Big Hero 6, la recensione

A San Fransokyo, il quattordicenne Hiro Hamada è un piccolo genio della robotica che vive con il fratello maggiore Tadashi e la frizzante zia Cass. Sarà proprio il fratellone a convincerlo a sfruttare al meglio la propria intelligenza, anziché continuare perdere tempo con la sfide clandestine tra robot, e a tentare l’ammissione all’università che frequenta a sua volta, con un gruppo di amici esuberanti e nerd fino al midollo. L’invenzione che Hiro presenterà per essere preso in considerazione dall’ateneo riscuoterà un successo formidabile… Ma, di lì a poco, un’inaspettata tragedia getterà il ragazzino nello sconforto, fino a fargli desiderare di mollare tutto. Sarà allora che entrerà in scena BayMax, un robot-infermiere panciuto e bonario, determinato a far ritrovare il sorriso al suo giovane padrone e destinato a diventare inseparabile compagno di scorribande. Le inedite premesse del 54^ Classico Disney, decisamente sui generis, rispecchiano gli importanti cambiamenti che l’impero fondato nel 1923 dal mitico Walt e da suo fratello Roy sta attraversando. Si allude, naturalmente, alle monumentali acquisizioni prima della Marvel Entertainment e, poi, della LucasFilm. Tra i risultati del convergere in un’unica realtà di magici mondi così diversi e, al tempo stesso, profondamente radicati nell’immaginario collettivo, c’è sicuramente Big Hero 6, ispirato all’omonimo fumetto Marvel datato 1998. Il nuovo film d’animazione, infatti, riesce piuttosto bene nell’impresa, non semplice, di rielaborare gli elementi vincenti di ciascun microcosmo in ballo senza, però, stravolgerne la natura ma, piuttosto, inventando una storia fresca e appassionante in grado di coinvolgere grandi e piccini.

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I personaggi di Big Hero 6 sono accattivanti e ben caratterizzati, a cominciare da Hiro, brillante e vivace, ma anche soggetto ai turbamenti tipici della giovane età e, soprattutto, costretto ad affrontare e a reagire a un grave dolore emotivo. Anche i comprimari risultano, in linea di massima, efficaci e vividi. Go Go Tamago, Wasabi No-Ringer, Fred e Honey Lemon, il gruppo di cervelloni che s’improvviseranno supereroi, hanno caratteristiche peculiari che li rendono simpatici e favoriscono l’identificazione del pubblico, che sia con la leziosità del look di Honey Lemon o con l’irresistibile follia di Fred. Punta di diamante indiscussa del film è indubbiamente BayMax: il suo ingenuo candore e la morbida fisicità ne fanno già un’icona Disney, pronta a finire nell’Olimpo delle preferenze insieme ai vari Baloo o Lumiére. La componente umoristica della pellicola è affidata in massima parte a questo delizioso personaggio, che fa sorridere ed emoziona in maniera mai gratuita e solo di rado prevedibile. Anzi, si ha quasi l’impressione che si sarebbe potuto puntare di più sulla figura di BayMax, e che gli sceneggiatori si siano forse trattenuti, senza sfruttare completamente le sue potenzialità comiche e drammatiche. Manca, per contro, un villain forte e carismatico. Lo straniero mascherato che terrorizza San Fransokyo non incuriosisce particolarmente né si lascia ricordare, e neanche il colpo di scena sulla sua identità basta a riscattarlo agli occhi dello spettatore.

Dal punto di vista tecnico, siamo di fronte a un oiccolo capolavoro di stile: la cura per il dettaglio, specialmente per quanto riguarda l’architettura di San Fransokyo (fantasiosa fusione, non solo nel nome, tra Tokyo e San Francisco) è sbalorditiva e non è fatta solo di incredibile precisione, ma anche di luminosa creatività. Il notevole impatto visivo, accentuato dallo sfruttamento della terza dimensione, non travalica mai la narrazione e si rivela fedelmente funzionale al racconto. Nella fisionomia dei personaggi, inoltre, si nota la contaminazione con lo stile tipico del fumetto giapponese, con risultati insoliti ma originali.

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Big Hero 6 è una bella storia d’azione e d’amicizia, raccontata con coerenza e mantenendo un perfetto equilibrio tra spirito e commozione. Purtroppo, si perde nel finale, snocciolato in maniera frettolosa e un po’ sciatta; sarebbe stato opportuno, invece, sottrarre qualche minuto, magari, alle sequenze dedicate all’addestramento della combriccola di eroi improvvisati e soffermarsi sugli importanti contenuti veicolati dall’epilogo, che ne avrebbero guadagnato in incisività.
Resta, in ogni caso, un prodotto più che buono, che descrive con grande umanità un rapporto anomalo, come può essere quello tra un ragazzino e un robot, ma non per questo meno autentico, e non manca di sollevare riflessioni significative, non solo per i più piccoli.
Big Hero 6 è nei nostri cinema dal 18 dicembre, distribuito da Walt Disney Pictures.

Chiara Carnà

PRO CONTRO
  • Personaggi accattivanti e ben caratterizzati, Baymax su tutti.
  • Eccezionale dal punto di vista tecnico.
  • Racconta con intelligenza una storia che riesce a far ridere e a commuovere.
  • La commistione stilistica dà vita a risultati interessanti tanto dal punto di vista visivo che narrativo.
  • Manca un ‘cattivo’ carismatico.
  • Finale frettoloso.
  • Si sarebbero potute sfruttare meglio le potenzialità di personaggi e situazioni.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Big Hero 6, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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