Winnie the Pooh: Blood and Honey, la recensione

Come è ben noto, il mondo delle fiabe e delle favole in passato è stato molto spietato, un ricettacolo di crudeltà e di orrori mascherato da insegnamento morale. Questo è accaduto in particolare con quella letteratura tramandata oralmente e poi scritta destinata ai bambini che potremmo oggi definire classica. Da un certo momento in poi, però, tutto è cambiato e le favole hanno cominciato a parlare ai bambini in maniera rassicurante e bonaria: niente più orchi, licantropi e streghe cannibali, basta con rituali di sangue e maledizioni.

Winnie-the-Pooh e i suoi amici, creati nel 1926 dallo scrittore inglese A. A. Milne e dall’illustratore E. H. Shepard, sono uno dei simboli maggiori di questo nuovo corso di racconti per l’infanzia, che scindono con vigore il furore sanguigno della favola classica per diventare letteratura completa e perfettamente targettizzata, apripista e consacrazione di tutto un altro modo di narrare storie ai giovani senza il bisogno di minacciarli e spaventali.

Ma perché vi parlo di questo mutamento? Semplicemente perché il regista, sceneggiatore e produttore Rhys Frake-Waterfield ha avuto la pensata di fondere quell’universo pastello e zuccheroso di Winnie-the-Pooh con le atmosfere tetre, la crudeltà e il sangue della tradizione horror, riportando il racconto per ragazzi alle sue origini più ferali. Nasce così lo slasher-horror Winnie the Pooh: Blood and Honey che trasforma gli adorabili animaletti che popolano il Bosco del 100 acri in mostri antropomorfi assetati di sangue e viscere.

Tramite un prologo animato, veniamo a conoscenza della splendida amicizia che si è creata nel tempo tra il piccolo Christopher Robin e alcuni animali del Bosco dei 100 acri, in particolare con l’orsetto goloso di miele Winnie-the-pooh. Ma con il passare degli anni Christopher è cresciuto, ha progressivamente diminuito le sue viste al Bosco finché è andato all’università, in un’altra città. Winnie-the-pooh, il maialino Piglet, l’asinello Eyeore, Rabbit e Owl si sono trovati improvvisamente soli e incapaci di procurarsi il cibo. Per questo motivo gli animali sono impazziti e hanno ritrovato il loro istinto predatorio, uccidendo i più deboli per nutrirsi.

Abbiamo poi un salto temporale di cinque anni, Christopher – ormai adulto – torna al Bosco dei 100 acri con la sua ragazza alla ricerca di Winnie e gli altri, ma ad attenderlo trova solamente l’orso e il maialino, ormai imbarbariti e con un aspetto decisamente inquietante, carichi di odio e di rancore nei confronti dell’ex amico. I due “mostri” uccidono la ragazza di Christopher e mettono in catene lui.

Nel frattempo, un gruppo di amiche prende in affitto uno chalet nel Bosco dei 100 acri per far passare un weekend di spensieratezza a Maria, come terapia per dimenticare un’esperienza traumatica che negli ultimi mesi l’ha messa faccia a faccia con un pericoloso stalker.

L’inglese Rhys Frake-Waterfield , che ha in curriculum una quantità invidiabile di z-movie come produttore nell’arco di pochi mesi e la regia di un paio di improbabili horror e il disaster a buon mercato Firenado, ha preso la palla al balzo e, appena il primo libro di A.A. Milne su Winnie-the-pooh è diventato di pubblico dominio, il 1°gennaio 2022, ha immediatamente messo in produzione la sua versione da incubo di quella storia, ovviamente senza la possibilità di utilizzare l’aspetto più famigliare di quei personaggi di cui detiene i diritti la Disney. Il risultato è uno slasher brutale e ritmato che richiama alla mente i più celebri classici del genere (Venerdì 13 e Non aprite quella porta su tutti), trasformando i noti animaletti parlanti in giganteschi psicopatici (muti) con in pugno coltelli, asce e tante letali armi improvvisate.

Come un novello Jason Voohrees, Winnie-the-pooh si dà alla caccia di esseri umani che sconfinano nel “suo” bosco e, controllando anche uno sciame di api assassine, compie una mattanza da manuale del provetto killer, coadiuvato dal fedele Piglet, che per l’occasione appare come un mostruoso cinghiale antropomorfo dalla zanna sporgente.

Winnie the Pooh: Blood and Honey funziona per la sua essenzialità e per la fedeltà al genere a cui appartiene, dando allo spettatore esattamente quello che lo spettatore chiede: tanto sangue, spaventi a buon mercato, un campionario di crudeltà molto vario e morti fantasiose. Ma se pensate che – dato l’argomento – Winnie the Pooh: Blood and Honey segua la via dell’ironia avete fatto male i conti con le intenzioni del suo regista perché si tratta di un horror serissimo, a tratti anche disturbate per la morbosità con cui mette a segno la sua componente più perversa. Un bene, se pensiamo che negli ultimi anni l’horror è diventato terreno fertile per le commedie, avvilendo un po’ l’aspetto più marcio e destabilizzante del genere.

Con un look molto dark e una messa in scena curata e accattivante, Winnie the Pooh: Blood and Honey riporta alla mente il primo glorioso Wrong Turn e tutta quella schiera di slasher ultra-gore nati sulla scia del successo del remake di Non aprite quella porta, quello del 2003, specialmente i più improbabili e folli, come Wrestlemaniac di Jesse Baget. Rhys Frake-Waterfield spinge tantissimo il pedale della violenza, con molti effetti gore e splatter realizzati alla vecchia maniera (ma qua e là c’è anche qualche ritocco in CGI, purtroppo), creature dall’aspetto grottesco e perfino scene di nudo, che sono diventate davvero rare nel moderno cinema horror.

Il regista ha già dichiarato che vedremo un Winnie the Pooh 2 e che sta lavorando a una versione horror di Peter Pan e una di Bambi perché vuole costruire il suo personale universo dark legato alle favole. Vediamo fino a che punto questa folle promessa reggerà la qualità, con Winnie the Pooh: Blood and Honey il primo passo è decisamente gustoso e non deluderà i fan degli slasher-movie vecchia maniera.

Winnie the Pooh: Blood and Honey uscirà nei cinema inglesi il 15 febbraio 2023 e arriverà in Italia nel corso nel 2023 distribuito da Plaion Pictures per la collana Midnight Factory.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Riporta il genere slasher alla selvaggia brutalità dei migliori prodotti anni ’80.
  • Per quanto folle nelle premesse, la gestione dell’immaginario di Winnie-the-pooh è gestita bene e molto aderente alla causa del regista.
  • Se cercate dal cinema horror un certo livello qualitativo e uno sguardo autoriale, avete sbagliato film. La A24 è in quell’altra direzione.
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Winnie the Pooh: Blood and Honey, la recensione, 6.5 out of 10 based on 2 ratings

One Response to Winnie the Pooh: Blood and Honey, la recensione

  1. Fabio ha detto:

    Non vedo l’ora di vederlo

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