Archivio categorie: Recensioni

La maledizione del cuculo, la recensione

Né la morte, né la fatalità, né l’ansia possono generare l’insopportabile disperazione che risulta dalla perdita della propria identità.”, questa citazione del demiurgo H.P. Lovecraft riassume nel migliore dei modi uno dei timori più ricorrenti nella vita di ognuno di noi, ovvero la perdita della propria identità e di avere al nostro fianco persone la cui personalità si rivela diversa da quella che ci aspettavamo ed eravamo abituati a conoscere negli anni. Tali premesse non potevano lasciare insensibili i narratori di storie dell’orrore e difatti sono numerosi i thriller e gli horror psicologici nei quali la perdita di certezze da parte dei protagonisti fa rima con aspetti oscuri, misteriosi e disturbanti dell’anima. La perdita dell’identità a cui faceva riferimento lo scrittore di Providence, dunque, può trasformarsi non solo in un indicibile disperazione, ma anche in una immane fonte di sofferenza e sciagure per noi stessi e per tutti quelli che sono al nostro fianco.

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Il mio amico robot, la recensione

Siamo a New York, presumibilmente negli anni ’80. Dog è un cagnolino antropomorfo che, dopo aver visto una pubblicità alla tv, decide di ordinare un modello di robot da compagnia. Dopo qualche giorno, arriva Robot e con Dog si instaura un’intesa particolare che li porta ad essere inseparabili. Ma, durante una gita in spiaggia, accade l’irreparabile: la salsedine arrugginisce le giunture di Robot che non riesce più a muoversi e Dog fa di tutto per trovare una soluzione. Senza successo, però. La stagione balneare è conclusa, la spiaggia recintata e Dog dovrà aspettare fino all’estate successiva prima di poter soccorrere Robot. I due riusciranno a riunirsi?

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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Godzilla e Kong – Il nuovo impero, la recensione

Nell’anno in cui Godzilla vince un Oscar grazie al magnifico lavoro svolto dal team del nipponico Godzilla Minus One, il lucertolone nato nel 1954 nel capolavoro di Ishirō Honda per esorcizzare la minaccia nucleare torna sul grande schermo per il nuovo capitolo del MonsterVerse, per la precisione il quinto, Godzilla e Kong – Il nuovo impero. In cabina di regia c’è, per la seconda volta di seguito, il simpatico Adam Wingard che dopo Godzilla vs Kong ci ha preso gusto a far incontrare e scontrare i due titani in gargantueschi cross-over.

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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Priscilla, la recensione del film di Sofia Coppola

Nel 1959, Priscilla Beaulieu è la figlia adolescente di un ufficiale americano di stanza in Germania. Una sera, per distrarla dalla malinconia portata dal trasferimento, un giovane militare conosciuto in un diner e la moglie, la accompagnano ad una festa dove sarà presente anche la superstar Elvis Presley, anche lui di stanza nella zona.

Fin dal primo incontro tra i due scocca la scintilla, ma Priscilla è ancora una bambina ed Elvis un cantante famoso in tutto il mondo, oltre che un uomo di dieci anni più vecchio di lei.

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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Road House, la recensione

Era il 1989 quando nei cinema di buona parte del mondo usciva Il duro del Road House, un action muscolare diretto da Rowdy Herrington che poteva contare sul momento di massima celebrità del divo Patrick Swayze. Machismo, arti marziali, buoni sentimenti, una storia semplice semplice e il successo è stato assicurato: 15 milioni di budget e oltre 60 di incasso globale, con una nomea di cult che ancora oggi lo accompagna. Ci hanno riprovato nel 2006 con un misconosciuto sequel direct-to-video, Road House – Agente antidroga, con Johnathon Schaech nel ruolo principale, fino a che MgM e Amazon Studios hanno fiutato la possibilità di un rilancio in grande: Doug Liman di The Bourne Identity e Edge of Tomorrow alla regia e Jake Gyllenhaal nel ruolo che fu di Swayze per il remake intitolato Road House.

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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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When Evil Lurks, la recensione

Raccontare il male cosmico e il sentimento della paura più assoluta è un’impresa davvero ardua anche per il più ferrato autore di storie del terrore: per riuscire in un simile intento, infatti, bisogna essere capaci non solo di trascinare il pubblico in un incubo intriso di immagini agghiaccianti e orrore puro, ma anche di rendere tangibili le atmosfere terrificanti. Obiettivo che diventa raggiungibile soltanto se gli stilemi del genere vengono utilizzati in maniera cauta e intelligente, in modo da fonderli con una visione che parte dall’animo umano per espandersi nella realtà circostante.

Difficoltà ed ostacoli che un regista horror affronta nel momento in cui decide di cimentarsi, ad esempio, con un film sulle possessioni demoniache, le cui dinamiche quasi sempre seguono archetipi già consolidati e collaudati. Troppe volte, infatti, assistiamo a storie dalla trama prevedibile, infarcite di risvolti piatti e monocordi, abbinate ad un impianto visivo che ormai non genera più quel genuino terrore neanche negli spettatori alle prime armi.

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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Force of Nature – Oltre l’inganno, la recensione

Il detective Aaron Falk torna a indagare su un nuovo caso che stavolta lo porta sulle Alpi australiane, in una località boschiva remota e inospitale che si presenta come l’esatto opposto di quella che aveva fatto da sfondo alla sua prima avventura cinematografica in Chi è senza peccato – The Dry. Dopo l’inatteso successo del film del 2020, Robert Connolly prosegue le indagini del federale nato dalla penna di Jane Haper adattando il suo secondo romanzo, Force of Nature, che ha un ritmo più serrato e vicino al cinema di genere ma anche un fascino e un’efficacia narrativa ben inferiore a quella del precedente capitolo.

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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Imaginary, la recensione

Negli ultimi dieci anni, il cinema horror ha intensificato la produzione di film che raccontano di orrori infantili, ovvero quelle minacce soprannaturali che cercano nell’innocenza e nell’ingenuità dei bambini una facile porta d’accesso alla dimensione terrena. Nello specifico, da Babadook in poi, sembrano proliferare soprattutto quelle storie che raccontano di terrificanti amici immaginari che minano la stabilità mentale dei bambini spingendoli a fare e farsi del male. Uniamo a questo mini-filone anche il recente successo – di cui si è fatta artefice Blumhouse – di quegli horror che raccontano il mondo dei bambini spesso puntando a un target di età più giovane, come è accaduto con gli imprevisti campioni del box-office M3GAN e Five Nights at Freddy’s. Avremo così il piatto servito per un altro fiero esponente dell’horror PG-13 che punta alto al botteghino americano, Imaginary, sempre targato Blumhouse e rigorosamente focalizzato sull’esplorare le paure più recondite del mondo infantile.

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Valutazione: 5.5/10 (su un totale di 2 voti)
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Race for Glory – Audi vs Lancia, la recensione

Il cinema italiano ha esplorato il mondo dell’automobilismo più di quanto si possa pensare. Da Formula 1 – Nell’inferno del Gran Prix (1970, di Guido Malatesta) a Veloce come il vento (2016, di Matteo Rovere), passando per Formula 3 – I ragazzi dell’autodromo (1993, di Andrea Bianchi) e Velocità massima (2002, di Daniele Vicari) e perfino la parodia con Franco e Ciccio I due della F. 1 alla corsa più pazza, pazza del mondo (1971, di Osvaldo Civirani). Formula 1, Formula 3, Rally, corse metropolitane illegali, insomma nel Paese della Ferrari, della Lancia e della Fiat, la settima arte non poteva rendere omaggio a quell’universo che ruota attorno ai motori. Così, dopo Ferrari di Michael Mann e Lamborghini di Bobby Moresco, entrambi girati anche in Italia con una quota produttiva italiana, arriva Race for Glory – Audi vs Lancia, diretto da Stefano Mordini e co-prodotto con la Francia, che ci immerge nel mondo del rally professionistico al fianco di Cesare Florio, l’uomo che ha riportato la Lancia in vetta nel campionato del mondo di rally.

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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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La Terra Promessa, la recensione

Nella Danimarca del 1755 il capitano Ludvig Khalen (Mads Mikkelsen), reduce di guerra di umili origini, cerca riscatto tentando di “domare” il selvaggio e, apparentemente, incoltivabile terreno della brughiera danese, per costruirvi sopra una colonia in nome del Re ed ottenere così in riconoscimento il tanto agognato titolo nobiliare.

L’ambizione di Khalen, convinto di riuscire dove molti prima di lui hanno fallito, si scontra con la volontà del crudele signore del luogo Frederik De Schinkel (Simon Bennebjerg), intenzionato a mantenere l’assoluto controllo delle sue terre a qualsiasi costo.

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