Emma e il giaguaro nero, la recensione

Emma (in originale un più evocativo Autumn) è un’adolescente dal carattere difficile. La sua indole ribelle, tuttavia, può essere facilmente giustificata da un’infanzia dura che le ha lasciato più di qualche cicatrice addosso. Cresciuta con due genitori ambientalisti in un piccolo villaggio dell’Amazzonia, la vita della piccola è drasticamente cambiata con la prematura morte della madre. Dopo il triste evento, infatti, Emma si è vista costretta a lasciare quei luoghi selvaggi e incantevoli per trasferirsi con il padre a New York per iniziare una nuova vita più agiata e sicura. Ma vivere all’interno di una chiassosa metropoli quando si è nati e cresciuti nell’incontaminato “polmone verde” del Mondo è davvero dura. Tuttavia, ciò che sembra mancare ad Emma più di ogni altra cosa è Hope, un bellissimo cucciolo di giaguaro nero con cui giocava sempre quando era bambina e c’era ancora sua madre. Un giorno, per puro caso, la giovane Emma viene a sapere che il villaggio in cui è cresciuta è stato scosso dall’arrivo di alcuni pericolosi bracconieri che stanno decimando la fauna locale. Temendo per la vita di Hope, Emma scappa di casa e intraprende uno spericolato viaggio da New York fino all’Amazzonia. In questa rocambolesca avventura, Emma sarà seguita/accompagnata da Anja, la sua sbadata professoressa di biologia che le tenta tutte per convincere Emma a tornare a casa.

È il 2013 quando in Francia esplode il successo incontenibile di Belle & Sebastien, la bellissima trasposizione cinematografica dei celebri romanzi scritti da Cécile Aubry e diretta da Nicolas Vanier. Da quel momento la Francia si riscopre appassionata di un certo cinema a carattere ambientalista, un cinema determinato a promulgare nobili messaggi di salvaguardia del Pianeta attraverso semplici ma efficaci storie d’amicizia che vedono coinvolti animali ed esseri umani. Un cinema che, in fin dei conti, proprio in Francia aveva già avuto dei precedenti assolutamente illustri come i capolavori firmati da Jean-Jacques Annaud quali L’orso e Due Fratelli.

Nel giro di pochissimi anni, infatti, la Francia mette in produzione un elevato numero di family-film dal taglio ambientalista, tutti dichiaratamente realizzati con la finalità di sensibilizzare i più giovani alla salvaguardia del Nostro Pianeta, in qualsiasi sua forma.

Tra i principali sostenitori di questo nuovo movimento cinematografico a carattere ecologista troviamo sicuramente Gilles de Maistre, filmmaker, attore e giornalista che, a partire dal 2018, sembra aver individuato in questa tipologia di cinema proprio la sua principale vocazione.

Nel 2018, infatti, l’autore aveva abbracciato un più che discreto successo portando al cinema Mia e il leone bianco, ovvero l’incredibile storia vera di un’amicizia nata tra una bambina di undici anni e un cucciolo di leone bianco. Tre anni dopo, nel 2021, Gilles de Maistre prova a bissare il successo e torna con un’altra incredibile storia di amicizia tra un’umana e – questa volta – ben due cuccioli selvatici. È l’anno de Il Lupo e il Leone, un’opera meno ambiziosa della precedente e che faceva respirare una certa volontà nello spostare la narrazione (e i toni) verso un target più giovane, sicuramente affamato d’avventura ma anche desideroso di qualche piccola risata.

Adesso arriva nelle sale Emma e il giaguaro nero, terza avventura di Gilles de Maistre all’interno di questo filone ambientalista nonché terza storia d’amicizia che questa volta lega una giovanissima ragazza incapace di elaborare il lutto materno ad un cucciolo di giaguaro nero che rischia la vita a causa del bracconaggio.

Dopo il Sudafrica e dopo i boschi del Canada, il filmmaker francese sceglie l’Amazzonia per imbastire il suo nuovo racconto volto alla salvaguardia dell’ecosistema naturale. E non poteva esserci una scelta più azzeccata dal momento che la Foresta Amazzonica, conosciuta con l’esplicativo nome di “polmone verde”, è quell’area geografica che influenza l’equilibrio dell’intero Pianeta. Una regione geografica vastissima, che si estende su una superficie di sei milioni di chilometri quadrati, che oggi è però gravemente minacciata dalla stupidità umana che la sta depredando e distruggendo a causa della deforestazione e di una sciagurata estrazione delle materie prime.

Dunque, una porzione di Mondo che non è solo funzionale al racconto, bensì diviene un autentico simbolo nel momento in cui si cerca di intraprendere certi discorsi e si è determinati a promuovere certi messaggi assolutamente importanti.

Perciò Emma e il giaguaro nero potrebbe essere inquadrato non solo come il terzo capitolo di quella che, per adesso, è la trilogia ambientalista di Gilles de Maistre, bensì proprio come il punto d’arrivo di un discorso necessario che dal particolare arriva finalmente al generale.

Proprio per questa ragione dispiace, e nemmeno poco, riconoscere tutti gli enormi limiti che frenano pesantemente la riuscita di Emma e il giaguaro nero. Sarebbe stato opportuno approcciare la storia narrata con la giusta serietà e maturità perché l’amicizia tra Emma e Hope, mai come in questo caso, assurge a simbolo di un utopistico ma ideale futuro in cui l’essere umano, grazie al potere della collettività (non a caso l’insistito ricorso al famoso canto El pueblo unido jamas serà vencido), riesce a fermarsi davanti alla Natura rispettandone la bellezza ma anche l’importanza.

Ma Gilles de Maistre non è di questo avviso e in Emma e il giaguaro nero amplia tutti quei difetti che già avevano minato la riuscita del precedente Il Lupo e il Leone. In modo particolare sacrifica l’avventura in favore della commedia bambinesca, rendendo proprio quest’ultima il genere dominante di questa storia.

In Emma e il giaguaro nero, infatti, si riescono ad individuare due anime molto ben distinte. Da una parte, infatti, c’è la storia della piccola Emma e del suo incontro con il cucciolo Hope. Si tratta della storyline relegata ai flashback, ovvero quella maggiormente interessante (e cinematograficamente più appagante) in cui emergono valori, sentimenti e una maturità narrativa che ci ricorda l’importanza di ciò che il film sta cercando di dirci. Poi c’è la seconda storyline, quella principale poiché riferita al tempo presente, in cui l’adolescente Emma intraprende l’avventura da New York al villaggio in Amazzonia con l’indesiderata compagnia di Anja, la professoressa di biologia che si fa carico di tutto il carattere comico del film. Purtroppo per noi, però, Anja non è un semplice personaggio di supporto e per buona parte del film viene eletta proprio a co-protagonista della vicenda. Questo comporta che tutta l’avventura narrata in Emma e il giaguaro nero ha il carattere di una slapstick comedy chiassosa e fastidiosa, puerile oltre ogni modo, con irritanti ma continui siparietti pseudo-comici che dovrebbero sottolineare, in modo davvero infantile, l’inadeguatezza di chi viene dalla città (appunto, la professoressa Anja) ad adattarsi a quel selvaggio mondo.

Il problema è che i continui siparietti comici che Gilles de Maistre mette in scena non sono mai divertenti e nemmeno ispirati, risultano solamente stupidi e utili a disperdere il focus principale del film.

Complice questa eccessiva poca serietà che ammanta l’intero film, Emma e il giaguaro nero viene ulteriormente afflitto anche da una generale superficialità che accompagna la narrazione dall’inizio alla fine. Ogni cosa viene raccontata con estrema facilità, nulla riceve il giusto spazio artistico e narrativo. Si ha la sensazione continua di assistere ad un film che affoga – consapevolmente – in una marea di cliché che spesso fanno addirittura sorridere. L’indole ribelle di Emma, il suo conflitto con il padre ma anche con la professoressa, il viaggio dagli Stati Uniti all’Amazzonia, la ridicola delineazione caratteriale ed estetica delle popolazioni indigene per non parlare poi di quella relativa ai bracconieri. Tutto è semplicissimo, poco credibile, ogni cosa sembra avere un retrogusto così cheap da condurre lo spettatore a non prendere mai nulla davvero sul serio.

Ed è un peccato, perché oltre al nobile messaggio che il film vorrebbe veicolare (e che noi sposiamo a braccia aperte, malgrado la riuscita del film) si prova sempre una notevole stima e rispetto per film come Emma e il giaguaro nero, film che comunque richiedono una notevole preparazione e un’attenta lavorazione visto l’utilizzo massiccio di animali veri sulla scena (è tutto vero, nessun animale è stato ricreato attraverso l’utilizzo di effetti speciali) che interagiscono con gli esseri umani.

Restiamo comunque curiosi di scoprire in quale altro angolo di Mondo ci porterà in futuro Gilles de Maistre e quale particolare legame affettivo sceglierà di raccontare la prossima volta. Noi restiamo comunque fiduciosi e speranzosi che la sua prossima avventura (sempre se ci sarà) possa avere delle ambizioni più alte e dei toni più affini ai nobili messaggi che vuole lanciare.

Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
  • Il messaggio che il film vuole promuovere è un pro a prescindere. Senza se e senza ma.
  • La storyline di Emma bambina relegata ai soli flashback rappresenta tutto ciò che di buono il film ha da offrire.
  • Le scene che prevedono interazioni tra persone e animali (reali).
  • Un tono da commedia davvero troppo pesante, invadente e stucchevole.
  • Ogni cosa è così fastidiosamente superficiale e cheap da far perdere credibilità alla narrazione.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Emma e il giaguaro nero, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.