I 5 migliori film del 2018 secondo DarksideCinema.it
Quest’anno ce la siamo presa comoda, abbiamo voluto che tutti, ma proprio tutti, i film dell’anno avessero fatto esordio nelle sale cinematografiche, anche quelli post-natalizi, in modo da dare ai Darksiders la possibilità di valutare anche i titoli usciti durante le feste. Ma eccoci, pronti ad augurarvi buon 2019 con la classifica dei migliori film del 2018 secondo la redazione di DarksideCinema.it!
Ogni top 5 rappresenta il gusto del redattore chiamato in causa e a strettissimo giro seguirà la classifica dei peggiori, di quei film la cui onta ancora ci perseguita.
Quest’anno, oltre a prendere in considerazione i film uscite sui nostri schermi cinematografici dall’1 gennaio al 31 dicembre 2018, abbiamo esteso la scelta anche ai film distribuiti quest’anno anche sulle principale piattaforme di streaming, Netflix e Amazon Prime.
E voi, in quale Top 5 vi riconoscete maggiormente? Fatecelo sapere commentando questo articolo oppure sulle nostre pagine social Facebook e Twitter.
Roberto Giacomelli
- HALLOWEEN
David Gordon Green è riuscito nell’impresa impossibile di dare un seguito degno di nota al capolavoro di John Carpenter. Annullando tutto quello che al cinema s’è fatto in questi anni, Michael Myers evade dal manicomio criminale di Smith’s Grove dopo 40 decadi e torna a seminare cadaveri, finché la sua strada si incrocia di nuovo con quella di Laurie Strode. Potentissimo, inquietante, divertente e con uno sguardo autoriale per nulla scontato. Salutiamo così il miglior Halloween dopo l’originale e uno dei migliori film dell’orrore del 2018.
- A QUIET PLACE – UN POSTO TRANQUILLO
Il miglior horror del 2018 è un film quasi muto. Eh si, perché il rumore uccide, attira delle terribili creature mostruose che dilaniano i corpi delle loro vittime. Un film unico nel suo genere, con un high-concept ben utilizzato e una tensione costante che rende il pubblico partecipe degli eventi. Emily Blunt è bravissima e non serviva Mary Poppins a confermarlo.
- AVENGERS: INFINITY WAR
Dieci anni di personaggi magnifici, di storie appassionanti, di azione mirabolante che ha di fatto rivoluzionato la storia del cinema d’intrattenimento segnando un nuovo punto di partenza, produttivo e narrativo. E Avengers: Infinity War è l’inizio del compimento di questo decennio, in attesa di Avengers: Endgame che chiuderà la storyline, nonché un esempio di perfezione e di equilibrio nel raccontare un universo in 150 minuti, in cui decine e decine di personaggi affollano lo schermo avendo ognuno il giusto spazio. Grazie Marvel, di cuore.
- TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI
Due Oscar per gli interpreti (Frances McDormand e Sam Rockwell), premio alla sceneggiatura alla Mostra di Venezia, l’ultimo film di Martin McDonagh ha colpito proprio nel segno! La storia ironica, violenta, grottesca e drammatica di una madre che cerca vendetta verso le istituzioni che non sono state capaci di far giustizia è un’opera originale e devastante, con attori in stato di grazia e una scrittura che andrebbe studiata nei corsi di sceneggiatura.
- LA FORMA DELL’ACQUA – THE SHAPE OF WATER
Leone d’oro a Venezia e doppietta Miglior film/Miglior regia (oltre ad altri 2 premi) agli Oscar. L’ultimo magnifico film di Guillermo Del Toro è una dichiarazione d’amore al cinema, in particolare al cinema fantastico che dagli anni 50 a oggi ha invaso gli incubi di tanti appassionati. Del Toro rielabora il canovaccio de La bella e la bestia fondendolo con Il mostro della laguna nera, in un clima da Guerra Fredda e lo infonde di romanticismo e sangue. Un’opera sorprendente, arriva diretta e riesce a farsi amare. Se non vi piace questo film, non vi piace il cinema.
Giulia Sinceri
- SOLDADO
I sequel sono sempre rischiosi. Tanto più se cambia anche il regista, come nel caso di Soldado di Stefano Sollima, seguito ideale di Sicario diretto invece da Denis Villeneuve. La scelta migliore in questi casi risiede nel mezzo: bisogna trovare il giusto equilibrio tra stile personale e rispetto degli stilemi del film precedente, operazione in cui Sollima ha trionfato. Il risultato è una pellicola “dura e pura” d’autore.
- UN AFFARE DI FAMIGLIA
Il cinema giapponese sembra avere due correnti predominanti: filoni delicati e poetici, oppure film dai toni inquietanti. Kore’eda fa un mix riuscitissimo di questi elementi nel suo Un affare di famiglia, dando vita così a un ritratto vibrante e completo del Giappone di oggi.
- LORO 1 e 2
Se nei cinema è uscito un film di Sorrentino nell’anno corrente, è molto probabile che inserirò quel film nella mia top five (a parte Youth). Non ho apprezzato a pieno Loro 1 finché non ho visto anche il secondo, che mi ha fatto uscire dalla sala con la mente e gli occhi del tutto appagati, come mi accade solitamente dopo aver visto un film di Sorrentino (a parte Youth).
- IL FILO NASCOSTO
Paul Thomas Anderson realizza un film come Il filo nascosto, un chiaro omaggio a La mia droga si chiama Julie di Truffaut, the love of my life, e io non lo inserisco in classifica? Non scherziamo. Elegante e tossico quanto basta (chi ha visto il film capirà), due interpreti eccezzzionali veramente come Vicky Krieps (se n’è parlato troppo poco di lei, vero?) e Daniel Day Lewis, forse alla sua ultima interpretazione – al lupo al lupo. Questo va a fare il ciabattino da qualche parte, se la tira e poi ritorna a fare un filmone; ripetere x3 -.
- THE POST
Io ho un grande amore. Oltre a Truffaut, s’intende. E sono i film che parlano di giornalismo e di inchieste. The Post di Spielberg per me è uno degli esempi migliori di questo filone, in quanto presenta un ottimo cast, una trama coinvolgente e una messa in scena superlativa. Sì a Spielberg piace vincere facile, e pure a me.
Chiara Carnà
- SULLA MIA PELLE
Un racconto lucido e rigoroso che, partendo da un fatto di cronaca di esorbitante risonanza mediatica, invita chi guarda a riflettere sulla realtà in cui viviamo da un punto di vista inedito. Lungi dal propinare verità assolute o lanciare accuse, il lungometraggio si scrolla di dosso etichette quali ‘documentario’ o ‘film d’inchiesta’ e abbraccia completamente un unico, importante obiettivo: mostrare senza filtri ciò che può accadere a chi si trova in stato di arresto. Alessandro Borghi si immedesima completamente nella sofferenza di Stefano Cucchi senza che la sua interpretazione appaia mai sopra le righe e trasmettendo tutta la disperata rassegnazione del protagonista. Un pugno nello stomaco che vale la pena ricevere.
- DOGMAN
Ancora un film che prende spunto da un cruento caso di cronaca. Stavolta, il Canaro della Magliana. Quello di Dogman è un mondo privo di solidarietà e punti di riferimento positivi, in cui non c’è spazio per la compassione ma terreno fertile per efferate vendette. Il coraggioso Matteo Garrone indaga senza remore i meccanismi ambigui e persino spaventosi che governano questa bieca società. E non è difficile intuire come, sotto la sua lente, non ci sia solo il cupo quartiere del toelettatore Marcello, ma tutta la nostra Penisola. L’audacia di Garrone dà vita a un film doloroso e indimenticabile, impertinente e disincantato; un grido assordante contro l’indifferenza e un’angosciosa riflessione sul destino dell’umanità, più che mai confusa e priva di speranze. Il 2018 non sarà l’anno del feel good movie, ma avere il fegato di aprire gli occhi su realtà terribili e scomode, paradossalmente, può rivelarsi più gratificante.
- THE POST
L’avvincente storia di una delle più rischiose vicende giornalistiche vissute dal Washington Post è il valido pretesto scelto dal maestro Steven Spielberg per affrontare tematiche complesse e conflittuali come ambizione e libertà di stampa. Si tratta di un film dalla struttura classica, ma che lascia il segno grazie a due eccezionali protagonisti – Tom Hanks e Meryl Streep – e a una messa in scena che, oltre ad appassionare, veicola forte e chiaro l’acuto sottotesto. The Post, infatti, è sì un elogio della parola, ma è soprattutto la storia di una donna che combatte per far valere le proprie opinioni. E non è con le parole che il ruolo delle donne nella società potrà cambiare in meglio; bensì modificando l’atteggiamento dominante in merito. Il modo in cui Spielberg articola questo assunto, affidandolo a sfumature e sguardi più che a monologhi e battute, è – lo scrivo senza paura di esagerare – rivoluzionario.
- LA FORMA DELL’ACQUA – THE SHAPE OF WATER
Una favola romantica, sognante, magica. La boccata d’aria di cui ciascuno, talvolta, ha bisogno. The Shape of Water riesce a toccare corde emotivamente ataviche; ci fa sentire bambini che sperano nel lieto fine mentre proviamo sensazioni ingenue, toccanti e inaspettate. Un film all’apparenza semplice e persino prevedibile che ha il potere di suscitare emozioni forti e autentiche non può che essere speciale. Tra momenti cult, personaggi imprevedibili e le malinconiche melodie di Desplat, è difficile stabilire cosa più rimane nel cuore di questa elegante poesia danzata trattenendo il respiro.
- TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI
Ogni pellicola diretta da Martin McDonagh è acuta, graffiante e stravagante a modo suo. La sua terza fatica per il grande schermo, finalmente, ha concesso al regista di origini irlandesi la meritata attenzione da parte dei riflettori. Con la fervida speranza di apprezzare fra non troppo tempo un suo nuovo lungometraggio, celebriamo Tre Manifesti a Ebbing, Missouri con il primo posto della top 5. Che dire? Il film vanta colpi di scena, sagace ironia e una storia drammatica eppure mai patetica. Non capita spesso, al critico cinematografico, di pensare: “qui non manca proprio niente”. Beh, è una di quelle rare occasioni. Imprescindibile, infine, sottolineare la bravura degli interpreti, tutti pazzeschi quanto troppo poco presenti nel cinema di oggi.
Giuliano Giacomelli
- TULLY
Lontanissimi anni luce dai soliti cliché hollywoodiani, Jason Reitman e Diablo Cody ci raccontano cosa vuol dire veramente esser mamma ed entrare in maternità una volta di troppo. Anche grazie alla splendida interpretazione di Charlize Theron, Tully è un film che riesce a raccontare in modo coraggioso e delicato le ansie, le paure, le nevrosi e le debolezze di una mamma autentica. I primi minuti, sulle note dei The Velvet Underground, sono tra i momenti di cinema più alti dell’intera annata.
- HEREDITARY – LE RADICI DEL MALE
Opera prima decisamente coraggiosa ed ispirata. Ari Aster esordisce dietro la macchina da presa con un horror veramente spaventoso che si dimostra abilissimo nel genere tensione senza dover ricorrere mai a quei facili espedienti (i jumpscare, per intenderci) sui quali, oggi, il cinema dell’orrore si sta adagiando in modo preoccupante. Ma Hereditary non è solamente un horror d’autore particolarmente crudele, è anche un dramma angoscioso capace di riflettere in modo audace su quanto possa essere tragico il lutto di una persona cara.
- RITORNO AL BOSCO DEI 100 ACRI
Chi lo avrebbe mai detto? Winnie the Pooh personaggio dell’anno! L’orsetto di peluche con poco cervello ma dal cuore grande, ghiotto di miele e amante del dolce far niente, rivive in un film live action che dona uno splendido sviluppo narrativo al personaggio Christopher Robin. Secondo la perfetta ricetta Disney, Ritorno al Bosco dei 100 Acri è un film che emoziona dal primo all’ultimo fotogramma senza tralasciare una buona dose di sano divertimento. Era dai tempi di Toy Story e Nel paese delle creature selvagge che non si rifletteva in modo così unico sul valore dell’infanzia con annessa la capacità di vedere il mondo in modo più magico… e vero.
- AVENGERS: INFINITY WAR
Il disegno (immenso) del Marvel Cinematic Univers raggiunge inimmaginabili livelli di perfezione nel bellissimo Avengers: Infinity War. Un film “titanico” ed epico capace di donare un vero e proprio senso a tutto quello che il MCU ha fatto nell’arco di dieci anni. Una sceneggiatura perfettamente equilibrata capace di rendere chiaro e lineare un film stra-carico di personaggi, situazioni e colpi di scena sensazionali. Con l’entrata in scena di Thanos, infine, è nato un nuovo cattivo destinato a rimanere per sempre nell’immaginario cinematografico di una certa tipologia di spettatori.
- FIRST MAN – IL PRIMO UOMO
Tre colpi per Damien Chazelle. Tre centri clamorosi. Ma First Man è forse il suo film più maturo. Un biopic intelligente che racconta in modo unico quello che è – molto probabilmente – l’evento più importante di tutto il ‘900. Neil Armstrong e “l’impossibile” corsa verso l’allunaggio raccontati con estrema sensibilità e delicatezza puntando l’accento più sull’Uomo che sulla Luna. Chazelle dimostra d’essere uno dei registi più stimolanti e innovativi dell’attuale panorama cinematografico confezionando un film meritevole di diventare oggetto di studio nelle scuole di cinema per ciò che concerne: regia, fotografia e montaggio del suono. La colonna sonora di Justin Hurwitz è ipnotica e bellissima. Un film che avvolge, coinvolge e commuove.
Andrea De Vinco
- COLD WAR
Il primo dei due mostri che si contenderanno fino alla fine la statuetta come miglior film ai prossimi Oscar. C’è un magnetismo potente nascosto nel titolo del film che attraversa tutti i livelli del nuovo film di Pawlikoski a cui mi sono abbandonato dall’inizio alla fine.
- ROMA
Il secondo. Cuaròn pesca dalla sua infanzia, utilizzando i suoi ricordi vivi per ricreare un’intimità antica. Ognuno di noi conosce questa dimensione, si ha la sensazione di essere comunque a casa pur essendo in Messico, e il tempo del film è il tempo della memoria visto con una cura smisurata.
- SPIDERMAN: UN NUOVO UNIVERSO
Quando hai una storia conosciuta praticamente ovunque, come puoi pensare di tirarci su l’ennesimo film? La risposta è semplice: contaminazione e sperimentazione visiva. In questo modo la nuova vita dell’uomo ragno è diventata fresca e trasversale, anche per le nuovissime generazioni.
- I SEGRETI DI WIND RIVER
Il solito delitto misterioso in una landa sperduta americana diventa un racconto per immagini di smisurata bellezza grazie al lavoro di Taylor Sheridan. Così si può finire a parlare di ferite più profonde di quelle fisiche pur rimanendo ancorati a una narrazione lineare.
- LA TERRA DELL’ABBASTANZA
L’unico film italiano, nonostante i grandi nomi e le grandi produzioni nazionali. Un film diretto, senza filtri, che parla del paese reale spesso dimenticato fino al prossimo articolo di cronaca nera. Oltretutto è un esordio, che vuol dire una nuova voce sincera nella produzione italiana di quest’anno.
Rita Guitto
- THE DISASTER ARTIST
The Disaster Artist è uno di quel film che decisamente meritava di più. È un’esperienza sorprendente e soprattutto divertente, in qualche caso, anche fino alle lacrime. Che si conosca o meno Tommy Wiseau, il protagonista del film e autore della pellicola più brutta del mondo “The Room”, presto ci si affeziona, probabilmente anche grazie a un bravissimo James Franco che lo interpreta con una fedeltà incredibile.
- A QUIET PLACE – UN POSTO TRANQUILLO
Diventa sempre più difficile ideare degli horror che abbiano ancora qualcosa da dire, che siano originali e interessanti e, soprattutto, inquietanti quanto basta. A Quiet Place ci riesce benissimo, ti incolla alla sedia tutto il tempo ed è talmente coinvolgente che ti ritroverai a non produrre un fiato fino alla fine del film.
- LA FORMA DELL’ACQUA – THE SHAPE OF WATER
Ha vinto tutti i premi possibili durante l’anno passato, non c’è certo bisogno che anche io dica quanto Guillermone abbia fatto un buon lavoro. A La forma dell’acqua non manca nulla: c’è l’amore, l’avventura, un pizzico di ironia e, soprattutto, i mostri, ma non quelli che ci immaginiamo.
- TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI
Prendi tre attori mostruosi come Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, una sceneggiatura ben pensata ed efficace, un regista che sa il fatto suo e ti ritroverai un film che vorresti vedere a ripetizione che merita tutti i premi portati a casa.
- AVENGERS: INFINITY WAR
Mi darete dell’esagerata ma personalmente trovo Avengers: Infinity War un film perfetto. Uno dei pochi film corali, se non l’unico degli ultimi tempi, che funziona da ogni lato lo si guardi: coerente, avvincente, spettacolare, completo. Mette un punto a tutto nel modo più giusto. Ce ne fossero di film così!
Susanna Norbiato
- A QUIET PLACE – UN POSTO TRANQUILLO
Un film che, al giorno d’oggi, riesce e far mantenere il silenzio assoluto in sala per quasi due ore merita di base una menzione speciale. Dietro a A quiet place c’è un’idea tanto semplice quanto geniale e il fiato sospeso è assicurato.
- AVENGERS: INFINITY WAR
Massima celebrazione (fino ad ora) del sodalizio Marvel/Disney, unisce perfezione tecnica a un riuscitissimo equilibrio tra dramma e umorismo. L’unica cosa che rimane da chiedersi è quando l’Academy si deciderà a riconoscere, per le giuste ragioni, l’indiscutibile valore di queste produzioni.
- LA FORMA DELL’ACQUA – THE SHAPE OF WATER
Vincitore del premio Oscar come Miglior Film e trionfatore alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2017, è la definitiva consacrazione dell’arte di Guillermo Del Toro. Una fiaba oscura e luminosa al contempo, occasione per una spietata riflessione sociale, ma anche e soprattutto occasione per celebrare l’amore.
- BOHEMIAN RHAPSODY
Forse il film più emozionante dell’anno, tributo alla leggenda di Freddie Mercury e dei Queen. Uno degli aspetti di maggior pregio dell’opera è quella di non indugiare eccessivamente nella vita privata dell’artista e nella malattia che l’ha colpito, concentrandosi prevalentemente sulla musica. Un biopic che non teme rivali, con un finale destinato a restare nella storia del genere.
- TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI
Il mio personale Oscar come Miglior Film del 2018. L’America al suo peggio e al contempo al suo meglio, in una storia senza eroi e senza cattivi. I protagonisti sono consumati da una vita alienante e miserabile, ma nonostante il fatto che tutto nella desolazione di Ebbing induca ad alimentare odio e intolleranza, gli esseri umani riescono sempre in qualche modo a rigenerarsi e ritrovare un barlume di speranza. Da vedere.
Claudio Rugiero
- L’AFFIDO – UNA STORIA DI VIOLENZA
Un esordio folgorante, di quelli che ti fanno subito innamorare delle sue qualità di regia e sceneggiatura. Xavier Legrand costruisce un racconto visivo avvincente e introspettivo, dove il dramma si fonde inaspettatamente col thriller. In altre mani un soggetto del genere avrebbe probabilmente ceduto ad un pietismo facile e fastidioso, ma il regista punta tutto sulla tensione vissuta da Julien, il bambino protagonista del film. A visione ultimata viene già voglia di vedere il prossimo lavoro di Legrand.
- CHIAMAMI COL TUO NOME
Da non estimatore del cinema di Luca Guadagnino sono rimasto molto colpito da questo stupendo adattamento dell’omonimo romanzo di André Aciman. Questa volta il regista palermitano ha tra le mani una sceneggiatura da Oscar che gli offre l’occasione di inserire liberamente tutti i riferimenti a lui tanto cari, dall’arte alla letteratura. Timothée Chalamet ed Armie Hammer diventano in pochi secondi due protagonisti indimenticabili, uno status che mantengono per tutto il film grazie a diversi momenti straordinari (dalla pesca alla scena di ballo). Ma Chiamami col tuo nome è soprattutto l’opera più matura del suo autore, la più autentica e comunicativa. Condivisibile quindi l’entusiasmo generale con cui è stato accolto.
- IL SACRIFICIO DEL CERVO SACRO
Il film più ambizioso, tetro, nichilista e disturbante di Yorgos Lanthimos. Al centro c’è un potente dramma familiare a forti tinte horror. Ma la famiglia ha questa volta la forma di un clan totemico e la parte più terrificante del racconto si trova al di fuori del visibile. Nonostante le atmosfere dense e il linguaggio visivo elaborato, il film incolla i nostri occhi allo schermo esplorando il complesso rapporto tra il dottor Steven e il giovane e ambiguo Martin. A renderlo unico è però quel vento di passioni contrastanti che lo agita, quel misto di disgusto e ammirazione che si vive pochissime volte davanti al grande schermo.
- LA FORMA DELL’ACQUA – THE SHAPE OF WATER
Non la fairy tale che Gotham si merita, ma quella di cui ha bisogno. La forma dell’acqua è un film d’altri tempi, di quelli che oggi mieterebbero forse meno vittime. Eppure è impossibile non lasciarsi trasportare dalle incredibili riprese marine che ci portano alla scoperta del film. Una protagonista leggiadra e una regia travolgente diventano l’emblema di un romanticismo senza tempo e di un racconto dalla parte degli emarginati. Perché – come insegna il film – i veri mostri sono altri (tipo quelli a cui non è piaciuto).
- IL FILO NASCOSTO
Un film di un’eleganza abbagliante, e non solo quella degli incredibili costumi premiati con l’Oscar. Il romanticismo diventa qualcosa di più complesso e indecifrabile. Si fatica a ricordare un solo titolo che abbia ritratto il rapporto di coppia con la stessa velenosa onestà (ma nel vero senso della parola eh!) di Anderson. La fiducia nell’altro qui è qualcosa di estremo, un atto che sfida la ragione e che può essere compreso soltanto all’interno della coppia. La regia è in stato di grazia e il sempre meticoloso Daniel Day-Lewis forgia un’altra interpretazione monumentale.
Michele Cappetta
- MARY E IL FIORE DELLA STREGA
Come quinto classificato nella mia personale top 5 2018, non ho potuto fare a meno di inserire il primo film dello Studio Ponoc. Fondato nel 2015, questo nuovo studio giapponese è un’aggiunta brillante nel panorama d’animazione internazionale. Figlio dello Studio Ghibli, il legame non si limita al disegno e agli aspetti registici, ma soprattutto alle atmosfere e allo spirito poetico. Qui, però, sorge un problema: la somiglianza con lo stile dello Studio Ghibli, e nello specifico di Hayao Miyazaki, genera un confronto che il neonato Ponoc e Hiromasa Yonebayashi non possono vincere. Ma, sorvolando il peso di questa eredità, Mary e il fiore della strega è film magico, onirico, tenera storia di crescita e amicizia, e, soprattutto, un eccellente primo passo.
- LA BALLATA DI BUSTER SCRUGGS
Sei storie unite fra loro da due soli aspetti: il vecchio West e la morte. I fratelli Coen inseriscono tutto quello che ci si aspetta di trovare in un buon film western: sparatorie, indiani, cercatori d’oro, carovane, cavalli e impiccagioni; ma ciò in cui osano è il modo di raccontare la storia, o meglio le storie. Infatti, se si andassero a destrutturare questi sei cortometraggi, ci si accorgerebbe che non seguono una costruzione precisa, anzi, a volte paiono interrompersi di colpo lasciando una sensazione di disorientamento e incompiutezza. E questo è l’aspetto più efficace del film: non rispettando le classiche regole narrative, è in grado di affascinare e divertire, proprio in virtù dei drastici e disillusi epiloghi, perfetta metafora della vita stessa.
- L’AFFIDO – UNA STORIA DI VIOLENZA
L’abuso domestico, la violenza di un padre, l’infanzia di un figlio soffocata da un uomo incapace di gestire le sue emozioni. Non c’è che dire: Xavier Legrand è stato in grado di costruire uno dei migliori film dell’anno. Thriller sociale teso e commovente che inchioda dal primo all’ultimo minuto. Recitazione pazzesca, soprattutto da parte di Thomas Gioria, che interpreta il figlio conteso. Un film che parla da sé, infatti mi sembra di aver detto fin troppo.
- TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI
Come elogiare al meglio un film quando ogni possibile complimento suonerebbe come una minimizzazione?! Dire: –Il regista McDonagh in stato di grazia– sarebbe sminuirlo; – Tanto pazzesca la sceneggiatura, quanto mostruosa la recitazione- povero eufemismo; –Se amate il cinema dovete vederlo- banalità. Nel caso non fosse ancora chiaro, lo straconsiglio!
- ZOMBIE CONTRO ZOMBIE – ONE CUT OF THE DEAD
Comuni sono i film a cui capita di ripensare il giorno dopo averli visti. Rari quelli a cui ripensi una settimana dopo. Zombie contro Zombie è in grado di tornare in mente di continuo dopo mesi. La prima mezz’ora del lungometraggio pare, se non classica, di certo non originale: una troupe, durante le riprese di un film di zombie, viene attaccata da veri zombie. Ma dopo un terzo, la pellicola cambia. Costato 27.000 dollari, questo piccolo capolavoro tecnico è riuscito a sbancare in Giappone guadagnandone 20 milioni. E tutto il merito va al regista Shin’ichirô Ueda che, alla sua prima opera, è stato in grado di costruire un film ironico dal ritmo incalzante, profondamente metanarrativo che gioca con i piani di lettura. E alla fine, sui titoli di coda, allo svelamento di un ulteriore piano di lettura, viene spontaneo chiedersi: ce ne saranno altri?
Marcello Regnani
- L’ORA PIU’ BUIA
Un cast impareggiabile per un film dedicato ad un periodo storico da tenere bene a mente. Nel vecchio continente infuriava un atroce conflitto bellico. Winston Churchill è interpretato da un mostro sacro del cinema anglofono: Gary Oldman. La ricostruzione storica colpisce ed ammalia.
- DOGMAN
Matteo Garrone alla massima potenza. Una forza espressiva impressionante è quella che scaturisce dall’intero film e dal suo indiscusso protagonista: Marcello Fonte. Una dark story tanto fosca quanto efficace. Truce ma visivamente memorabile.
- BOHEMIAN RHAPSODY
Il RE incontrastato del Box Office del 2018 è un film che funge da affresco calibrato, colorato e colorito. Presenta la vita e l’estro di un personaggio chiacchierato, osannato, criticato ed ora immortalato: Freddie Mercury. Vi si scorgono anche molte inesattezze storiche ma è perdonabile visto che non si tratta di un documentario ma di un’opera di fiction. Impossibile non saltare sulla poltrona, piangere e poi applaudire. È un film-concerto-evento. Un tuffo elettrizzante nel “recente” passato per non dimenticare una colonna portante del rock anni ’70 e ’80.
- THE DISASTER ARTIST
Sembra incredibile: James Franco gira un film raccontando la storia (vera) di come nacque uno tra i più brutti film della storia del cinema. Cosa succede? Che ne esce un capolavoro. Una sorta di catarsi realizzata attraverso un esperimento di meta-cinema (riuscitissimo). Molto divertente, arguto ed acuto. Da non perdere. Raro esempio di brillante commedia che non teme confronti con i classici drammoni d’autore. Gli riconosciamo un doppio onore proprio perchè non si prende sul serio ma svolge meravigliosamente il suo onesto lavoro.
- OPERA SENZA AUTORE
Il regista dal nome impossibile (Florian Henckel von Donnersmarck) risuscita dalle sue ceneri. Dopo il capolavoro “Le vite degli altri” e lo scivolone di “The Tourist” riesce a dirigere un drammone molto interessante. Nonostante la lunga durata, Opera Senza Autore mantiene incollati alla poltrona e commuove raccontanto magnificamente una storia intensa e dolorosa. Consigliamo di guardarlo, attendere due o tre mesi e poi riguardarlo di nuovo. Lo si apprezzerà ancora meglio.
Davide Comotti
- GHOST STORIES
Jeremy Dyson e Andy Nyman riportano in auge i bei vecchi horror inglesi definiti omnibus, cioè i film a episodi. Regia e sceneggiatura sono creative e ispirate, legando i segmenti con una solida cornice che non è solo un pretesto, ma da il là per l’evoluzione della vicenda: prima sembra un classico horror a episodi con racconti di fantasmi, ma poi diventa qualcosa di diverso, un viaggio allucinante che richiama Il seme della follia di John Carpenter e un finale a sorpresa che ricorda Allucinazione perversa di Adrian Lyne. Brividi assicurati.
- THE END? L’INFERNO FUORI
Dopo una lunga gavetta, il regista indipendente Daniele Misischia sbarca meritatamente nel cinema che conta, grazie a una produzione degli inossidabili Manetti Bros. L’idea è semplice ma geniale, cioè unire lo zombie-movie con il trap-movie: il protagonista (Alessandro Roja, il Dandi della serie-tv Romanzo criminale) rimane intrappolato in ascensore durante un’epidemia che trasforma gli uomini in zombi. E’ una prova difficile per un regista, e Misischia la supera nel migliore dei modi, riuscendo a tenere alta la suspense attraverso vari espedienti narrativi. Il cinema indipendente che vogliamo.
- REVENGE
Uno dei rari esempi di rape & revenge diretti da una donna. Coralie Fargeat si mette dietro la macchina da presa e realizza un’orgia visiva di sangue e azione, mescolando il thriller con l’horror e l’action. Il ritmo non ha un attimo di tregua, e la regia calca la mano sulla violenza con un’ampio utilizzo di effetti speciali gore e splatter, fra squartamenti e sbudellamenti. Carismatica la protagonista Matilda Lutz, che diventa quasi un Rambo al femminile. Valore aggiunto è la fotografia “in acido”, dai colori saturi: il blu del cielo, il rosso del sangue, l’ocra della terra. Instant-cult.
- LA BALLATA DI BUSTER SCRUGGS
Prodotto e distribuito da Netflix, è il secondo western dei fratelli Joel ed Ethan Coen dopo Il Grinta – o il terzo, se consideriamo anche il western contemporaneo Non è un paese per vecchi. Nato originariamente come una serie-tv, è stato poi trasformato in un omnibus con sei episodi e una cornice (formato insolito per il genere). Gli elementi del vecchio west(ern) sono rivisitati con l’occhio peculiare dei due fratelli, in bilico fra ironia e violenza, mito e disincanto. Il western è ancora vivo.
- SOLDADO
Un italiano alla conquista di Hollywood: Stefano Sollima, figlio d’arte e già apprezzato per i film ACAB e Suburra e le serie-tv Romanzo criminale e Gomorra, dà vita a un nuovo universo criminale dirigendo il sequel dell’acclamato Sicaro di Denis Villeneuve. Sostenuta da una sceneggiatura robusta, la regia è granitica e il film cattura lo spettatore dal primo all’ultimo minuto, grazie anche agli strepitosi interpreti Benicio Del Toro e Josh Brolin. Dialoghi da antologia, personaggi ben costruiti e scene d’azione potentissime (l’attacco al convoglio blindato è da manuale). Quando il sequel supera l’originale.
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