Cocainorso, la recensione

Nei giorni in cui impazza su tutti i media italiani la storia dell’orsa JJ4, che ha massacrato il runner Andrea Papi in Trentino ed è stata poi catturata dalle autorità, si appresta ad uscire nei nostri cinema con un “tempismo” pressoché perfetto Cocainorso, la horror-comedy diretta da Elizabeth Banks che ha conquistato il boxoffice americano con un mix di splatter e ironia grottesca. Ma, proprio come l’orsa del Trentino, anche l’orsa cocainomane del film Universal Pictures proviene da una storia vera che non fa ridere proprio per niente!

Nel 1985, un trafficante di droga già noto alle autorità, l’americano Andrew Carter Thornton II, che aveva un passato nella polizia e alternava l’attività con gli stupefacenti con quella di avvocato, si lanciò da un aereo sopra Knoxville, nel Tennessee, con un borsone contenente 15 milioni di dollari in cocaina. Ma questa fu l’ultima missione per l’incauto contrabbandiere perché il paracadute non si aprì, lui si spiaccicò al suolo e il carico di droga si disperse nei boschi. Un paio di mesi dopo, un cacciatore trovò un orso morto e al suo fianco quello che rimaneva di un borsone, che gli investigatori ritennero poi essere di Thornton. Un medico legale constatò che l’orso era morto a causa di un’intossicazione da cocaina e la stampa ribattezzò quel povero orso Pablo Escobear.

Cocainorso

Quindi niente furia omicida da parte del mammifero, ma una testimonianza di quanto le sostanze stupefacenti possano essere letali anche per gli animali.

Ovviamente, questa suggestiva storia che parte da premesse grottesche e poi finisce in tragedia, non poteva essere riportata fedelmente in un film horror e lo sceneggiatore Jimmy Warden ha trasformato il povero orso nero della vicenda reale in un mostro mangia-uomini reso inarrestabile dalla continua somministrazione di cocaina. Alla vicenda dell’orso, poi, si unisce una coppia di criminali alla ricerca dei borsoni di droga, un poliziotto che è sulle loro tracce, e una eroica mamma in cerca della figlia che ha fatto sega a scuola con un suo amichetto per una gita nei boschi. Il tutto condito da un’ironia grossolana e concessione allo splatter cartoonesco, dosato con parsimonia.

Cocainorso

Però non ci siamo. Cocainorso è un enorme “wannabe-movie”, un film che sprizza potenziale inespresso da ogni fotogramma, un’opera narrativamente e registicamente molto acerba che cerca di dare un colpo al cerchio (la commedia) e l’altro alla botte (l’horror) senza eccellere in nessuno dei due settori.

Se vogliamo prenderlo come commedia grottesca, Cocainorso non ha i tempi giusti per far ridere, manca proprio di ritmo, risultando incredibilmente fiacco. Il sorriso sulla bocca di chi guarda ci sarà costantemente, ma ogni scenetta, ogni gag, arriva sempre o troppo presto o in ritardo, tra l’altro con quel fare un po’ sguaiato e ammiccante di chi sta imboccando al pubblico la risata.

Se lo consideriamo, invece, un horror del filone beast-movie, Cocainorso non riesce a cogliere mai nel segno per una completa assenza di tensione e di scene di suspense (probabilmente una scelta voluta, vista la mission buffonesca), compensate però da una discreta dose di emoglobina, destinata a specifiche scene, come quella dell’albero o quella – molto riuscita, va riconosciuto – dell’ambulanza.

cocainorso

Da un punto di vista narrativo, si nota una scrittura a tratti decisamente mediocre. Jimmy Warden, già sceneggiatore per i due capitoli del franchise horror di Netflix La Babysitter, punta sui personaggi sottolineando per ognuno di loro delle caratteristiche caricaturali che dovrebbero bastare per caratterizzarli; così avremo il criminale depresso, il poliziotto apprensivo verso il suo cagnolino, la ragazzina sveglia con il pallino per l’arte e via dicendo, mancando però di creare un contesto credibile e strutturato in cui far muovere questi personaggi. Per di più, ci sono alcuni momenti in cui la storia è spinta in alcune direzioni attraverso espedienti molto forzati come, ad esempio, la mamma capisce che la figlia può essere in pericolo perché trova casualmente il suo zaino in un cespuglio o, ancora peggio, il poliziotto che si mette alle calcagna dei criminali nella riserva perché “qualcuno in un bar li ha sentiti parlare”. Insomma, quando si dice scorciatoie narrative!

cocainorso

Elizabeth Banks, che è un’interprete molto talentuosa e questo lo sappiamo da tempo, non ha uno stile e scompare completamente dietro la macchina da presa. Questo non è un bene perché tutti i suoi film da regista potrebbero essere stati diretti dal primo tecnico che passa sul set: sicuramente la Banks ha affinità con il linguaggio della commedia, quindi, ci chiediamo perché sia stata messa a dirigere prima un action con il disastroso Charlie’s Angels, poi un beast-movie con Cocainorso apparendo francamente disinteressata a sottolineare in entrambi i casi il loro macro-genere di appartenenza.

Vi divertirete guardando Cocainorso? Sicuramente sì, è una visione disimpegnata da pop-corn e pepsi che di tanto in tanto anche il più inamidato dei cinefili necessita, ma è anche un film stra-pieno di potenzialità inespresse, la classica occasione sprecata che in mano a qualcuno con maggior cognizione di causa sarebbe potuta diventare un cult. Qui, invece, al massimo si ambisce allo scult.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Il soggetto è bellissimo e pensare che sia tratto da una storia vera gli dà una bella spinta.
  • Qualche scena splatter ben realizzata.
  • Una commedia horror che non fa ridere e non spaventa.
  • Personaggi evanescenti.
  • Non ha ritmo e visivamente è abbastanza sciatto.
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Valutazione: 5.5/10 (su un totale di 2 voti)
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Valutazione: +1 (da 1 voto)
Cocainorso, la recensione, 5.5 out of 10 based on 2 ratings

One Response to Cocainorso, la recensione

  1. Fabio ha detto:

    A me ha divertito parecchio, scemotto e folle al punto giusto , per me promosso!!!!

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    Valutazione: 3.0/5 (su un totale di 1 voto)
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