Il caso Josette, la recensione

Non è cosa nota, ma in Francia, tra il tardo Medioevo e l’Età Moderna post-rinascimentale, gli animali potevano essere processati esattamente come gli esseri umani. Ovviamente questo portava quasi sempre a una condanna e alla “facile” risoluzione dei casi, ma questo fatto oggi considerato così bizzarro e grottesco è testimoniato da documenti storici che parlano di buoi e capre accusati, processati e condannati per i più svariati crimini. Proprio da uno spunto così paradossale e grottesco – che potrebbe essere una storia vera, o quasi, come recita la tagline del film – parte il team di sceneggiatori composto da Fred Cavayé, Sarah Kaminsky, Nicolas Slomka e Matthieu Rumani per dar vita a Il caso Josette, la commedia di Fred Cavayé interpretata da uno dei più amati attori comici francesi, Dany Boon.

Siamo nel XVII secolo, i francesi sono in aperta competizione con i savoiardi, Luigi XIV è ancora un bambino (antipatico e dispettoso) e il regno è nelle mani del vanesio e appesantito Cardinale Mazzarino. In questo contesto, l’avvocato Pompignac, ormai celebre per non aver mai vinto un processo, viene contattato dalla bella Camille per difendere la sua “piccola” Josette, che ha 11 anni ed è stata accusata dell’omicidio di un Maresciallo della Corona. Pompignac vede in questo caso una vittoria sicura: chi mai condannerebbe una bambina di 11 anni per omicidio? Ma l’avvocato non è a conoscenza di un particolare fondamentale: Josette non è una bambina ma una capra! Insieme al nipote Jean, Pompignac dovrà portare avanti la difesa di un altro caso praticamente impossibile da vincere e l’avvocato dell’accusa, per di più, è l’odiatissimo nonché imbattibile parigino Valvert.

Anche se in Italia lo conosciamo più che altro per la commedia Giù al Nord, rifatta poi da Luca Miniero con Benvenuti al Sud, Dany Boon ha una filmografia sterminata ed è amatissimo in Francia, per cui non stupisce che Il caso Josette abbia avuto in patria un grande successo al botteghino. Ma la forza di questa commedia grottesca non è tanto nel suo – ovviamente molto bravo – protagonista, ma nell’originalissimo soggetto che porta in risalto uno di quei grandi paradossi dell’umanità: la ricerca a tutti i costi di un colpevole, anche solo per far star sereni gli animi degli attanti.

Non è di certo un caso se si parla anche oggi di “capro espiatorio”, perché è proprio la capra l’essere vivente individuato a farsi carico delle colpe altrui (forse…in questo caso), una deliziosa capretta di nome Josette che può riporre fiducia solo nell’amore della sua padroncina Camille, interpretata da Claire Chust. Secondo i testimoni, Josette ha causato la morte di un uomo: proprio una capra, che per il folklore è anche veicolo dell’azione demoniaca nonché incarnazione stessa del Maligno.

Dunque, come si fa a difendere una capra? Il nostro Pompignac dovrà ingegnarsi come mai prima d’ora e per questo si improvvisa anche investigatore – con risultati a tratti comici e a tratti sorprendenti – insieme al fido nipote Jean, interpretato da Alexandre Desrousseaux, anche narratore della vicenda.

Ma c’è un problema. Dopo la rivelazione dell’identità dell’accusata, che arriva prestissimo nella storia, dopo circa un quarto d’ora, il film sembra aver perso già mordente e il modo in cui Fred Cavayé costruisce l’indagine e lo sviluppo del processo non è così brillante come i migliori drammi processuali ci hanno insegnato. Per questo motivo, Il caso Josette si gioca immediatamente la carta della satira e questa vicenda così bizzarra, ai limiti del demenziale, diventa solo una scusa per mettere alla berlina vizi (tanti) e virtù (pochissime) del francese medio. Capiamo, dunque, che il titolo originale, Les chèvres!, ovvero Le capre!, non si riferisce solo all’animale protagonista del “caso”.

Ovviamente parliamo dell’oggi collegandoci al passato, ma il gioco funziona e oltre all’insistita gag sulla mancanza di igiene e sull’invecchiamento precoce dei francesi, c’è tutto un discorso sull’orgoglio nazionale che si spinge fino all’estremo, fino a non riconoscere neanche i propri vicini in nome di una divisione geografica assurda (con il Ducato di Savoia) che porta ad ottusi e pericolosi preconcetti, fino ad essere impugnata come chiave di volta nel processo.

E quindi Il caso Josette parla della mostruosità dei francesi di oggi (ma, al di là dei riferimenti culturali specifici, può essere estesa all’uomo in generale) ridendoci su con una vicenda grottesca e inusuale. Il gioco funziona per lo più, ma il ritmo a tratti latita e non tutte le gag vanno a segno come dovrebbero.

Piacevole ma “troppo francese”.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Una storia originale che porta alla luce un paradosso della legislatura passata.
  • Dany Boon è sempre una garanzia.
  • Manca un po’ di ritmo in più.
  • Non tutte le gag risultano riuscite.
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