isola perduta.

Oggi, in quel panorama cinematografico europeo ricco di fermento fantastico, spunta un titolo che rinnova il tema dell’ibrido uomo/animale e lo fa con un’opera dal grande valore simbolico che parla di diversità e di sensibilità ambientalista: The Animal Kingdom di Thomas Cailley.

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