A Different Man, la recensione

Edward è un aspirante attore, ma il suo aspetto segnato dalla neurofibromatosi condiziona pesantemente il tipo di ruoli che può interpretare oltre che rendergli difficoltosa la sua vita sociale. Quando va ad abitare in un nuovo appartamento a New York, Edward fa la conoscenza di Ingrid, autrice teatrale in erba che trova subito in lui la giusta ispirazione per uno spettacolo. Tra i due nasce del tenero, ma Edward ha l’opportunità di sottoporsi a un trattamento medico che potrebbe restituirgli un aspetto normale. Senza dire nulla a Ingrid, l’uomo accetta di sottoporsi alla terapia.
Autore relativamente emergente, Aaron Schimberg si è fatto notare nel 2019 con il film drammatico Chianed For Life in cui raccontava il mondo dello spettacolo dal punto di vista della disabilità, anzi, della deformità. Ed esattamente da una costola di quel film nasce anche A Different Man che non solo adotta elementi simili ma richiama in scena l’attore Adam Pearson, praticamente unico nella sua categoria perché affetto davvero da neurofibromatosi. Ma A Different Man ha una particolarità che lo rende davvero una mosca bianca nell’attuale panorama cinematografico: è una satira del mondo dello spettacolo e se ne frega allegramente di ogni restrizione del politicamente corretto.
Esplorando e raccontando in maniera realistica gli ambienti dell’industria cinematografica indie newyorkese e il teatro off-Broadway, Schimberg mette lo spettatore nei panni di chi sta a margine dell’industria più a margine, un freak che cerca di intraprendere una strada per lui praticamente impossibile. Quella dell’attore. E ciò che fa Edward nel mondo dello spettacolo è piuttosto imbarazzante. Per questo motivo, l’opportunità di avere un ruolo scritto su misura è proverbiale “oro colato”, a maggior ragione se a scrivere il ruolo è la ragazza che gli piace. In A Different Man si viene quindi a creare nella vita di Edward quella “strana occasione”. Ma, come in un racconto morale di Charles Dickens, è la sfiga ad avere l’ultima parola, o meglio, a voler troppo si rischia di rimanere a bocca asciutta.
Il primo vero turning point del film ci porta dall’altra parte della barricata, ovvero a vivere da “normali” pronti a giudicare chi normale (nell’aspetto) non lo è. E non importa se la condizione di deformità fino a pochi giorni prima era vissuta in prima persona, perché ora si entra nella stessa logica di chi prima giudicava. Ma attenzione! A Different Man gioca con il senso del paradosso come difficilmente ci si potrebbe aspettare e il personaggio di Oswald, anch’esso affetto da neurofibromatosi (anche nella realtà), riserva delle sorprese che porteranno Edward fino al punto di rottura.
Se da una parte A Different Man ci suggerisce che il modo migliore per vivere la propria condizione di svantaggio è accettarla e passarci sopra, perché così c’è la possibilità che anche gli altri la superino, dall’altra è un’arguta satira all’odierno mondo dello spettacolo, all’inclusività a tutti i costi. E A Different Man, con la sua ironia caustica e grottesca, con quel senso del paradosso che lo contraddistingue, fa ridere, anche se si tratta sempre di risate a denti stretti, amarissime.
La prima metà del film, quella che riguarda nell’intimo la condizione di Edward, ha un ché di disagevole per lo spettatore, che riesce ad entrare in perfetta empatia con il protagonista. Un protagonista che prova frustrazione, che vive la sua condizione cercando di accettarla, ma che nel profondo patisce. Da qui l’opportunità del cambiamento, del poter diventare “un uomo differente”, è per lui importantissima anche se questo può voler dire perdere quanto di buono è riuscito a raggiungere.
C’è un ché di cronenberghiano in questa prima metà del film, un orrore sottotraccia che deflagra quando entra in scena la scienza. E infatti la condizione di “uomo differente” non si attua mai del tutto, con lo spettro del vecchio Edward rappresentato dalla ripugnante maschera che ricorda all’uomo quello che è stato, fino all’arrivo del “doppelgänger” Oswald.
Pur conservando una linea d’inquietudine che rimane fino all’ultimo frame, A Different Man ad un certo punto cambia faccia, proprio come il suo protagonista. Si avvicina al grottesco come nel cinema di Ruben Östlund o di Kristoffer Borgli, ma con quella brillantezza di un Woody Allen di un tempo, a cui non manca neanche un pizzico di Matt Groening, visto che l’evoluzione che la storia prende ricorda molto da vicino quell’episodio dei Simpson in cui Boe subiva un intervento di chirurgia estetica che lo rendeva bello e diventava un divo delle soap opera (stagione 11 – puntata 16).
Insomma, A Different Man è un film completo e complesso, imprevedibile per come sa gestire i registri di ironia e inquietudine, ma soprattutto è un film che unisce un’ottima scrittura a un cast davvero centrato. A dare corpo a Edward, prima e dopo la terapia, è Sebastian Stan, un attore che sta dimostrando film dopo film di essere un professionista a tutto tondo, capace di incredibili trasformazioni e particolarmente versatile. Ad affiancarlo c’è Renate Reinsveen che ricordiamo per essere stata la protagonista de La persona peggiore del mondo, ottima nel ruolo della sfuggente vicina di casa/amante/autrice teatrale, qui al suo primo ruolo in lingua inglese. Poi va assolutamente citato Adam Pearson, già visto in Under the Skin di Jonathan Glazer, che entra in scena solo nella seconda metà del film e ha un ruolo così importante e una presenza scenica così imponente da monopolizzare l’attenzione dello spettatore.
Ecco, A Different Man è un film che cattura l’attenzione, un prodotto sui generis che rimane anche dopo la visione, che non lascia indifferenti, piaccia o meno, uno di quei film che ci dimostra quanto l’industria cinematografica contemporanea possa avere ancora molto da dire al di là dei brand e franchise, basta voler osare.
Solo che osare spesso non fa rima con successo e infatti ad oggi A Different Man ha incassato solo 1 milione e mezzo di dollari in tutto il mondo, nonostante sia stato promosso dalla critica internazionale, abbia vinto l’Orso d’argento a Berlino 2024 (andato a Sebastian Stan) e anche ricevuto una nomination agli Oscar per il trucco. In Italia, il film di Aaron Schimberg arriverà al cinema il 20 marzo 2025 distribuito da Lucky Red, il nostro consiglio è non perderlo assolutamente!
Roberto Giacomelli
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