Better Man, la recensione del biopic su Robbie Williams

Passando da un “Greatest Showman” ad un altro, questa volta il regista Michael Gracey si cimenta nel raccontarci la vita del cantante Robbie Williams, con il suo Better Man, in un biopic musicale come non se ne erano mai visti fino ad ora.

Ma in cosa differisce dagli altri biopic su pop e rock star che negli ultimi anni hanno riempito le nostre sale? Per prima cosa, nel caso di Better Man, la vita e la personalità di Robbie Williams non ci vengono raccontate per come le ha sempre viste il pubblico, ma dal punto di vista dell’artista stesso.

E com’è che si percepisce lui? Come “un narcisista, una faccia da schiaffi, un coglione spocchioso”, ma anche come una scimmia. Esatto, perché secondo il suo stesso punto di vista, Robbie Williams non è altro che una persona poco evoluta.

Ed ecco che l’artista si “nasconde”, ma nemmeno troppo, dietro una maschera da primate in CGI che, però, conserva i suoi occhi, grazie ai quali si percepisce la sua anima, creando un’immediata empatia con il personaggio e, ben presto, come se fosse un incantesimo, ci si dimentica di quella scimmia per vedere sempre e solo Robbie Williams.

Inoltre, il film è raccontato in prima persona, come se fosse una seduta terapeutica, una sorta di catarsi per lo spettatore e per lo stesso protagonista, che alla fine si trasformerà nel “Better Man” del titolo.

Chi ha seguito la sua carriera sa che Robbie Williams è arrivato anche a strapparsi pelle e muscoli, mostrandoci le sue ossa nude, ma non si è mai esposto così tanto come in questo biopic, e ci racconta drammi, lati oscuri e debolezze nel modo più autentico possibile, senza difese né scusanti.

Conosciamo subito un piccolo Robert, un bambino della periferia inglese degli anni ’80, che nessuno sceglie nella sua squadra per giocare, e che si sente sempre inferiore agli altri, ma nel complesso è un ragazzino felice, che vive con l’amatissima nonna, la madre e un padre affascinato dalle luci della ribalta.

Sin da subito, anche Robert è conquistato dal mondo dello showbiz e ammira con fare sognante personaggi come Sinatra e altri grandi showmen “che hanno quella cosa”, ossia il dono di far dimenticare a chiunque qualsiasi problema, insieme a suo padre che, presto, abbandona la sua famiglia per seguire il sogno dello spettacolo.

E anche il piccolo Robert vuole scoprire se ha o meno “quella cosa”, e ci lavora fino ad arrivare alla sua grande occasione, a 16 anni, quando entra a far parte della boyband Take That.

Ascesa, rovinosa caduta e faticosa risalita di un ragazzo che sogna il successo ma lo vive con la costante sindrome dell’impostore. Questo è Better Man.

Ma, ovviamente, nel racconto non può certo mancare la musica, quella che trasforma un’intera vita in spettacolo, grazie alle canzoni più famose dello stesso Robbie Williams, piazzate ad hoc per raccontare un preciso momento della sua esistenza, le emozioni che provava, le parole che avrebbe voluto dire, tra folli momenti di esaltazione e intimissima commozione.

Michael Gracey ci regala un film semplice che segue le emozioni, ma visivamente esaltante, dove anche i momenti più difficili della vita del protagonista sono circondati da una sorta di scintillio magico.

Nella fotografia sono impressi alla perfezione tutti gli anni ’90, grazie ad un girato che vuole simulare la grana e le sporcature della pellicola.

Inoltre, il fatto che Robbie Williams ci dia la versione intimistica di sé stesso, rendendosi egli stesso spettatore della sua vita, ci viene riportato dalla scelta registica di giocare sugli sguardi riflessi negli schermi delle tv, nei pavimenti allagati e dagli specchi d’acqua.

Si tratta, quindi, di un film molto intimo, ma allo stesso tempo che tratta di temi universali e che riesce a catturare lo spettatore e a farlo immedesimare ed emozionare molto facilmente.

Better Man sarà nei nostri cinema dall’1 gennaio 2025, distribuito da Lucky Red.

Rita Guitto

PRO CONTRO
  • La scelta di dare le fattezze di una scimmia al protagonista aiuta a rendere la sua storia universale e di facile empatia.
  • Le scelte musicali sono azzeccatissime e super coerenti.
  • Il reparto tecnico e le scelte registiche sono molto innovative e interessanti.
  • Nota di merito per lo spettacolare momento musical in piano sequenza sulle note di Rock Dj!
  • In un primo momento la maschera scimmiesca in CGI del protagonista può risultare straniante, ma ci si fa l’abitudine in pochissimo tempo.
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