Ghostbusters, la recensione
Se chiedete a un qualsiasi 30/35enne con una buona cultura cinematografica e adeguatamente dotato del cromosoma n.e.r.d. una ipotetica top 10 dei film preferiti in assoluto, ci sono davvero molte probabilità che nella decina ci sia Ghostbusters – Acchiappafantasmi. Quello che hanno creato Ivan Reitman, Dan Aykroyd e Harold Ramis è da subito stato destinato ad entrare nell’immaginario collettivo e non solo perché il film del 1984 fu un successo planetario (300 milioni di dollari incassati in tutto il mondo), ma per una portata fortemente innovativa che mescolava commedia e cinema horror/fantastico.
Il sequel del 1989, la serie a cartoni animati degli anni ’80 e la corposa linea di giocattoli, gadget e videogames sono stati la semplice conseguenza di un grande e meritato successo, che ha generato negli anni fan club in tutto il mondo, omaggi cinematografici e anche chiarissimi tentativi di emulazione che oggi hanno portato al tanto temuto reboot.
Si, temuto. Perché attorno al ritorno degli acchiappafantasmi al cinema, caldeggiato da oltre un decennio, è aleggiata un’aria nefasta fin dai primi momenti. Inizialmente si parlò di sequel, un numero 3 a cui cominciarono a lavorare proprio i creatori del franchise Dan Aykroyd e Harold Ramis. Ma le cose andarono per le lunghe, pare che non riuscissero a trovare né le idee giuste né il budget necessario per realizzarlo (si diceva di un nuovo team addestrato dai vecchi ghostbusters), poi Ramis purtroppo è venuto a mancare e la Sony ha mantenuto il progetto spostando però l’attenzione sull’idea del remake, che è immediatamente diventato reboot. Il film è passato nelle di Paul Feig, mentre Ivan Reitman e Dan Aykroyd sono rimasti in veste di produttori (Aykroyd anche consulente alla sceneggiatura) e il concept alla base del film ha subito una notevole sterzata, consistente nel cambiare il sesso ai protagonisti. Le reazioni all’annuncio di acchiappafantasmi donne non sono state molto accoglienti e, nell’arco degli ultimi mesi, Ghostbusters ha attirato l’attenzione di così tanti haters da segnare anche un record: il maggior numero di dislike su You Tube per un trailer cinematografico.
Tutta pubblicità, direbbe qualcuno, ma le sorti per questo reboot ad un certo punto sono sembrate davvero nefaste. La produzione è giunta ai ripari organizzando piani “b” per non affossare il franchise, poi prontamente smentiti (non sapremo mai dove sta la verità), mentre la situazione degli haters è sfuggita di mano con deplorevoli episodi di insulti sessisti e razziali alle protagoniste del film che hanno perfino portato alla chiusura dell’account twitter dell’attrice Leslie Jones.
Tanto rumore per nulla, perché poi vai a vedere questo Ghostbusters e ti rendi conto che non è affatto male!
Innanzitutto Paul Feig, che viene dalla commedia con la regia di Le amiche della sposa, Corpi da reato e Spy, ha scritto questo reboot (insieme a Kate Dippold) tenendo costantemente l’originale come punto di riferimento ma distanziandosene a dovere, tanto da dar vita a un film molto diverso dal prototipo.
Erin Gilbert (Kristen Wiig) ha appena perso una cattedra alla Columbia University a causa di una sua vecchia pubblicazione a tema parapsicologia che l’ex collega e co-autrice Abby Yates (Melissa McCarthy) non ha voluto ritirare dal mercato. Abby si diletta ancora con lo studio dei fenomeni spiritici e ora collabora con Jillian Holtzmann (Kate McKinnon), un ingegnere nucleare un po’ fuori di testa che progetta metodi per catturare entità spiritiche. Quando un fantasma si manifesta in presenza delle tre studiose e diverse altre manifestazioni spiritiche avvengono in diversi posti di New York, Abby, Erin e Jillian decidono di mettere su un’attività per la disinfestazione di fantasmi. A loro si unisce anche Patty Tolan (Leslie Jones), custode nella metropolitana che denuncia un’apparizione proprio nel tunnel della metro. Ma tutte queste manifestazioni spiritiche fanno parte di un enorme piano che potrebbe portare alla distruzione della città.
Ad eccezione di Patty Tolman, interpretata da Leslie Jones, le acchiappafantasmi sono molto differenti dalle loro controparti maschili del 1984, sia nella caratterizzazione caratteriale che nel ruolo che hanno all’interno della vicenda. Ed è altrettanto differente l’umorismo presente nel film, nonostante le quattro attrici provengano dal palco del Saturday Night Live proprio come gran parte del team del film originale. Ghostbusters 2016 forse è maggiormente virato verso la commedia di quanto lo fosse Ghostbusters 1984, ma si tratta di una comicità misurata, affidata a un gruppo di professioniste della risata che riescono perfettamente a calibrare l’ironia più sottile (molto affidata ai giochi di parole e qui l’adattamento italiano ne sminuisce l’efficacia) con quella di pancia, concentrata per lo più ai siparietti quasi surreali affidati al segretario bello ma scemo interpretato da Chris Hemsworth, anche lui lontanissimo dalla Janine del primo film e molto più importante ai fini narrativi della vicenda.
Se Kristen Wiig conferma il suo talento e la sua estrema versatilità, Melissa McCarthy finalmente esce dal ruolo che l’ha resa celebre e Leslie Jones se la cava ma cavalca troppo lo stereotipo dell’afroamericana sempliciotta, un po’ caciarona e di buon cuore, è Kate McKinnon a colpire maggiormente, grazie a un’ottima aderenza al ruolo, fatta di silenzi e mimica, che ben descrivono la folle irresponsabilità del suo personaggio.
Non mancano sagaci battute autoreferenziali aggiunte probabilmente in corso d’opera (un utente lascia un commento nel video che Abby carica su You Tube che recita più o meno “questo non è un lavoro per femmine”) e tutta una serie di cammei che fanno comparire tutto il cast del film originale, ad eccezione di Rick Moranis. Alcuni cammei sono più pregnanti, altri meno ma le affettuose strizzate d’occhio al film originale sono tante e comprendono anche Slimer e l’omino dei Marshmallows, al punto che ci si rende conto che Ghostbusters 2016 a tratti non riesce a camminare con le proprie gambe. E infatti in un film davvero molto godibile, la parte che funziona meno è il terzo atto, dove le similitudini con il prototipo si fanno più evidenti e l’impietoso confronto scatta inevitabilmente.
Dunque il Ghostbusters che inneggia al girl power risulta un prodotto assolutamente al di sopra di ogni aspettativa, capace di trovare una propria strada senza scimmiottare il film da cui nasce.
Non uscite subito dalla sala perché ci sono diverse scene post credits, tra cui due anche piuttosto importanti.
Roberto Giacomelli
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