Avengers: Age of Ultron, la recensione
Per concludere la Fase 2 del Marvel Cinematic Universe il produttore Kevin Feige e il regista Joss Whedon riportano in scena i Vendicatori nel secondo film che vede riuniti i supereroi Marvel, Avengers: Age of Ultron. Prendendo il titolo (ma quasi solo quello) dalla miniserie in dieci numeri del 2013, Age of Ultron, quello che di fatto è l’undicesimo film dell’universo cinematografico Marvel è una doppia conferma: da una parte possiamo constatare che, dopo più di dieci anni, la grande saga della Marvel regge magnificamente riuscendo a rinnovarsi e migliorare di film in film; dall’altra abbiamo ormai la certezza che Joss Whedon è stato uno dei registi più azzeccati reclutati dalla Marvel.
Estremamente complesso, eppure straordinariamente ordinato e lineare, Avengers: Age of Ultron è un film fondamentale della continuity narrativa della stratificata saga, un film che chiude un ciclo e ne apre un altro con una moltitudine di sotto trame che potrebbero fornire tanti di quei possibili sviluppi su ogni personaggio qui mostrato da dare agli sceneggiatori materiale almeno fino al 2030.
Avengers: Age of Ultron è il più colossale film Marvel fino ad ora realizzato, quello che contiene un numero di personaggi che mai si era osato prima inserire in una sola avventura. Ma il pregio è che ognuno di loro, anche il più piccolo e apparentemente insignificante, ha il suo spazio adeguato ed è sicuramente destinato a creare una conseguenza futura. Un esempio lampante è la comparsa di Ulysses Klaw (interpretato da Andy Serkis), un personaggio che gli appassionati di fumetti già conoscono in quanto celebre villain dei Fantastici 4 e avversario di Pantera Nera. Qui Klaw non è ancora il Signore del Suono ma un rozzo trafficante d’armi che possiede il prezioso Vibranio bramato da Ultron, la sua breve comparsa e il suo scontro con i Vendicatori crea già i presupposti per la sua trasformazione in super-villain che, probabilmente, vedremo nel film su Pantera Nera.
Avengers: Age of Ultron viaggia, dunque, su questa lunghezza d’onda: creare una storia compatta e auto-conclusiva su cui incentrare le quasi due ore e mezza di visione e allo stesso tempo ramificarla il più possibile, con coerenza e cognizione di causa.
Discostandosi dal fumetto, ma rimanendo fedele a gran parte del pregresso cartaceo Marvel, Avengers: Age of Ultron introduce i nostri Vendicatori alle prese con il Barone von Strucker, presso il quale fanno la conoscenza dei “potenziati” gemelli Maximoff e pongono fine al piano del folle leader H.Y.D.R.A, in possesso dello scettro di Loki e pronto ad usarlo per scopi offensivi. L’azione si sposta poi nella Avengers Tower, dove Tony Stark e Bruce Banner creano Ultron, un’intelligenza artificiale che dovrebbe avere lo scopo di proteggere l’umanità da ulteriori minacce, monitorando costantemente il pianeta con il controllo della Iron Legion. Ma qualche cosa va storta e Ultron sviluppa una coscienza propria e si ribella ai suoi creatori. Dopo aver “ucciso” il super-computer JARVIS, Ultron lancia il suo monito ai Vendicatori minacciandoli che userà tutta la sua pervasività per distruggere l’umanità, vero “limite” del pianeta verso una reale evoluzione. A questo punto, gli Avengers dovranno unire le forze per combattere un nemico che può estendersi ovunque, capire se i gemelli Maximoff sono una minaccia da temere e far fronte a molte divergenze (soprattutto morali) che si apprestano a nascere anche all’interno del gruppo.
In un piatto così ricco, era molto facile che qualche elemento potesse andare di traverso, invece il grande merito di Whedon, che scrive oltre a dirigere, è non fornire nessuna sbavatura a questo immenso mosaico di elementi e suggestioni. Il film ha molto ritmo grazie alle coinvolgenti e numerose scene d’azione, ma allo stesso tempo c’è spazio per l’introspezione e lo sviluppo di una trama articolata. Tutti i personaggi hanno il giusto spazio e si percepisce una sorta di riscatto da parte di Whedon per chi l’aveva criticato per i ruoli meno incisivi dati a Vedova Nera e Occhio di Falco nel film precedente. Soprattutto quest’ultimo personaggio in Avengers: Age of Ultron ha un particolare approfondimento, mostrandosi inaspettatamente l’anima motivazionale del gruppo. Anche Vedova Nera è sviluppata in maniera inedita con l’approfondimento della love story (solo accennata in precedenza) con Bruce Banner, fondata soprattutto sull’impossibilità stessa di questo legame. Se lei, Natasha Romanoff, è una manipolatrice di professione e i suoi sentimenti sono costantemente messi in discussione, Bruce Banner non può ignorare il suo doppio verde e i suoi metodi per metterlo a tacere sembrano sempre inefficaci. Poi Hulk continua ad essere un po’ la mascotte del gruppo, il jolly da usare nei momenti critici e, così come accadeva nel primo Avengers, lo scatenarsi della furia del gigante verde innesca dei momenti di grande ironia, quasi cartoonesca.
Poi ci sono le vecchie conoscenze, Iron Man, Captain America e Thor, i tre pilastri del gruppo che forse vengono leggermente marginalizzati perché lo spettatore ben conosce le loro gesta dai film da solisti. Ma questo non vuol dire che non abbiano un giusto ruolo, perché è proprio su di loro che gravano alcune delle scene madri del film che avranno uno sviluppo critico nel proseguimento della saga, soprattutto per quanto riguarda Tony Stark e il suo approccio all’ottica di gruppo.
Non mancano le new entries, Pietro e Wanda Maximoff, noti come Quicksilver e Scarlet Witch, due fratelli gemelli dagli incredibili poteri che hanno il volto di Aaron Taylor-Johnson ed Elizabeth Olsen. Lui può muoversi a una velocità impressionante, lei ha il dono della telecinesi e può indurre visioni. I due personaggi hanno subìto dei radicali cambiamenti in confronto al fumetto, soprattutto per quanto riguarda l’origine dei poteri e i loro natali, ma forse questo dipende anche dalla volontà di non entrare in contrasto con la Fox che detiene i diritti della saga X-Men, nella quale Quicksilver è già comparso (era interpretato da Evan Peters in Giorni di un futuro passato), il che non li identifica nomenclativamente neanche come “mutanti”, bensì “potenziati”.
Infine c’è Ultron, un cattivo ben diverso da quelli fino ad ora visti nei film Marvel, una macchina dallo spirito ribelle e megalomane, incredibilmente carismatico e dal fare teatrale (non a caso entra in scena rivelandosi su un palco). Originariamente – nei fumetti – creato dal primo Ant-Man Hank Pym, qui Ultron nasce dalla tecnologia di Tony Stark e dal contributo di Bruce Banner con intenti benefici, rispettando però l’assioma per cui “la tecnologia ci è nemica”. Se possiamo rimproverare qualche cosa alla presenza di Ultron, che in originale possiede la voce di James Spader, è il suo esercito che va ad assimilare visivamente la minaccia di questo film a quanto già visto negli ultimi due Iron Man. Strettamente collegato a Ultron c’è la Visione, un androide dai poteri smisurati interpretato da Paul Bettany e sul quale forse è bene non aggiungere troppo, con la consapevolezza che si tratta di uno dei personaggi più originali e bizzarri visti fino ad oggi nel Marvel Cinematic Universe.
Con un tono più dark e adulto in confronto al primo film, Avengers: Age of Ultron riesce in diverse occasioni a risultare anche superiore al capitolo precedente. Maggiore compattezza narrativa e ponderata apertura a sviluppi futuri, nonché la mancanza di quell’inevitabile esigenza di introdurre i personaggi e formare il gruppo, che nell’altro film portava via metà del tempo. Non manca, ovviamente l’ironia che la Marvel ci ha sempre fornito, dosata in maniera misurata e differente in base al personaggio a cui è affidata.
Insomma, dopo tutti questi anni di cinecomics, la Marvel colpisce ancora nel segno con un film davvero ottimo e se una seconda era si è conclusa, una terza sta per aprirsi con l’introduzione di Ant-Man e la conclusione definitiva con Avengers: Infinity War.
Roberto Giacomelli
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