Companion, la recensione

La prima delle tre leggi della robotica create dallo scrittore Isaac Asimov per le sue opere – ma riprese anche da altri autori – recita: un robot non può recare danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.
Eppure, tanta narrativa fantascientifica, così come tanto cinema e tanta tv, hanno fatto a gara per infrangere questa prima, fondamentale, legge. E se in un racconto, un romanzo, un film di genere c’è un robot che interagisce con uno o più esseri umani, beh, potete star sicuri che il 90% delle volte quel robot cercherà di arrecare un danno mortale all’umano.
In Companion, esordio alla regia di un lungometraggio di Drew Hancock dopo una lunga gavetta come regista e sceneggiatore di serie tv, la situazione è davvero paradossale perché sì, il robot cercherà di accoppare nei modi più creativi gli esseri umani, ma sarà solo per una forma di difesa!
Ed è su questo semplice ribaltamento che Companion trova la sua cifra più originale in un periodo in cui il cinema fanta-thriller ci racconta di AI impazzite e omicide. Perché il vero pericolo, come ci racconta Hancock, non è la tecnologia in sé, ma l’uso che se ne fa, anzi che ne fa l’utente.
Josh e Iris sono innamoratissimi e lui porta la sua ragazza a trascorrere un weekend nella casa a lago dei suoi amici Kat e Sergey, dove sono invitati anche Eli e Patrick. Ma non tutto è esattamente come sembra perché Iris non è umana, ma è un robot da compagnia con il quale Josh ha iniziato una relazione. Un piccolo disguido di uno dei presenti proprio con Iris porta l’intera situazione a un repentino tracollo che trasformerà quello che era iniziato come un weekend da sogno in un vero e proprio incubo.
Partiamo da un presupposto: meno si conosce della trama di Companion e meglio ci si può approcciare alla visione. Il film scritto e diretto da Drew Hancock, infatti, ha una costruzione complessa che procede attraverso una serie di progressivi twist narrativi dei quali la scoperta della natura robotica di Iris ne fa già parte. Ma sarebbe complicato, nonché controproducente, parlare del film senza far riferimento al fatto che c’è di mezzo un robot.
Companion, per sua stessa natura, è un film decisamente fuori dai canoni che non si limita a percorrere il genere di cui fa parte, mostrandosi in più occasioni un intelligente compromesso tra la fantascienza e l’horror con toni da commedia brillante (il genere da cui proviene Hancock) e l’ambizione della satira sociale.
Al centro del film, infatti, c’è una riflessione sui ruoli all’interno di una coppia e su quanto possano diventare tossiche certe relazioni in cui uno dei due partner vuole avere il controllo assoluto sull’altro. In questo senso, l’essere robot di Iris è una chiara metafora dell’annullamento del suo essere, dello status di donna-oggetto, in cui basta avere un controller (in questo caso una app sul cellulare) per condizionare radicalmente il modo di pensare e agire. Una donna nata per ubbidire, servire e soddisfare il suo uomo, chiaro risultato delle aspettative e le esigenze della società che, utilizzando un termine oggi in voga, potremmo definire patriarcale. Ma non è di certo sul patriarcato che Companion vuole riflettere, preferendo concentrarsi sul concetto di possesso, che non ha sesso e non ha genere, come scopriremo andando avanti nella visione del film.
Con una scrittura intelligente e imprevedibile (nella sua prevedibilità legata al genere), Hancock ha sicuramente saccheggiato il classico di Bryan Forbes del 1975 La fabbrica delle mogli (che era stato rifatto nel 2004 in maniera molto meno convincente da Frank Oz e già omaggiato un paio di anni fa da Olivia Wilde in Don’t Worry Darling), che affrontava con grande lungimiranza il tema del controllo dell’uomo sulla donna e la spinta sociale alla conformazione. Hancock carpisce quei temi già utilizzati in un contesto di normalizzazione fantascientifica e li fa suoi, a uso e consumo di una storia che per certi versi guarda anche verso Westworld – Il mondo dei robot (1973) di Michael Crichton e dalla più recente serie tv HBO.
L’ironia con la quale viene affrontato l’argomento è utile anche a stemperare la dose di violenza decisamente importante che spesso e volentieri sfocia nello splatter più audace, un’ironia che comunque non tende mai a sovrastare su tutto il resto mostrando un perfetto equilibro tra i vari generi messi in scena.
Co-prodotto da Zach Cregger, autore del sorprendente Barbarian (2022), Companion può contare su due ottimi protagonisti, Jack Quaid e Sophie Thatcher. Lui è tra i protagonisti della serie cult The Boys e conoscenza nota ai cultori della saga Scream, lei è la talentuosissima protagonista della serie Yellowjackets e l’abbiamo già vista in The Boogeyman, MaXXXine e a breve la troveremo in Heretic.
Companion arriverà nei cinema italiani il 30 gennaio 2025 distribuito da Warner Bros., una visione decisamente consigliata se siete alla ricerca di un fanta/horror intelligente e fuori dai soliti schemi.
Roberto Giacomelli
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