ENDER’S GAME, la recensione

In un lontanissimo futuro, il dodicenne Ender Wiggins (Asa Butterfield), il più sveglio e dotato dei suoi compagni, viene ammesso alla Scuola di Guerra, una stazione orbitante nello spazio in cui giovani talenti vengono addestrati alla battaglia, attraverso simulazioni in assenza di gravità, e si giocano la possibilità di diventare Comandanti della Flotta Internazionale.
Questo perché gli abitanti della Terra, dopo il devastante attacco subito molti anni prima dalla specie aliena dei Formics, che costò la vita all’eroico Comandante Mazer Rackham (Ben Kingsley), vogliono essere più che preparati per respingere un nuovo eventuale assalto e, anzi, fare sì che sia l’ultimo.
Ender, riflessivo ma con le idee chiare, deve confrontarsi ogni giorno con l’invidia e l’ostilità dei compagni e con le ingenti speranze in lui riposte dal direttore della Scuola, il cinico Colonnello Hyrum Graff (Harrison Ford), cui fanno da contraltare le perplessità del Maggiore Gwen Anderson (Viola Davis). Quest’ultima reputa Ender troppo impulsivo e incline all’aggressività per essere all’altezza del delicatissimo ruolo di stratega, eppure il ragazzino, dopo un duro allenamento (che tanto rielabora dell’addestramento cinematografico per antonomasia, quello del Sergente Hartman di Full Metal Jacket), riesce a distinguersi, guadagnarsi la stima dei coetanei ed essere trasferito, in qualità di Comandante, su Eros: pianeta usato, in passato, come base dai Formics. Riuscirà, però, a dominare i dubbi, che nel frattempo ha maturato in merito alla missione, e la sua emotività quando sarà il momento di entrare in azione?

Era il 1985 e il prolifico scrittore Orson Scott Card portava alle stampe l’arguto e brillante romanzo Ender’s Game. Chissà se l’autore immaginava quanto la storia del piccolo Ender Wiggins, destinato a diventare l’ultimo capo militare della Terra, avrebbe fatto parlare di sé negli anni a venire. Divenuto un classico della fantascienza, Ender’s Game si è aggiudicato il Premio Hugo e il Premio Nebula, è stato tradotto in ventotto lingue e inserito nell’elenco di letture ufficiali della United State Marine Corps. Oggi, a quasi trent’anni di distanza dalla consacrazione sulla carta, arriva nelle nostre sale l’attesissimo adattamento per il grande schermo, scritto e diretto da Gavin Hood (Il suo nome è Tsotsi; X-Men. Le origini: Wolverine) e che vede ancora il nome di Orson Scott Card tra i produttori.
Qual è il segreto del successo di Ender’s Game? Gli ingredienti, di certo, non mancano: mondi distopici, un programma scolastico decisamente insolito, un Pianeta da salvare. Tuttavia, questo valido e collaudato mix è destinato a funzionare anche su pellicola?

Harrison Ford impartisce ordini ad Asa "Ender" Butterfield

Harrison Ford impartisce ordini ad Asa “Ender” Butterfield

La regia di Hood è accurata ed estremamente capace nel servirsi della tecnologia, molto all’avanguardia per i tempi in cui il romanzo fu elaborato ma che oggi è pane quotidiano per l’industria cinematografica e il suo pubblico avido di spettacolarità.
L’impianto visivo, a tal proposito, è magnificamente costruito e denota grande attenzione per i dettagli, dalle campiture cromatiche che la dicono lunga sulla natura di ogni ambiente alla meticolosa configurazione degli spazi in cui i ragazzi si allenano e ‘giocano a fare la guerra’.
Quelle dedicate alle simulazioni di battaglia, con armi di cui il pubblico scopre la funzione assieme ai protagonisti e brillanti strategie di vittoria elaborate e messe in atto proprio sotto gli occhi degli spettatori, sono proprio le sequenze migliori, che garantiscono un intrattenimento suggestivo, inusuale e coinvolgente. Numerose scene sono state girate all’interno dei depositi della NASA a New Orleans e la fisionomia della Scuola di Guerra, della Sala di Battaglia e del Pianeta Eros sono frutto del grandioso lavoro dello scenografo Ben Procter (Avatar; Transformers 3) e Sean Haworth (Tron Legacy; Thor). Il mondo di Ender’s Game si sarebbe probabilmente prestato allo sfruttamento della terza dimensione con risultati tutt’altro che da poco, ma il film non è stato girato in 3D.

A dispetto di una storia originale e potenzialmente avvincente, di momenti forti tanto dal punto di vista emotivo che visivo e di un intelligente ed efficace impiego degli effetti speciali visivi e sonori, il film presenta, tuttavia, altrettanti punti deboli.
In primis, la sceneggiatura. La pellicola dura meno di due ore, eppure si ha l’impressione di rimaner seduti di fronte allo schermo per un’eternità. Buona parte del film, infatti, si concentra proprio sulla tematica militare e sull’addestramento quotidiano dei piccoli soldati; questo indugiare, man mano che si procede, degenera in un estenuante trascinarsi di tempi morti e momenti uguali a se stessi (quali, ad esempio, quelli che descrivono il rapporto inizialmente conflittuale tra i ragazzi o i dibattiti tra Graff e la Anderson a proposito delle geniali potenzialità di Ender) trascurando dettagli sul racconto e sfaccettature sulle quali sarebbe stato utile soffermarsi maggiormente. La pellicola, infatti, si pone insistentemente una domanda: è davvero tutto lecito in tempo di guerra? Anche servirsi di ragazzini?
Non si fa cenno, però, alla ragione per la quale sia stata creata addirittura una Scuola per giovani combattenti e si sia deciso di formare all’arte del conflitto esclusivamente giovanissime menti. L’approccio prediletto dal lungometraggio, in sintesi, è il concentrarsi sulla mera azione, più o meno movimentata, limitandosi a sfiorare grandi dilemmi esistenziali o riflessioni intellettuali.
Inoltre, il colpo di scena finale non ottiene affatto l’effetto sconvolgente e disturbante che si propone; chi scrive, al contrario, lo ha trovato prevedibile e ordinario. Solo dei ragazzini, per l’appunto, avrebbero potuto lasciarsi prendere in contropiede.

Asa Butterfiles e Hailee Steinfeld si preparano all'addestramento militare

Asa Butterfiles e Hailee Steinfeld si preparano all’addestramento militare

Il cast, per quanto stellare, non regala performance particolarmente degne di nota, fatta eccezione per il sempre impeccabile Ben Kingsley. Interessante la riesumazione di una nutrita schiera di ex baby-star ormai (quasi) cresciute: oltre al già citato Asa Butterfield (Hugo Cabret), Abigail Breslin (Little Miss Sunshine) è la sensibile sorella di Ender; Hailee Stansfield (Il Grinta) è Petra Arkanian, unica ragazza del miglior corpo di combattimento della Scuola ma non per questo meno forte e indipendente dei suoi compagni; Moises Arias (Hannah Montana – The Movie) è il minaccioso Bonzo Madrid, leader della Formazione più forte della Scuola e il più agguerrito dei nemici di Ender.
L’Ender di Butterfield, dispiace dirlo, è immobile, inespressivo, e tutto sembra fuorché un ragazzino fuori dal comune. Nonostante la scelta dello script di svelare poco o nulla del nemico (tanto per quanto riguarda il sul background che anche solo la sua fisionomia) e di concentrarsi prevalentemente sui personaggi, questi ultimi non appassionano né si lasciano ricordare, nel bene o nel male.

Concludendo, Ender’s Game è un prodotto che avrebbe tutte le carte in regola per regalare un intrattenimento di qualità a giovani e meno giovani ma che la scrittura e le interpretazioni penalizzano notevolmente, facendone un prodotto senza infamia e senza lode, di cui si ricorderà probabilmente solo la forma e poco o nulla del contenuto.

Chiara Carnà

PRO CONTRO
  • Le godibili e originali sequenze dedicate alle simulazioni di guerra.
  • Lo straordinario lavoro sull’impianto visivo.
  • La presenza nel cast di Ben Kingsley.
  • La scrittura è debole e procede spesso con lentezza.
  • La tensione spettatoriale non è gestita al meglio.
  • Colpo di scena finale fiacco e prevedibile.
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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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ENDER'S GAME, la recensione, 6.0 out of 10 based on 1 rating

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