I toni dell’amore, la recensione

Con I toni dell’amore, il cinema si conferma capace, anche nell’era della terza dimensione e della spettacolarizzazione ad ogni costo, di raccontare l’amore con ineffabile tenerezza e rara delicatezza. Il sesto lungometraggio di Ira Sachs trae onestamente linfa vitale proprio dal sentimento più complesso e indagato del mondo, illustrandone con intelligenza emotiva, e non senza un velo di sincera commozione, le infinite sfumature.
Ben (John Lithgow) e George (Alfred Molina) sono una matura coppia omosessuale. Dopo una relazione di trent’anni, i due, approfittando delle nuove leggi sulle unioni gay, riescono finalmente a convolare a nozze con una cerimonia semplice e indimenticabile. Tuttavia, l’agognato traguardo non si rivelerà altro, per la coppia, che l’inizio di una serie di tribolazioni professionali ed esistenziali. Infatti, in seguito alle nozze, George viene licenziato dalla scuola cattolica in cui lavora come direttore del coro; questo costringe i coniugi a vendere la propria casa e a trasferirsi da parenti o amici. Ben trova a fatica posto in casa del nipote Elliot (Darren Burrows) e di sua moglie Kate (Marisa Tomei); George si sistema nel chiassoso appartamento di una coppia di amici poliziotti.

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La pellicola sceglie la strada del confronto generazionale per delineare con garbo ed equilibrio le difficoltà che i sentimenti devono necessariamente affrontare nel corso della vita. L’affetto solido e profondo che indissolubilmente lega Ben e George fronteggia coraggiosamente, malgrado qualche momento di legittimo sconforto, le dolorose e talvolta umilianti sfide cui verrà sottoposto in vista del bramato ricongiungimento; quello tra Elliot e Kate, d’altra parte, è un rapporto in crisi, incrinato e logorato da incomprensioni e mancata sincronia; infine, esplorando il confuso mondo del giovane Charlie (Charlie Tahan), ci viene offerta una finestra sul modo avventato e, spesso, inconsapevole in cui i più giovani si accostano all’emotività e alle peripezie affettive. Sachs, anche co-sceneggiatore, conduce questa indagine con abilità e cognizione di causa, senza strafare, e solo raramente indulgendo nel rischio di incorrere nella retorica dello zucchero.

La carrellata di vividi ritratti umani, tutti ottimamente interpretati, che lo spettatore incontrerà nel corso della visione, proporrà numerose situazioni in cui identificarsi e suggerirà importanti questioni sulle quali vale la pena riflettere. Queste ultime, inerenti tanto a ombre e imperfezioni della società in cui viviamo – così moderna, così limitata – quanto al percorso di formazione che ciascuno di noi ha compiuto e sta compiendo, inestricabilmente influenzato dalle relazioni che intrecciamo. Un impianto narrativo, dunque, placido e lineare ma in grado di veicolare preziosi contenuti attraverso gli infiniti e meravigliosi linguaggi che l’amore può adottare, sia quello morbido e luminoso dell’arte, che quello struggente e appassionato della musica.

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A proposito di musica, le note di Chopin, alle quali il regista affida profusamente i momenti più drammatici – senza mostrarli, soltanto suggerendoli – languidamente si rincorrono danzando sullo sfondo di una New York malinconica e romantica, tacita spettatrice dell’imperscrutabile mistero dei rapporti umani. A onor del vero, però, tale inclinazione alla lentezza finisce per rendere il risultato complessivo a tratti stucchevole e difficile da digerire, sebbene funzionale e appropriato nelle intenzioni.
I toni dell’amore, pur prendendo le fila dalla tematica omosessuale, non vi si insabbia né accanisce, trasformandola piuttosto in un punto di partenza per un’apologia lucida ed emozionante sui legami interpersonali, scelti o imposti, che ci insegnano a vivere aiutandoci a capire chi siamo, a qualunque età.
Il film, nelle sale dal 20 novembre, è distribuito da Koch Media.

Chiara Carnà

PRO CONTRO
  • Il registro al tempo stesso leggero e impegnato con il quale si raccontano le infinite sfumature dell’amore e dei rapporti.
  • Le ottime e commoventi interpretazioni.
  • L’attualità di alcune tematiche e il garbo con cui s’indagano i sentimenti.
  • Qualche tempo morto di troppo fa perdere al risultato complessivo in termini di dinamismo.
  • Non sempre riesce a evadere da una certa leziosità.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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I toni dell'amore, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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