I figli della notte, la recensione

Leggere sulla locandina di un film il cognome De Sica infonde sempre una genuina iniezione di fiducia in quanto si tratta di una dinastia che ha segnato il nostro cinema legando il suo nome all’epoca aurea della commedia all’italiana, soprattutto nella figura del grandissimo e compianto Vittorio e del meno talentuoso, ma comunque importante, Christian. Nell’attesa del primo film di Brando, ecco arrivare il lungometraggio di Andrea De Sica, figlio del compositore Manuel, il quale, dopo aver collaborato con diversi registi importanti e realizzato corti e documentari, firma il suo esordio dietro la macchina da presa con I figli della notte. Un titolo che rievoca grandi pellicole di genere del passato e fa da preludio ad un thriller ben realizzato, mai banale e supportato da una sceneggiatura solida che rende il plot sorprendente e dark nelle atmosfere e nei toni.

Giulio è un adolescente di buona famiglia che viene spedito dalla mamma in un isolato e prestigioso collegio che ha come obiettivo quello di formare i ragazzi dell’alta società per farli diventare i dirigenti del futuro attraverso lezioni di economia e di buone maniere. Qui l’introverso e timoroso Giulio fa amicizia con Edoardo, un ragazzo del tutto opposto a lui per carattere e atteggiamenti, con il quale scoprirà che alle rigide regole diurne fanno da contraltare una vita notturna viziosa e sregolata e feroci e ripetuti atti di bullismo rimasti, però, impuniti e senza colpevoli.

Fin dalle prime battute si ha la sensazione che Giulio sia il protagonista di una favola nera, un incubo il cui teatro è rappresentato da un collegio che ricorda, per aspetto e collocazione in mezzo alla Alpi, quello già visto in Phenomena di Dario Argento per quanto riguarda gli esterni e in Kubrick per ciò che concerne gli spazi interni. Citazioni e riferimenti a grandi classici del cinema che però non riducono I figli della notte ad un mero esercizio di stile e rifacimenti, in quanto De Sica sfrutta queste basi di partenza per costruirci su una storia angosciante e molto simile ad un romanzo di formazione in negativo.

Si, perché la veste horror e da thriller psicologico rappresenta soltanto un mezzo di cui il regista si serve per raccontare un storia di amicizia, tradimenti e l’affresco di una società aristocratica intrisa di moralismi e di comportamenti di facciata, ben rappresentati dall’ambigua vita notturna del collegio fatta di locali viziosi e prostitute.

All’interno di queste dinamiche ambigue si inserisce l’amicizia tra due ragazzi molto diversi, Giulio ed Edoardo, i quali cercano di ribellarsi agli atti di bullismo e allo sfruttamento nei confronti di una ragazza di cui si innamorano, ma alla fine rimangono risucchiati e contaminati anch’essi da queste logiche, quasi a dimostrare che la loro educazioni come capi del domani passi anche attraverso queste esperienze.

Molto approfondita la caratterizzazioni di personaggi interpretati in modo più che convincente dai bravi Vincenzo Crea e Ludovico Succio, rispettivamente nei panni di Giulio ed Edoardo, che riescono a donare ai loro personaggi quel giusto mix di incoscienza e spietatezza che è alla base della storia raccontata.

Che da un De Sica possa arrivare un’ulteriore spinta per la ripresa del nostro cinema? Sarà solo il tempo a dirlo, ma I figli della notte rappresenta senza dubbio una buona base.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Atmosfere inquietanti e opprimenti.
  • Personaggi ben delineati.
  • Una storia lineare e coerente.
  • Una parte centrale in cui il plot divaga un po’ e rischia di perdersi.
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