L’eredità di Lucio Fulci. La round table di Fulci Talks

In occasione della presentazione in anteprima assoluta al 30° Noir in Festival, che si svolge dall’8 al 13 marzo on line gratuitamente sulla piattaforma MyMovies, abbiamo partecipato alla round table organizzata per presentare alla stampa Fulci Talks – Conversazione uncut con Lucio Fulci. Alla round table hanno preso parte: la regista Antonietta De Lillo, il critico cinematografico e autore di Fulci Talks Marcello Garofalo, il compositore di colonne sonore Fabio Frizzi, storico collaboratore di Lucio Fulci, e la figlia di Lucio Fulci, Antonella Fulci. Lo stesso festival ha organizzato una retrospettiva dedicata a Lucio Fulci con alcuni dei suoi film più rappresentativi.

A rompere il ghiaccio è stata proprio Antonella Fulci, che da anni fornisce preziosissimi contributi sulla memoria del padre.

Di omaggi a mio padre ce ne sono stati tanti – dice la figlia d’arte – ma ogni volta c’era bisogno di selezionare degli aneddoti, dei fatti; con un personaggio come mio padre è tutto inutile perché non è possibile condensarlo in un attimo, a volte dava vita a uno show dal nulla, anche se era in fila alle poste!”. “A volte penso di aver perso del tempo a decodificarlo – continua Antonella Fulci – ma lui non aveva bisogno di essere capito, era uno spirito libero, andava lasciato a briglia sciolta di esprimersi, così come accade in questo documentario in cui l’ho riconosciuto tantissimo”.

Poi viene chiamata a prender parola Antonietta De Lillo.

Il regista occulto di questa operazione è Marcello Garofalo, ma già 30 anni fa, quando ha avuto l’intuizione di far incontrare una giovane regista di cinema d’autore con un regista di genere. È stato un incontro particolare, unico: abbiamo provato a “domarlo”, accerchiarlo, con Marcello che lo ha messo sul podio, situazione che lui ambiva e che meritava da tempo. Dall’altra parte c’ero io, un extraterrestre nel mondo del cinema, e questo ha creato una situazione particolare in cui Fulci ha mostrato di essere non solo regista e spettatore raffinato ma anche un essere umano e la sua umanità pervade tutto il materiale che abbiamo avuto a disposizione. Materiale che abbiamo ripreso dopo 30 anni, perché abbiamo capito che non si voleva dimostrare nulla ma mostrare, un obiettivo che era già emerso con il documentario che qualche anno fa ho dedicato ad Alda Merini.

Fulci Talks

Marcello Garofalo racconta come nasce la sua amicizia con Lucio Fulci.

Ho incontrato Fulci la prima volta nel 1993 all’Istituto Francese Grenoble di Napoli, all’interno di un convegno sul noir. Lui era sempre stato un regista che mi ha incuriosito ma non sono mai riuscito ad avvicinarlo, quindi mi è sembrata un’occasione unica. L’ho sempre considerato un regista molto versatile, lui era in una zona di confine tra il regista di genere e il regista d’autore, forse questo era un modo per farsi notare all’interno di una produzione vastissima come quella dell’epoca. Io avevo voglia di chiacchierare con un uomo che aveva dimostrato con i suoi film di esser molto colto e intelligente, con umorismo. Da lì ho fatto amicizia con lui, mi chiamava spesso e penso che lui avesse voglia di farsi ammirare, studiare prima che giudicare. All’epoca molti critici erano stati superficiali con lui ma soprattutto perché l’offerta era talmente vasta che il critico vi si perdeva dentro e spesso liquidava con superficialità anche le opere più meritevoli.

Antonietta De Lillo spiega come ha confezionato il documentario.

Sono una persona estrema nel fornire dei ritratti, per questo ho voluto concentrarmi solo su Lucio, senza materiale tratto dai suoi film. Fulci Talks ha avuto un anno e mezzo di montaggio e post-produzione, si tratta di materiale scelto per portare avanti una narrazione vera e propria. Ci sono anche effetti speciali per “imbruttire” il materiale, finti disturbi, le bande televisive. Solo nel finale c’è un momento di musica – un brano di Fabio Frizzi – che riavvolge la vita di Fulci attraverso le fotografie che ci ha dato Lucio Fulci stesso durante l’intervista.

Fulci Talks

Anche Fabio Frizzi viene interpellato per raccontare la sua esperienza al fianco di Lucio Fulci.

Ho cominciato giovanissimo la mia esperienza nel mondo delle colonne sonore, avevo 25 anni, e ho lavorato con molti registi ma Lucio Fulci è stato quello che mi ha insegnato molto del cinema. L’artigianato è uno degli elementi che mi ha consegnato. Lui era una persona molto esigente, sul set e in post, lui sapeva cosa voleva, quale doveva essere il messaggio che doveva arrivare al pubblico. Per far questo era spesso spietato con noi, tutti i suoi collaboratori. Lui non mi ha mai indirizzato verso un genere per le musiche che dovevo comporre ma le musiche dovevano racchiudere un significato importante per veicolare una sensazione allo spettatore.

Ad Antonietta e Marcello viene chiesto qual è il loro film preferito nella filmografia di Lucio Fulci.

Il mio film del cuore di Lucio Fulci – rivela Antonietta De Lilloè Non si sevizia un paperino. L’ho visto che avevo 12 anni e non sapevo fosse vietato, ma ho un ricordo bellissimo di quel film, visto in un cinema pugliese. Quando mi sono trovata a parlare di uno dei miei film preferiti con il regista, a casa mia, è stato incredibile. Sette note in nero invece è il film più sottile, mi appartiene di più. Ma il Paperino rimane nel mio cuore”.

Scegliere un film di Fulci è difficile – dice Marcello Garofalome ne piacciono moltissimi, ma quello che forse mi piace di più è All’Onorevole piacciono le donne perché è fuori dai generi, nasce come commedia sexy ma è un film politico dal messaggio fortissimo, che anticipava il lavaggio del cervello che la tv avrebbe fatto molto tempo dopo… ed eravamo nel 1971!”.

Una delle caratteristiche di Lucio Fulci, che emerge anche dall’intervista, è il suo umorismo non convenzionale a discuterne è Marcello Garofalo.

Lucio era una persona che sapeva dosare il suo umorismo anche in funzione del suo interlocutore, quindi spingeva o più o di meno il pedale sull’acceleratore. Ti racconto una cosa che mi fa sorridere. Parlando dei film interpretati da Vincent Price, Lucio mi diceva che ogni volta che lo vedeva gli sembrava affetto da costipazione e sembrava che si sforzasse sul gabinetto. Ora io non posso più guardare un film con Price senza pensare a questa cosa e rido moltissimo. Poi aveva un modo particolare di relazionarsi con me e ogni volta che mi chiamava al telefono esordiva con “Scusa se ti rompo i coglioni”. Io gli ho suggerito di realizzare il remake della Maschera di cera che poi ha fatto Sergio Stivaletti, perché ragionavamo sui grandi classici e su come potessero essere rifatti. Anche se Stivaletti ha fatto un film molto valido, rimarremo sempre con il dubbio: chissà cosa avrebbe tirato fuori Fulci da quella sceneggiatura?

Fulci Talks

Ma Fulci Talks è davvero “uncut” come recita il sottotitolo oppure sono state fatte delle scelte ed è stato escluso del materiale dal montaggio finale? Risponde Antonietta De Lillo.

Il primo montaggio era di quattro ore e mezza, come dicevo c’è stato un anno e mezzo di lavoro per fare Fulci Talks e quindi moltissime cose sono state escluse. Non è detto, però, che possiate vederle perché potremmo fare una versione DVD con tanti extra che contengono anche i materiali esclusi dal montaggio finale. Comunque, c’è una sceneggiatura ben precisa che abbiamo seguito per far emergere questo ritratto di Fulci, soprattutto un percorso emotivo. Io amo conoscere artisti e persone diverse da me e se sto facendo un documentario non deve esserci una preparazione nell’affrontare queste persone, ma tutto deve emergere direttamente davanti alla macchina da presa, nel momento delle riprese. In un secondo momento, al montaggio, ho cercato di costruire un puzzle partendo da tutto quello che avevo per far emergere la persona che io ho conosciuto in quel momento. Un lavoro lunghissimo fatto insieme alla giovanissima montatrice Elisabetta Giannini, che ha fatto anche gli effetti. Confesso anche di aver censurato una parte del documentario, proprio quando era tutto pronto, guardando e riascoltando mi sono resa conto che c’era una parte un po’ sgarbata, che non mi piaceva. Ovviamente non saprete mai di cosa si trattasse!

Guardando Fulci Talks emerge spesso un ritratto dei colleghi da parte di Lucio Fulci, in primis Dario Argento, che viene definito come ossessionato dai suoi incubi e intrappolato in un genere.

Antonietta De Lillo. Quando da giovanissima ho deciso di passare dalla fotografia al cinema sono arrivata a Roma, accolta da Tovoli, assistente volontaria sul set di Tenebre. Mi sono presentata con una maglietta viola, quindi sono stata cacciata malamente e scaraventata in sartoria per cambiarmi. Quando ho visto lavorare Dario Argento ho avuto un po’ paura perchè mi è sembrato ossessionato; quando Fulci, qualche anno dopo, mi ha parlato di Argento come regista preso dai suoi demoni io effettivamente ho rivisto questa immagine. Quindi mi sento molto vicina alle affermazioni di Fulci. Dalla mia piccola esperienza posso dire che Argento si prendeva un po’ troppo sul serio, poi mi ha anche divertito questa rivalità che si era creata e devo dire che qualcosa dal montaggio in cui Fulci tornava a parlare di Argento l’ho tolta perché diventava ripetitivo, anche se molto divertente. C’era un elemento di vitalità in questo confronto/scontro.

Marcello Garofalo. Ho avuto l’opportunità di conoscerli entrambi molto bene e dalla mia professione posso valutarli solo da un punto di vista critico e direi che le differenze sono evidenti: mentre Argento fa dell’onirico la sua forza, Fulci ha esplorato anche aspetti legati ad altri generi cinematografici. La versatilità di Fulci non è paragonabile con quella di Argento, anche se quest’ultimo ha dimostrato con Le cinque giornate di fare all’epoca un film molto moderno, avanguardistico, lì dove tutti si aspettavano qualcosa di più classico e dall’impianto storico, visto che doveva dirigerlo Nanni Loi. Però i due registi sono molto diversi, neanche paragonabili. Hanno una visione del cinema totalmente differente.

Antonella Fulci. Un confronto impensabile, se mio padre non avesse fatto la trilogia horror e i gialli negli anni ’70 con i nomi degli animali nel titolo, nessuno avrebbe mai avanzato un confronto. Lo stile è completamente diverso e Argento non ha fatto altri generi, io stessa non ho mai amato il giallo onirico, non mi piacevano neanche quelli di mio padre, quindi per me è un confronto impossibile. Anche le personalità sono molto diverse e quando si sono incontrati, nonostante la delicatezza del caso, cose si dice, non quagliavano. Anche il fatto di recuperare un rapporto con Maschera di Cera, in cui Argento avrebbe dovuto produrre e mio padre dirigere, a dire il vero, non so se poi realmente quel film sarebbe stato fatto. Forse no.

Fulci Talks

Sulla differenza tra cinema d’autore e cinema di genere Antonietta De Lillo ha risposto.

Io non ho scelto i fare cinema d’autore, è quello che si faceva in quegli anni in cui ho esordito, ma ho cercato comunque di appoggiarmi timidamente a dei generi. Oggi che il genere è diventato di moda mi piacerebbe molto confrontarmi con l’horror e con l’erotico, per non dire proprio porno, mi divertirebbe molto e questo riavvicinarmi al lavoro su Fulci mi ha fatto venire voglia di fare questo tipo di cinema.

Ma Lucio Fulci, oggi, ha degli eredi? Fabio Frizzi non ha dubbi…

Si, ne ha migliaia. Nicolas Winding Refn mi ha raccontato di essere un cultore pazzesco di Fulci e nelle produzioni di piccolo/medio livello, soprattutto in America, ce ne sono molti di emuli di Fulci che mi hanno anche chiamato a far le musiche dei loro film solo per questo motivo.

Fulci Talks – Conversazione uncut con Lucio Fulci (qui la nostra recensione del film) sarà disponibile dal 10 marzo on demand sulle piattaforme CG Digital e Chili.

A cura di Roberto Giacomelli

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