Big Eyes, la recensione

C’era una volta il piccolo Tim, introverso ragazzino californiano che ama giocare nei cimiteri e spaventare i coetanei con storie inquietanti. Cresciuto a racconti di Poe e film horror, si guadagna i primi spiccioli alla Disney, animando deliziose e morbide bestioline. Ma quel mondo rassicurante decisamente non fa per lui: il suo genio visionario, infatti, è destinato a creare, già a partire dalla fine del decennio, vicende e personaggi in grado di plasmare un nuovo e inedito immaginario cinematografico, fatto di macabro humour nero e magiche atmosfere gotiche, che lo consacrerà come uno degli autori più originali e influenti della modernità. Eppure, negli ultimi anni, le intuizioni e le scelte di Tim Burton hanno abbacchiato e diviso i suoi fedelissimi, i quali, sebbene affezionati alla sua inconfondibile cifra stilistica, non hanno potuto fare a meno di notare, con rammarico, un generale infiacchimento nella messa in scena e nei contenuti delle sue opere.
Ebbene, dopo aver visto Big Eyes, possiamo affermare senza indugio che il ‘periodo no’ dell’autore di Edward Mani di Forbice è, per il momento, acqua passata e che l’inconfondibile alfiere della dark comedy ha ritrovato grinta e ispirazione.

La nuova pellicola diretta dal Cappellaio Matto delle stravaganze filmiche segna il suo ritorno, vent’anni esatti dopo l’eccezionale Ed Wood, al biopic. La poetica e drammatica vicenda di Walter e Margaret Keane offre al nostro cineasta l’opportunità di reinventare se stesso, raccontando con gusto ed efficacia una storia autentica e intensa, interpretata da due performer d’eccezione quali il due volte Premio Oscar Christoph Waltz e la magnetica Amy Adams. A cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, la talentuosa pittrice Margaret Ulbrich (Adams) dipinge con passione i suoi malinconici bambini dagli enormi occhi struggenti, colmi di sofferenza e solitudine. L’incontro con l’affascinante e loquace Walter Keane (Waltz), che sposerà in seconde nozze, condurrà il suo lavoro alla notorietà e al riconoscimento internazionale… ma a che prezzo? Sarà il suo consorte, istrionico showman, ad apporre la firma su ogni quadro, diventando una vera e propria star e dando vita a un monumentale fenomeno mediatico. Quando Margaret non sopporterà più l’idea di vivere nell’ombra e nella menzogna, lo scandalo e l’indignazione nel mondo dell’arte – e dello spettacolo – innescherà pericolose conseguenze…

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Burton padroneggia con elegante linearità una regia che, caso forse inedito nella sua filmografia, è prevalentemente al servizio della narrazione. Quest’ultima, dal canto suo, non manca di veicolare contenuti e sollevare spunti di spessore, quali la difficile condizione sociale femminile nella metà del Novecento o il dibattito sulla perdita dell'”aura” – per dirla con Walter Benjamin – dell’opera d’arte. I dipinti di Margaret, infatti, raggiungeranno una popolarità tale da dare il via a una rivoluzionaria operazione di marketing, che li riprodurrà all’infinito su cartoline e calendari, trasformando gli sconsolati orfanelli in merce da supermercato e minando alla radice lo status di unicità dell’opera stessa. Ma le riflessioni investono anche dinamiche più sottili e dicotomie amletiche: il ‘padrone’ dell’arte è chi la realizza manualmente oppure chi riesce a rivendicarne il valore e a decretarne il successo? Il regista supporta questo eloquente impianto tematico con silenzioso vigore, avvalendosi di una fotografia ariosa e raggiante, di scenari – interni ed esterni – che incantano e, immancabilmente, dell’impeccabile commento musicale di Danny Elfman. Tuttavia, in un paio di sequenze, quelle relative alle ossessive visioni di Margaret, non resiste e fa capolino: ci ricorda che lui c’è; al pari della protagonista, scarabocchia la sua firma come in preda a un impulso di auto affermazione forse non necessario, ma nemmeno inopportuno.

A contribuire in maniera decisiva alla riuscita della pellicola, sono le ottime interpretazioni dei due attori protagonisti, entrambi convincenti e in parte. Amy Adams rende giustizia alla sua Margaret, che interpreta con misurato candore e progressiva consapevolezza, svelandone efficacemente le complesse e delicate sfumature. Waltz si conferma un’ottima garanzia, salvo qualche eccesso decisamente sopra le righe che però, più che la sua bravura di interprete, mette in discussione la sostanza filmica. Dal momento che l’intera vicenda presenta svolte turbolente e persino tragiche, in più di un’occasione viene da pensare che sia mancato il coraggio di indagare il dramma fino il fondo, forse per timore di disattendere le aspettative del pubblico, e si sia preferito ricorrere a facili meccanismi per stemperare la tensione. Tali trovate, in primis la grottesca sequenza della deposizione processuale di Walter Keane, lasciano spazio piuttosto alla perplessità che al divertimento. Nel cast, segnaliamo inoltre la presenza di uno snobissimo Jason Schwartzman, un algido Terence Stamp e Krysten Ritter, volto noto di tante serie tv.

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Big Eyes, in sala dal 1 gennaio grazie a Lucky Red, è un atto di rinascita, un’avvincente epopea artistica, un autentico racconto di rivalsa. In questo appassionato conflitto d’amore, con sfiziose coincidenze meta cinematografiche, ad essere in palio è un disperato grido esistenziale, un edonismo individualista che succhia avido nutrimento dal pubblico consenso. Non possiamo che augurarci che Tim Burton assecondi questa svolta inaspettata, mettendo momentaneamente da parte le eccentriche velleità fantasy e perseguendo questo nuovo sentiero di tormentata genuinità e energica realtà.

Chiara Carnà

PRO CONTRO
  • Offre l’opportunità di rivalutare Tim Burton.
  • Racconta con efficacia un’appassionata storia vera senza trascurare il contesto sociale e, anzi, sfiorando temi importanti quali la meccanizzazione dell’opera d’arte e il rapporto opera/autore.
  • Un ottimo cast che funziona e convince; Amy Adams su tutti.
  • Qualche istrionismo di troppo, che penalizza l’impatto drammatico della vicenda.

 

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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Big Eyes, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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