Gli arcangeli: allucinazione mistica tra nichilismo e sessualità

Gli arcangeli (2007) è un dramma mistico che segna l’illuminante esordio di Simone Scafidi nel lungometraggio: in questo film, che conserva ancora oggi tutta la sua potenza e la sua carica innovatrice, attraverso una straordinaria forza visiva e narrativa, sono contenuti in nuce gli elementi che caratterizzeranno le sue future opere.

Forse per la difficoltà dei temi trattati, Gli arcangeli ha attraversato un iter realizzativo piuttosto complesso: dopo la rinuncia di un produttore importante, il film è stato realizzato grazie al produttore indipendente David Cartasegna; girato in digitale e con una produzione low-budget nel 2004, ha goduto meritatamente di un buon percorso distributivo, prima nei festival e in sala (tra il 2007 e il 2008), e alcuni anni dopo in Dvd grazie alla Sinister Film.

La vicenda, scritta dallo stesso Scafidi insieme all’attore protagonista, è incentrata su Christian (Andrea Riva De Onestis). Da bambino, durante il battesimo all’età di dieci anni, compie in chiesa uno strano gesto che preoccupa i genitori. Padre Siro (Franco Branciaroli) li rassicura, dicendo che tale comportamento è dovuto alla sua particolare sensibilità, ma in privato spiega la verità al bambino: egli ha avuto una visione, ha visto gli Arcangeli che pulivano il volto di Cristo dalle ferite della sofferenza umana, e ciò significa che dovrà affrontare una vita tormentata. Una volta cresciuto, Christian vive infatti un’esistenza vuota, all’insegna del dolore, della violenza, dell’annullamento. Neanche l’incontro con Marlena (Francesca Inaudi), una ragazza segnata a sua volta da vari problemi, riesce a placare il suo nichilismo.

Vedere Gli arcangeli significa immergersi in un’esperienza che non ha eguali nel cinema italiano: è un unicum al di fuori di ogni logica spettacolare e commerciale, un film che vuole battere nuove strade e dire qualcosa di nuovo. Esteticamente affascinante e quasi teatrale (piani-sequenza, lunghe inquadrature fisse, primi piani, contrasti fra luce e ombra), Gli arcangeli segue sì una linea narrativa, ma al contempo si distanzia dal racconto classico procedendo attraverso dei “quadri”: sequenze visionarie, allucinate, surreali, mirabilmente fuse con altre estremamente concrete di sessualità e violenza, in una continua mescolanza tra realtà e fantasia, allucinazione e realtà.

Possiamo definire l’opera prima di Scafidi come un lavoro antropologico, perché ciò che interessa all’autore è mettere in scena l’uomo, con tutti i suoi interrogativi: il disagio e lo smarrimento dell’essere umano (in modo particolare dei giovani), la vita e la morte, il Bene e il Male, il dolore, la religione, il declino del mondo contemporaneo. Alla base del film c’è un ricco sostrato letterario, con Bret Easton-Ellis che incontra I demoni di Dostoevskij, il tutto filtrato dalla rappresentazione della piccola borghesia italiana, dalle radici cristiane e dai misfatti che leggiamo quotidianamente sui giornali. Nichilista, dissacrante e provocatorio, Gli arcangeli è la quintessenza del cinema di Scafidi, poiché non dà risposte, ma pone domande, interagendo con lo spettatore: racconta un mistero esistenziale e metafisico, carnale e spirituale, è un viaggio iniziatico al contrario nella vita del protagonista, segnata da dolore, solitudine, desiderio di annullamento e rifiuto della morale borghese.

Il protagonista si abbandona alla violenza e alla sottomissione del prossimo (soprattutto delle donne), compie una specie di “sfida” blasfema a Dio e finisce con l’abbracciare una religione “al contrario” (c’è un anti-battesimo e un’anti-comunione con Padre Siro). Tutto questo si percepisce a pelle dalle immagini ma anche dai profondi e deliranti dialoghi, ai quali bisogna abbandonarsi senza cercare di comprendere razionalmente ciò che viene detto. Lungo tutto il film, Christian è seguito da Padre Siro, colui che per primo ha scoperto il suo segreto, entità fantasmatica che fa quasi da (arc)angelo custode, e da una serie di figure tra cui spicca Marlena. Emarginata come lui, con una vita difficile e un figlio disabile, potrebbe essere la risposta al suo bisogno d’amore, ma rimane pura soddisfazione sessuale, e solo nella conclusione – sulle note struggenti della Cavalleria Rusticana di Mascagni – la coppia trova un momento di vera intimità e felicità effimera.

Gli arcangeli procede per “quadri”, tableaux vivants. Ai momenti di narrazione lineare si alternano (e volutamente prevalgono) potentissimi squarci visionari in cui misticismo e realtà si confondono, sottolineati dalle altisonanti musiche a contrasto (Bach, Beethoven, Mascagni, il Requiem di Mozart). Ricordiamo la crocifissione di Christian, accompagnato in una landa desolata dalle consuete figure della sua vita, e con le mele nella corona di spine di ispirazione bunueliana; i profondi dialoghi con Padre Siro, quasi un Virgilio che accompagna questo novello Dante nella sua crudele esperienza (ultra)terrena; i monologhi di Christian, che “urla sussurrando” la sua rabbia e follia; le scene di violenza e sottomissione sessuale, di ispirazione pasoliniana e che torneranno in modo ancora più estremo in Appunti per la distruzione; il finale, con il progressivo e misterico sprofondare nella luce sulle auliche e potenti note della Passione secondo San Matteo di Bach.

La regia è geniale, sorretta da un buon comparto estetico e da un ottimo cast, grazie ad attori che si destreggiano con maestria fra il cinema e il teatro. Gigantesco innanzitutto l’attore e performer Andrea Riva De Onestis, il cui personaggio sembra uscito dalle pagine di un libro di Nietzsche (filosofo citato infatti nel corso del film): protagonista anche dei successivi Appunti per la distruzione ed Eva Braun, impressiona lo spettatore con il suo sguardo allucinato e la voce penetrante, oltre che con l’utilizzo del corpo – fondamentale nel film, soprattutto nelle scene quasi video-artistiche (la crocifissione, il monologo nella stanza buia illuminato da un fascio luminoso, lo sprofondamento finale nella luce). Lo affiancano un’ottima e intensa Francesca Inaudi, che all’epoca veniva dal successo di Dopo mezzanotte e che in seguito vedremo spesso nel cinema italiano, e altri attori provenienti da scuole teatrali (Fabrizio Raggi, Zamira Pasceri, Nicole Vignola). Una menzione speciale va al grande Franco Branciaroli, che conferisce un’aura di lustro al film: celebre attore cinematografico e teatrale, ha lavorato con nomi importanti in entrambe le arti – Carmelo Bene e Luca Ronconi in teatro, registi come Antonioni, Bolognini e Jancsó nel cinema; possiede un volto e una presenza che sembrano scolpiti apposta per la figura di Padre Siro, con il volto austero e la voce baritonale.

Davide Comotti

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